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Inspirated by Willy Williams, “Ego”
Premessa: all’interno di questa ff viene citata la fanfiction di Pia “Ma chère Caterine”, dalla quale ho “rubato” l’ambientazione e il momento della storia tra Joe e Françoise, dunque, con il permesso di Pia (che ringrazio), mi piacerebbe considerare il suo racconto come una sorta di premessa al mio.
La riunione in parlamento si era finalmente conclusa; la maggioranza aveva infine deciso di non spendere ulteriori risorse per rafforzare il capitale bellico. L’uomo con la cravatta bordeaux e i capelli brizzolati, le cui onde morbide erano sfoggiate con una certa vanità, raccolse con soddisfazione i documenti dal tavolo e, salutati i colleghi, uscì nell’aria della sera, avviandosi verso la sua auto: l’esito finale di quell’incontro era principalmente merito suo; le sue teorie pacifiste, supportate da una notevole dialettica e da solide argomentazioni economiche, avevano trionfato alla grande su coloro che miravano al rafforzamento del capitale bellico. L’orgoglio e la gioia di quella piccola vittoria erano solamente offuscate dalla tristezza di non poter raccontare niente a nessuno una volta rientrato a casa, dato che viveva completamente solo.
Stava per aprire la portiera, quando una voce argentina, quasi da bambina, lo salutò.
- Ciao, Rudolf! –
Meravigliato dal fatto che qualcuno prendesse tanta confidenza con lui, che era un politico importante, si voltò verso la sua interlocutrice e, dopo averla osservata, rispose al saluto, aggiungendo:
- Mi pare di averti già vista…se non sbaglio, ieri sei venuta a sbattermi contro mentre uscivo dal bar! –
- Non ti sbagli, Rudolf!
Il sorriso divertito e strafottente di quella ragazzina avrebbe potuto essere irritante per una persona come lui, se non fosse che “Rudolf” non aveva alcuna voglia di tornare nella solitudine delle sue dorate mura domestiche e chiunque lo intrattenesse era ben accetto. Cercò di sorridere a sua volta.
- Bè, che tu sappia come mi chiamo non è un mistero, dato che i giornali parlano di me un giorno si e uno no, ma tu chi sei?
- Io sono Rabelais, e sono come il genio della lampada: so tutto di te! So che a scuola i tuoi compagni ti prendevano in giro, so che tuo padre non ti ha mai capito e so che tua moglie è andata via di casa pochi mesi fa.
L’uomo restò basito, sospeso tra incredulità e paura: non aveva mai condiviso con nessuno quei fatti personali!
- Come fai a sapere queste cose? Chi sei??
- Oh, ma te l’ho già detto! – sbuffò fintamente la ragazzina – Sei disattento! Io sono un genio! Un genio a cui piacciono i giochi. E posso risolvere tutti i tuoi problemi! Ma prima dimmi: ce le hai delle caramelle?
- I…io…- balbettò il politico, incerto se stare al gioco e ansioso di capirne di più – Ho solo queste alla menta…
- Non è il mio gusto preferito, ma in mancanza d’altro…- Rabelais prese la scatolina e buttò giù un paio di caramelle, tornando a guardare il suo interlocutore – Bene! Allora adesso vuoi giocare con me? –
- Non so di che gioco parli, ragazzina, ma sono stanco e non amo gli scherzi!
- Non sto scherzando! – disse appoggiandogli una mano sul cuore - Ora ti spiego il gioco: tu ascolti quello che ti dice lo specchio magico e dopo i tuoi problemi saranno spariti per sempre! Adesso chiudi gli occhi…magia!!
L’uomo chiuse gli occhi e vide molte cose. Infine, vide esattamente ciò che voleva e capì come realizzarlo. In quel preciso istante il suo cuore si fermò e il suo corpo cadde privo di vita sul marciapiede umido. Del “genio” più nessuna traccia.
-…E’ morto di infarto subito dopo la riunione; fortunatamente, prima di morire, è riuscito a impedire che il suo paese spendesse un patrimonio in armi inutili…- commentò Punma, finendo di scorrere le ultime notizie sullo schermo del suo portatile.
- Si, decisamente una fortuna, almeno per il suo paese.– gli fece eco Albert, osservando il piccolo schermo oltre le spalle di 008, seduto al tavolo del salotto - Quando si dice che uno compie ciò che è giusto appena in tempo!
- …e, certamente, rovinando un buon affare ai Black Ghost! Sappiamo con esattezza che un loro agente stava già mercanteggiando col governo. – aggiunse Joe – Spero che il successore di quell’uomo sia in gamba almeno quanto lui!
In quel momento entrò Bretagna, annusando con un’espressione delusa una camicia appena estratta dall’asciugatrice.
- Si sente quando il bucato non è stato fatto da Françoise: il suo è meravigliosamente profumato, mentre questo non sa di niente!-
- A me piace così! – rispose Albert - Non amo profumare come un mazzetto di lavanda!
- Uffa, quanto sei noioso!
- Comunque tra un po’ riavremo la nostra francesina: stiamo andando a recuperarla direttamente in Grecia! – disse Punma, alzandosi dal tavolo per aiutare Geronimo, che stava preparando l’ultima cassa di scorte per il viaggio.
- Già. Ancora non capisco perché sia fuggita laggiù per così tanto tempo…- sospirò 007.
- Io, invece, non capisco perché ti stupisci: col tipo di vita che fa qui con noi mi sembra logico che voglia prendersi una vacanza e sparire un bel po’ dalla circolazione! – ribatté Albert.
- Bè, battaglie a parte, pensi davvero che siamo così terribili?
- Tu senza dubbio!
- Dai, era una domanda seria!
- Anche la mia risposta!
- Rifletti un attimo – intervenne 008 - già la convivenza è una cosa delicata anche tra persone della stessa cerchia sociale e della stessa età, figurarsi tra individui così radicalmente differenti per usi, costumi, cultura, età, nazionalità…Lei, poi, è ancor più diversa da noi…
- Si, non fosse altro che per il fatto di esser donna!- puntualizzò 007.
Joe aiutava 005 e rifletteva in silenzio: è vero, lei era diversa…Certo, a prima vista, tutti loro non avevano niente in comune, ma una cosa sì: erano tutti appartenenti alla categoria di coloro che potevano definirsi “avanzi della società”. Tutti, tranne lei. Lei, l’unica con una vita “normale”…l’unica ad avere potenzialmente un futuro. Già, perché che futuro potevano avere un neonato col padre pazzo, due teppistelli di strada votati al riformatorio, un poveraccio che viveva nella Germania dell’Est, un pellerossa disoccupato, l’indigeno di una tribù perseguitata dagli schiavisti, un cinese che sta morendo di fame e un alcolizzato? Semplicemente nessuno.
Da un gruppo così male assortito non ci si sarebbe potuti aspettare niente di buono, invece…
La voce di 007 lo riscosse dai suoi pensieri.
- …così finalmente Joe la pianterà di fare quella faccia!
- Eh?
- Si, si vede che ti è mancata un bel po’, non negare!
- Bè, è mancata a tutti, no? – rispose, cercando di camuffare un leggero rossore.
- Si, ma noi non siamo stati per tutto il tempo così…- detto questo prese le sembianze di 009 e si accasciò sul tavolo, appoggiando il viso sul braccio con l’espressione ultra depressa e gli angoli della bocca che quasi arrivavano al pavimento.
Gli altri scoppiarono a ridere, mentre 009 non riuscì a far altro che esclamare: “Piantala, non è vero!!!”, peggiorando ancor di più la situazione!
“Ma chèr Caterine, oggi, dopo tutti questi giorni, rivedrò i miei compagni. Chissà se ci sarà anche lui o se ha preferito rimanere in Giappone…”
- Francisca!! – la voce squillante di una ragazza bruna con un marcato accento spagnolo, dalle forme minute ma provocanti, interruppe i suoi pensieri.
- Francisca! Allora è oggi che arrivano?
Il Dolphin emerse in una piccola baia circondata dagli scogli. Quando il suo equipaggio scese sulla spiaggia, Françoise era lì ad accoglierlo, indossando un leggero vestitino bianco sotto il quale si intravedevano le bretelle del costume da bagno. Il suo sguardo si illuminò come non era stato mai in quei giorni, perché, già prima che tutti scendessero, lei aveva visto che Joe aveva seguito gli altri. Era semplicemente felice di vederlo e non cercò affatto di razionalizzare questa emozione. Si chiese se anche lui provasse qualcosa di simile, ma era impossibile capirlo: sorrideva, dolce come sempre, ma i suoi modi erano, come al solito, estremamente contenuti, al contrario di Jet e Bretagna, che le vennero subito incontro stringendola con entusiasmo, seguiti dalle manifestazioni di affetto più pacate ma altrettanto calorose degli altri. Joe non si sbilanciava mai con lei; al confronto, persino Albert appariva incredibilmente espansivo! Tuttavia, gli occhi scuri del ragazzo, parevano sempre dire qualcosa di più rispetto ai suoi gesti…alle volte, sembrava quasi che vi fosse in loro una silenziosa dichiarazione d’amore, ma questo, lei immaginava fosse solo frutto della sua fantasia.
- Allora, ti sei rilassata un po’, in questi giorni? – domandò con affetto Gilmore, ultimo a essere sceso sulla spiaggia.
- Professore, è venuto anche lei?
- Mi faceva piacere rivederti prima di recarmi a un seminario che si terrà a Istambul. In verità mancano ancora diversi giorni e così pensavamo di fermarci qui in albergo per una piccola vacanza, se a te va.
- Certamente! Solo che qui non ci sono alberghi, almeno non qui vicino: credo che ci sia qualcosa dall’altra parte dell’isola, mentre dove ci troviamo ora sono alcuni abitanti del posto a ospitare i turisti per guadagnare qualcosa…
- Oh. Allora vedremo come organizzarci!
- Per quello non c’è problema: posso ospitarvi io! – disse la ragazza.
- Tra l’altro – aggiunse Punma –una sosta è quasi obbligatoria: prima di ripartire ho bisogno di ricontrollare alcuni sistemi del Dolphin che, stranamente, facevano un po’ di capricci già da casa…
- Per me sei tu che sei un po’ troppo pignolo! – disse 007.
- No, 008 ha ragione – intervenne Joe – E poi non possiamo assolutamente permetterci di correre il rischio che ci sia anche solo una piccola cosa fuori posto!
- Capisco. – disse Françoise, facendosi sfuggire uno sguardo un po’ deluso: non le piaceva, in quel luogo di pace, dover ricordare per la millesima volta quanto fosse importante non abbassare mai la guardia.
- Oh, lasciali perdere! – esclamò Bretagna – Pensiamo piuttosto alle cose importanti: che hai fatto tutto questo tempo? Hai conosciuto qualche bel giovanotto? Ma, soprattutto: ce l’hai un’amica da presentarmi?
- Sei sempre il solito! – rise Françoise - Venite, andiamo a parlare in casa!
Il gruppetto risalì oltre la scogliera e seguì un sentiero assolato che conduceva in direzione di alcune casette bianche dalle porte in legno dipinte di azzurro intenso; la ragazza li condusse verso una di queste, dall’aspetto un po’ più malandato, con alcune parti realizzate in pietra viva e decorata da un tripudio di bouganville rosse che si arrampicavano un po’ dappertutto e da tantissimi vasi pieni di spezie e di gerani colorati; alle spalle dell’abitazione una piccola veranda si affacciava in direzione del mare.
- Non devi preoccuparti di ospitarci – disse Albert - anche se la casa è grande, starai scomoda…dici che c’è pure un solo spazio per farsi la doccia! Possiamo cercare qualche altra soluzione…
- Ma no, mi fa piacere! E poi ci siamo sempre arrangiati, giusto?
- Qui è davvero molto carino! – esclamò Chang – Ed è pieno di buoni odori!
- Vedi di non infilare tutte queste piante dentro una delle tue zuppe: potrebbe diventare esplosiva! - commentò Jet.
Françoise si fece vicina al piccolo Ivan, profondamente immerso nel sonno, e gli accarezzò teneramente la guancia.
- L’ultima missione si è conclusa due giorni prima della mia partenza e lui, nonostante gli sforzi che ha fatto, non aveva ancora preso sonno…
- Credo che, anche se non volesse ammetterlo, gli pesasse la tua partenza…- sorrise il professore, mentre Joe specificò:
- Si è addormentato appena sei andata via, quindi esattamente undici giorni fa… –
- …più cinque ore, sedici minuti e ventotto secondi! – intervenne 007 – Joe lo sa con esattezza cronometrica, li ha contati tutti!
- Hai proprio deciso di voler morire?! – sibilò 009, imbarazzatissimo: ne aveva fin troppo delle frecciate del suo amico!
In soccorso di Bretagna si fece sulla porta la brunetta spagnola che Françoise aveva conosciuto nei giorni precedenti, più loquace ed estroversa che mai.
- Buenos dias! Hola, Francisca! Disturbo?
- No, non disturbi affatto! Ragazzi, lei è Soledad, ci siamo conosciute qui sull’isola tre giorni dopo il mio arrivo; anche lei è venuta qui da sola, così abbiamo fatto subito amicizia! Fate voi le presentazioni?
Dopo che tutti si furono presentati, il commento della ragazza fu:
- Sapevo che Françoise aspettava il suo gruppo di amici, ma non pensavo che eravate todos hombre!-
Si guardarono tutti l’un l’altro, pervasi da un leggero imbarazzo: effettivamente era singolare che una ragazza avesse esclusivamente amici maschi, per di più così eterogenei! La domanda che seguì fu quasi inevitabile:
- E come vi siete conosciuti?
- Ehm...n...noi...- provò a farfugliare Bretagna, unico abituato a dover per forza parlare mentre gli altri erano stati completamente ammutoliti dalla domanda. Françoise li tolse dall’impaccio.
- ...Lavoriamo insieme per Greenpeace!
Tutti sgranarono gli occhi davanti alla scusa geniale inventata dalla ragazza.
- Ehm…già! Ci conosciamo da così tanto che alle volte mi dimentico! - si giustificò 007.
- Che bello!! - esclamò Soledad con il volto raggiante - Allora siete degli eroi!! E cosa fate esattamente sulla nave di Greenpeace?
Altro inquietante istante di horror vaqui, prontamente riempito dalla voce di Bretagna che ricominciava con la sua non richiesta arrampicata sugli specchi.
- Lui fa il cuoco di bordo! - disse indicando Chang.
- E tu?
- Io faccio l’attore! ...cioè...quando non salvo le balene!
Ormai il ghiaccio era rotto (pure quello metaforico delle acque solcate da Greenpeace) e, a questo punto, gli altri erano molto più preoccupati dalla riattivazione della vena creativa di 007 piuttosto che dalle scuse da inventare con l’amica spagnola!
- Lui è il nostro capitano! - continuò Bretagna, indicando Albert, che lo fulminò con gli occhi! Questa improvvisa qualifica gli valse l’attenzione totale di Soledad, che iniziò a tempestarlo di domande. Anche gli altri iniziarono a trovare spassosa la situazione: era divertente osservare il carattere chiuso del tedesco, messo ancor più sulle difensive, con l’esuberanza eccessiva dell’amica di 003!
- ...E com’è pilotare la nave?
- Bello.
- Dai, raccontami una missione, ti prego!! Dev’essere davvero eccitante!!
- No, invece è piuttosto noioso...- rispose 004, tentando di spegnere l’entusiasmo della ragazza, mentre, guardando di sbieco 007, immaginava tutto quello che gli avrebbe fatto una volta rimasti da soli!
- Non ci credo!
- Credici! È un lavoro fatto solo di coordinate navali, mare e cielo: una noia!
- ...Vabbè, una volta ci hanno sparato! - intervenne Bretagna.
- Madre de Dios!! Fanno questo?!? Vi è successo davvero??
- Solo una volta? Magari!
- Ma porchè?!
- Per impedirci di raggiungere prima la balena!
- E l’avete raggiunta?
- Si, ci siamo messi di traverso...
- Por quale ragione?
- ...così sparavano noi e non le balene!
- E siete vivi per miracolo?
- Si, ma un arpione ha portato via la mano del capitano: per questo lo chiamiamo Acab!
“Cosa diavolo c’entra??” ringhiò Albert.
- Ti faccio notare che Acab del romanzo “Moby Dick” non perse la mano, ma la gamba, e fu la balena a levargliela, non i balenieri! - disse Punma cercando di disattivare il delirio dell’amico.
- Appunto! - esclamò Bretagna, ormai lanciatissimo - È qui il paradosso: la baleniera si chiamava “Moby Dick”! Per questo il nostro capitano ha giurato vendetta!
- Ehm...ora basta! - intervenne 003 - Voglio dire: siete appena arrivati e dobbiamo fare ancora tante cose, giusto?
- Oh, Francisca! Hai ragione, che maleducata che sono! Sarete davvero stanchi dal viaggio e non vi sto facendo riposare!
- Ma figurati! - disse Jet - Se vuoi, mentre sistemiamo i bagagli, puoi continuare a sentire i racconti di Bretagna: lui non si stanca mai, abituato com’è a pulire tutta la nave: è il mozzo di bordo! -
002 sapeva come colpire e affondare il settimo cyborg!
- Hey, guarda che il mozzo di bordo, generalmente, è sempre il più giovane! – protestò Bretagna, fornendogli un assist.
- Vero, tu sei il più vecchio!! Infatti il mozzo è Joe!
- Suppongo che non serva dire “il più giovane è Ivan”, vero? - bisbigliò Joe a Françoise.
- Oh, ma di chi è questo bel bebé?
- E’ il mio nipotino! – si affrettò a dire il professore, grato del fatto che Ivan dormisse profondamente – I genitori sono in viaggio!
Soledad lasciò liberi gli ospiti, dicendo che sarebbe tornata il giorno dopo.
- Tipetta interessante, la tua amica! – fece Jet con un sorriso sornione.
- Si, è molto carina! – rispose la ragazza.
- Sono contento che tu abbia trovato un’amica. – sorrise Joe – Forse è proprio il tipo di compagnia di cui avevi bisogno – aggiunse, cercando di nascondere quanto avrebbe voluto essere lui stesso la compagnia giusta.
– Devo ammettere che i primi giorni che sono arrivata qui mi sentivo un po’ giù di morale… So che ti starai chiedendo per quale ragione sono partita da sola, ma avevo bisogno di staccare da tutto, di stare un po’ per conto mio. Alla fine, però, mi stavo davvero immalinconendo e incontrare Soledad è stata una vera fortuna: è stato come se ci conoscessimo da sempre!-
003 mostrò le stanze ai suoi amici: al piano di sotto vi erano tre camere; altre tre erano state ricavate in una parte della terrazza e fuori c’era una specie di rimessa sistemata come un piccolo ambiente per gli ospiti. Lei dormiva in una cameretta molto piccola a cui si accedeva da una scaletta sopra la terrazza: le era piaciuta perché era affacciata sul mare. Ivan sarebbe rimasto col professore, quindi tutti potevano disporre di un piccolo spazio personale.
- Andrò a parlare con i padroni di casa per informarli del vostro arrivo. I signori Klopas sono anziani e molto gentili; abitano qui dietro: questa casa apparteneva alla famiglia di lei e, da quello che ho capito, affittarla a turisti di passaggio è uno dei pochi mezzi che loro e i loro figli hanno per andare avanti…I ragazzi devono completare gli studi e non ci sono, ma sembrano persone in gamba.-
- Ti sei affezionata a questa gente, vedo. – sorrise Joe.
- Si, lo ammetto. Mi piacciono perché sono persone semplici e si vede che si amano, nonostante le difficoltà economiche.
- Si vede che hanno difficoltà economiche – commentò Chang guardandosi attorno, quando la ragazza fu uscita – questo posto si regge per miracolo!
- Françoise deve sempre fare la buona Samaritana, è tipico! – sbuffò Jet.
Pochi minuti dopo Françoise rientrò in compagnia di una nonnina dall’aspetto robusto col viso gioviale, che indossava un grembiule da cucina bruciacchiato. Si presentò e stava per dire qualcosa, ma non ne ebbe modo: in quel momento ci fu un rumore secco nel soffitto e una cascata di calce e detriti vari venne giù di colpo. Joe riparò rapidissimo Françoise col suo corpo, facendosi scivolare addosso una montagna di roba che avrebbe creato non pochi problemi a un uomo normale, mentre 002 estrasse istintivamente la pistola, puntandola verso l’alto e 004 si mise in guardia, senza sfoderare le armi. La signora Klopas era terrorizzata, non si capisce se più dal crollo, dal pensiero di quel che poteva accadere o dalla vista della pistola di Jet.
– Santa Maria! – piagnucolò disperata.
- Jet, rimetti la pistola a posto – disse Punma – Non c’è pericolo, è solo venuto giù il solaio!
- D’altra parte è solo colpa di Chang, che quando parla porta iella! – commentò 007, cercando di spolverare i vestiti con la mano.
- Non dire idiozie! – sbottò il cinese, causando inavvertitamente la caduta di una mensola, che si abbatté inevitabilmente sulla testa dell’inglese!
- Su, coraggio, va tutto bene. – disse Geronimo alla donna, che piangeva disperata.
Françoise le si fece vicina insieme a Joe, che la fece sedere, mentre Chang andò a prenderle dell’acqua. Dopo vari singhiozzi si calmò e riuscì ad articolare qualcosa.
- lo sapevo io! Lo sapevo io! Poteva pure scapparci il morto! Adesso come faremo? E’ la fine! E’ la fine!
In modo concitato l’anziana signora spiegò ciò che gli altri avevano già appreso poco prima dalla loro amica. Nel frattempo era arrivato il signor Klopas, dicendo che lo sapeva, lui, che non bisognava più affittare la casa: meglio lasciarla crollare, piuttosto che farci morire qualcuno o, nella migliore delle ipotesi, che qualcuno chiedesse i danni per lo spavento; e, d’altra parte, non v’era altra soluzione che farla crollare, quella casa: lui era troppo vecchio per fare da solo dei lavori e pagare gli operai era impossibile anche per riparazioni minori.
- Potrei occuparmene io – disse Joe, sorprendendo tutti.
- Dici sul serio?? – fece Albert, convinto che fosse già tanto non rimproverare ai due nonnini l’incoscienza di aver permesso a 003 di alloggiare là dentro!
- Ma si! – ripeté deciso – Da quello che sembra, a parte il solaio e qualche lavoro di restauro sugli infissi, il resto dell’abitazione non è fatiscente. Tu che ne pensi, Geronimo?
L’indiano si guardò attorno con attenzione e sorrise. – Dico che hai ragione. Non c’è neppure bisogno di chiamare degli operai: con il giusto materiale, considerando che si tratta di una tecnica di costruzione abbastanza tradizionale, potremmo farcela io e te!
Françoise li guardò raggiante. La generosità di Joe era incredibile, e Geronimo non era da meno! Seguì una lunga discussione, iniziata con i due anziani che, increduli, cercavano di distoglierli dal proposito e finito con gli stessi che se ne andavano piangendo dalla commozione e ringraziando.
- Io non ci posso credere! – esclamò Jet, senza neppure inalberarsi.
- Credici! – rise 009, dandogli una pacca sulla spalla.
- …e 005 vuole pure aiutarti!
- Se è per questo, penso che darò una mano anch’io! – disse Punma, ridendo, mentre 002 lo guardava di traverso.
- Joe, ci saranno sempre persone povere e sfortunate, non puoi mica aiutarle tutte! – sospirò Albert, fissando il buco nel soffitto.
- Concordo! – aggiunse 007, zittito subito da un altro calcinaccio sulla testa.
- Infatti non le voglio aiutare tutte: voglio aiutare queste!
Il tedesco scosse il capo.
- Magari – continuò 008 – potremmo unire questo lavoro alla vacanza: non abbiamo mica delle scadenze e possiamo anche rilassarci dopo aver fatto le riparazioni; e poi, in ogni caso, finché non ricontrollo il “Dolphin”, non ci muoveremmo da qui!
- Appunto, non solo siamo bloccati, dobbiamo pure fare i lavori forzati? – continuò a protestare l’americano.
- Jet, vedrai che qui ti piacerà! – intervenne Françoise - C’è tanto da vedere e da sapere! E poi il signor Klopas è bravissimo a ballare il sirtaki: potresti imparare come si fa!
- Fran, non è un ballo adatto a lui: è troppo…”tranquillo”! – commentò Bretagna.
- Non esiste un ballo non adatto a me! Pensa a te, piuttosto!
- Se è una sfida, ci sto!
Françoise li guardò piena d’affetto; immaginava che, alla fine, sarebbe andata così: Joe e Geronimo aprivano nuove possibilità e gli altri, dopo aver fatto “i duri”, seguivano sempre il loro esempio!
L’indomani, verso le nove del mattino, una Soledad canticchiante bussò alla porta dell’alloggio di Françoise e si vide aprire la porta da un Jet mezzo nudo che si era alzato da appena cinque minuti! La ragazza vide prima gli addominali, poi più in basso e, infine, spalancò gli occhi.
- Santa Madre de Dios!
- Cosa c’è, ho dimenticato di mettere le mutande? Ah, no, per fortuna! Entra pure, Fran è di là!
- Ehm…anche gli altri sono come te?
- Belli come me certamente no…se ti riferisci alle mutande non lo so, ma non credo!
“N…nel senso che sono tutti vestiti o nel senso che non hanno neanche quelle?”
- Ciao, Soledad! – Punma la salutò cordialmente facendola di nuovo sussultare, dato che la maglietta chiara smanicata che indossava non nascondeva certamente il suo fisico ben fatto!
Ma ciò che le diede il colpo finale, facendole rischiare l’infarto, fu la vista di Geronimo a torso nudo che riparava l’asse fatiscente del soffitto. Rimase ipnotizzata dal movimento dei suoi muscoli finché la voce di 008 non la ridestò.
- Scusa il disordine, stiamo cercando di aiutare i signori Klopas a rimettere un po’ su questo posto! – le disse, senza rendersi conto del perché fosse così scossa.
Fran le andò incontro sorridente e la portò a bere un caffè in veranda.
- Vuoi fermarti a pranzo con noi?
- No, tesoro: questa casa trasuda testosterone! Ma come fai a vivere con tanti maschi e non essere continuamente vittima della tentazione?
003 si meravigliò di quell’osservazione: essendosi conosciuti tutti loro in circostanze assolutamente fuori della norma e avendo basato dall’inizio il loro rapporto sulla reciproca protezione per riuscire a sopravvivere, non si era mai posta una domanda del genere!
-Ma…a dire il vero, loro sono per me come dei fratelli!
L’espressione di Soledad si fece furbetta e maliziosa.
- Davvero? Tutti tutti?
Il rossore della ragazza parlò al suo posto.
- Allora, chi è? Vediamo…secondo me potrebbe essere il tipo con i capelli rossi: è tutto pepe, impertinente! Amo i cattivi ragazzi!...però forse è un po’ esagerato per te! Allora allora…il tedesco? E’ posato come te! Però due persone uguali sai che noia! Chi ci rimane…il ragazzo africano è carino, ma non ti ci vedo…e neppure con il cinese rotondetto e col tizio inglese: sono un po’ grandicelli, per quanto hanno un loro fascino! Quindi l’indiano con quel fisico fantastico! Oppure, oppure…-
“Non si può certo dire che non le piacciano gli uomini!” sospirò 003.
- …per come sei tu, ti vedo col biondino misterioso!-
La frase, buttata lì, la fece quasi strozzare col caffè!
- Joe non è misterioso…è solo riservato!
- Va bene…riservato, misterioso, fa lo stesso! E’ bello, il biondino: con la sua espressione di bambino perduto su quel corpo così atletico è terribilmente sexy! –
A Françoise sfuggì uno sguardo quasi seccato, che Soledad rilevò all’istante.
- Sei gelosa!! Allora ti piace!
- N…no!! Che dici?!?
- Ma perché lo neghi? E’ vero che l’amor taciuto è così romantico, ma poi ti viene l’ulcera!
- Semplicemente perché…non è vero! – disse, tentennando sull’ultima parte della frase.
- Dai, ammettilo: non c’è niente di male! Se tra voi succede qualcosa Greenpeace non se la prenderà!
- Cosa c’entra Greenpeace?
- Bè, hai paura che avere un rapporto con qualcuno modifichi i rapporti professionali nella squadra, ma non devi temere: riservatezza! Questa è la parola chiave! Una signora può anche darsi alle orge, basta che nessuno lo venga a sapere!
Ormai Greenpeace era diventata una sorta di covo peccaminoso, origine di ogni tentazione!
- Non esagerare! Nessuno intende darsi alle orge! – “Almeno spero!”, aggiunse tra sé.
- Ok, ok…però ricorda siempre: se tu devi farti un’avventura, con discrezione: qualunque cosa trapeli, potrebbe bruciare el tuo futuro fidanzamento!
Il problema non si poneva: fino a quel momento Françoise era sempre vissuta pensando o alla danza o alle sue missioni; non capiva neppure dove andarlo a trovare, il tempo per un’avventura! E poi, anche se fosse…non avrebbe mai nascosto queste cose all’amore della sua vita, anche a costo di farlo ingelosire! Stava per obiettare, quando alle sue spalle arrivò 007 che, senza neppure sedersi, afferrò la caraffa e si versò un caffè.
- Buenos dias, señorita! Ciao, Fran!
- Non eri con Chang a pescare? – disse l’amica, sperando che non avesse sentito una parola della loro discussione.
- No, lo aiuta Albert: alla fine ho deciso di dare una mano qui a casa.
- Oh, ti sei convertito anche tu! – lo canzonò Françoise.
- A onor del vero, l’ho fatto perché aiutare Chang a pescare l’intero pranzo per tutti è infinitamente più faticoso! E poi ho voglia di imparare cose nuove: come si ripara un solaio e come si balla il sirtaki! Ho una sfida con Jet!
- Voglio proprio vedervi!
- Non stasera: volevo invitare questa splendida creatura a bere qualcosa da qualche parte – disse, rivolgendosi a Soledad con un tono scherzoso.
- Ne ero certa! – fece 003 scuotendo la testa.
- Accetto con piacere! – rispose la spagnola – Solo che qui vicino non c’è un granché: l’unico locale è frequentato più da anziani del posto che da turisti.
- Ci possiamo accontentare e, con la fantasia, ricostruiremo mentalmente una scenografia a tuo piacimento!
“Ma guarda un po’” pensò 003 “si è lanciato con la massima disinvoltura e lei ha pure accettato! Vorrei proprio sapere come va a finire!” Il pensiero le andò istintivamente a Joe “…e soprattutto vorrei sapere perché una certa persona non riesca a fare una cosa così semplice…non nei riguardi di Soledad, si intende!”
Quella sera, mentre Françoise, aiutata dagli altri, apparecchiava in veranda, Jet notò l’assenza di Bretagna e non prese molto sportivamente il fatto che l’amico fosse uscito con la spagnola!
- Maledizione!! Mi ha fregato sul tempo!! Questa me la paga!!
- Coraggio, Jet – lo consolò l’amica – dopotutto non so fino a che punto le “armi” a disposizione di Bretagna possano far colpo su Soledad…magari vorranno solo chiacchierare e fare un giro!
- Si, la porterà nell’inferno delle citazioni letterarie! – borbottò l’americano.
- Tu dove l’avresti portata?
- Nel paradiso dei sensi, bambolina!
- Non ti pare di esagerare?
- Per niente! Comunque meglio pensare positivo: questa serata trascorsa con Bretagna non farà altro che rafforzare le mie possibilità di andarci a letto!
- Di certo non ti manca l’autostima! – ironizzò Punma.
- L’autostima non c’entra: dopo aver conosciuto 007 le andrà bene chiunque, pur di cancellarne il ricordo!
- Da quando in qua uscire con una ragazza è per te una questione di stato? – domandò Françoise leggermente ironica.
- …A parte il fastidio di essere stato battuto sul tempo da Bretagna? – ridacchiò Albert. Jet lo guardò torvo e poi rispose a 003:
- Perché qui non c’è niente da fare, a parte provarci con la tua amica!
- Guarda che se ti giri bene attorno, ci sono centinaia di cose da fare! – disse Chang, sempre indaffarato con qualcosa tra le mani.
- Tu non parlare, che sei un caso a parte: sei sposato con le pentole!
Albert e Joe, non notati, faticavano a trattenere le risate!
Poco distante da lì, nell’unica locanda su quel lato dell’isola, intanto:
- …e col mio corpo ho fatto scudo alla balena! – GB era lanciatissimo nell’ideazione di racconti avventurosi mai realizzati, che, paradossalmente, non erano davvero nulla di eccezionale, se paragonati a una delle loro autentiche avventure!
- Quindi hanno colpito te?
- No, l’arpione si è conficcato nella balaustra della barca!
Soledad mandò giù un sorso di ouzo e rise di gusto.
- Tu mi sa che mi racconti un sacco de historie inventate, non è così?
- Ehm…qualcuna! Si nota tanto?
- Ma no, va bene porchè sei simpatico e le racconti per ridere…non come quel farabutto del mio ex!
- Ahi! Non volevo ricordarti un brutto passato!
- Ma no, figurati: si pienso a quanto era bastardo sono felice che sia finita!
Forse 007 non avrebbe dovuto chiedere: “perché era bastardo?”, dato che la fanciulla, resa anche più loquace dall’alcol, si lanciò in una minuziosa quanto chilometrica descrizione delle angherie e dei tradimenti subiti in due anni di rapporto, lasciando il suo interlocutore nell’assoluta impossibilità di dire alcunché!
- …e sì, che “dobbiamo dirci tutto”, che “la fedeltà è importante”, ma lui entendiva la fedeltà a senso unico! E io mi sacrificavo, ho resistito, ho tenuto lontani tutti gli uomini, compreso quel gran figo di Carlos, che se ci pienso..!! Mentre lui, invece, andava con quella zoccola della mia amica!! Tu te riendi conto?! Due anni di fedeltà per una storia finita a puttane!!
- Eh, la vita è dura!
- Tu si, che mi capisci! Brindiamo a quelli che capiscono le donne!
- Cin cin! – rispose, sollevando il bicchiere con l’ouzo.
L’uscita terminò con un pacifico rientro agli alloggi, accompagnato da un coro di inquietanti canzoni da osteria di due nazionalità diverse! L’indomani mattina Bretagna, abituato a ben altre serate, era fresco come una rosa!
- La tua amica spagnola è davvero carina! – dichiarò a Françoise mentre facevano colazione.
- Si, molto! –
- Però è strano: non immaginavo che tu potessi fare amicizia con una tipetta così spigliata!
- Stai dicendo per caso che mi vedi come una specie di suora?! – esclamò irritata la ragazza.
- N…no! Che dici! Solo che lei sembra molto diversa da te! E’ più…leggera!
Punma si coprì la fronte con la mano: l’amico non riusciva proprio a trattenere quella parola di troppo che lo rovinava!
- Quindi, secondo te, lei sarebbe una persona poco seria?
- Niente affatto!- esclamò G.B., parando le mani disperato - Mi piace che sia leggera! Vi compensate!
- Quindi io sono un mattone e non ti piaccio! – dichiarò Françoise, questa volta prendendosi gioco dell’amico
- Ma certo che mi piaci! Cioè…volevo dire…mi piacete entrambe!
- Ovvio! – commentò Jet – A te le donne piacciono tutte! D’altronde, se ti mettessi pure a fare il difficile, le tue possibilità di rimediarne una diventerebbero pari a zero!
- Ah-ah. Divertente! – rispose piccato 007. Françoise si mise a ridere.
- Dai, non te la prendere! – disse la ragazza - Stavo scherzando e ho capito che ti sei trovato bene con Soled.
- Riflettendoci…non è particolarmente bella, ma ha un che di intrigante! – disse 008.
- Si. Poi mi ha confidato che, in questo periodo, è un po’ in cerca di avventure.- aggiunse Bretagna.
- In che senso? –chiese Joe distrattamente, senza rendersi conto dell’ingenuità della domanda, preso com’era dallo stuccare la parete. Fran sorrise: amava quel suo candore!
- …Nel senso che vuole imbarcarsi su una nave pirata e assaltare le crociere in cerca di tesori! – fece Jet, ironico.
– Eh?! –
- Cerca sesso, scemo!! – esclamò l’americano.
- Per questo è intrigante!- puntualizzò GB – anche se penso che il dolore per la perdita del suo ex le abbia scombussolato la testa: ieri diceva che Chang aveva un modo di cucinare che lo rendeva sexy!–
Jet e Punma si misero a ridere, mentre Fran cercò di soprassedere a quella confidenza che Soledad aveva fatto all’amico, domandandogli seccatamente:
- Quindi adesso ti sentirai autorizzato a provarci con lei?
- Non sia mai! Un vero gentleman non ci prova mai con l’amica di una sua amica-quasi sorella!...Però non è detto che non possa essere lei a provarci con me! – disse, strizzandole l’occhio.
- Impossibile! – esclamò Jet, irritato più della sera prima, dato che l’amico aveva ottenuto pure un secondo appuntamento – Dovrebbe essere per lo meno cieca e sorda!
- Jet, certe volte sei davvero terribile! – sospirò la francesina.
- Ovvio! Se sei così vivi di più e io sono certo che vi seppellirò tutti: l’erba cattiva non muore mai!-
- Allora tra te e Bretagna sarà una bella gara! –
- Francoise, perché sei così spietata verso un tuo sì devoto ammiratore? – domandò 007.
- Ne ho ben donde, “devoto ammiratore”! –
- Lungi da me mancarvi di rispetto, madamigella! –
- Eppure, ”messere”, lo avete fatto! –
Gli sguardi di tutti, fino a quel momento incuranti della commedia, si posarono all’unisono minacciosi su di lui.
– Ehm, Francoise, se ti riferisci a ieri pomeriggio…è stato un terribile equivoco! –
- E in cosa consisterebbe l’equivoco? Ciò che hai fatto era chiarissimo! – 007 la prese un attimo sottobraccio portandola in disparte, per non farsi udire dagli altri.
– Non è colpa mia! Tu sei entrata nel bagno mentre mi stavo rivestendo e, per non mostrarmi a te senza veli, ho optato per una trasformazione che mi mimetizzasse con l’ambiente, sperando che tu volessi solo lavarti le mani! –
- Naturale: tutte si sfilano la gonna quando vogliono lavarsi le mani! Per di più, ti sei trasformato in un asciugamano! Se penso che avrei potuto anche scambiarti con il mio!!! –
- Non sapevo di assomigliare al tuo asciugamano! E non è colpa mia: ti sei spogliata troppo in fretta! Non ho avuto il tempo di reagire! –
- Non hai reagito affatto!! Te ne sei rimasto lì, appeso insieme agli altri asciugamani per tutto il tempo finché non ti ho visto io!!! –
- Mi ero immedesimato nel ruolo: gli asciugamani non fuggono via come serpenti! –
- Sparisci prima che ti disintegri!!!
“Mha. Sarebbero loro i famosi cyborg 00?” si domandò una figuretta appollaiata sull’albero poco distante dalla casa “Che delusione, dei tipi così ordinari!”
PARTE II
L’aria spensierata di quel posto, nonché la distrazione creata dalla risistemazione della casa dei signori Klopas, facevano sì che un po’ tutti si abbandonassero a quello che era il bisogno di avere un po’ di pace e riposo; anche se, realmente, nessuno si illudeva di poter del tutto abbassare la guardia, sarebbe stato molto complicato individuare ciò che, a loro insaputa, li minacciava in quel momento. Di fatto, erano trascorsi un paio di giorni molto tranquilli, in cui Soledad aveva familiarizzato del tutto col gruppo, presentandosi immancabilmente durante vari momenti della giornata. La sua presenza divertiva un mondo Fran, anche se, alle volte, le sue battute diventavano un po’ troppo pepate e i suoi commenti la facevano arrossire; Soledad non nascondeva affatto la sua passione per il genere maschile! Ogni tanto, però, dava l’impressione di fare una serie di giri di parole appositamente per “stuzzicare” proprio Joe, come se volesse “buttarlo” tra le braccia della ballerina; Françoise avrebbe potuto scambiarla per Bretagna trasformato, se non fosse che l’amico era lì presente contemporaneamente! Inoltre, a rendere Soledad peggiore di 007 o 002, era il fatto che il suo essere donna non la sottoponeva a censure e le permetteva di dire cose che, invece, avrebbero fatto guadagnare agli amici un bello scappellotto!
- Il tuo amigo inglese mi fa morire dalle risate! E’ troppo simpatico!
- Siete di nuovo usciti insieme?
- Si, mi sta dando dei consigli per conquistare il biondino misterioso!
Françoise sgranò involontariamente gli occhi, facendo scoppiare a ridere l’amica.
- Sei troppo buffa quando sei gelosa!! Ha ragione Bretagna, che si vede subito quanto ti piace quel muchacho!!
- Tu e Bretagna state diventando un po’ troppo complici! Iniziate a sembrarmi il gatto e la volpe!- sbuffò 003, ormai rassegnata. E non si sbagliava, dato che proprio in quel momento, nell’altra stanza, 007 stava sferrando uno dei suoi “attacchi” a un Joe sorpreso meditabondo di fronte alla moka che fumava sul fornello.
- …Tu dovresti porti un unico quesito esistenziale…
- Ovvero?- sospirò il ragazzo alzando gli occhi al soffitto, mentre toglieva il caffè per versarlo nelle tazze.
- …Ovvero: “Perché non mi decido a dichiararmi a una persona fantastica che non aspetta altro?”
- Smettila di prendermi in giro su questo argomento: non lo trovo divertente!
- Possibile che tu non capisca neppure che non ti sto prendendo in giro?!?
- Per piacere, cambia subito discorso! – gli intimò dopo aver visto che sulla veranda c’erano già le due ragazze.
Bretagna alzò gli occhi al cielo e andò ad accomodarsi fuori al tavolo di legno, mentre arrivavano anche Albert e Punma che si prendevano una pausa dal lavoro di restauro della casa.
- Cosa sono quei libri che ti porti dietro? – domandò 008 all’inglese, notando i tre grossi volumi dall’aspetto consunto che l’amico aveva iniziato a sfogliare.
- La figlia della signora Klopas ha fatto gli studi classici: ha un sacco di libri in casa e quale occasione migliore per rileggere un po’ di miti greci?
- Ma che bello! – esclamò Soledad – L’Odissea!
- Ti piace?
- Si, Ulisse era un gran figo!
- Cioè…ti piace l’Odissea soltanto perché Ulisse era un gran figo?!
- Non era solo un gran figo: era pure intelligente!
- Ah, quindi apprezzi la letteratura a trecentosessanta gradi! – ironizzò GB un po’ sconsolato.
- Certo! Mica guardo solo l’aspetto! – continuò lei, ignorando la questione letteraria - Tu cossa guardi subito in una donna?
- Le caviglie! – lo canzonò 004, mentre gli altri scoppiavano a ridere.
- Guarda che le caviglie mi piacciono sul serio, sono molto sensuali! – ribatté 007.
- Quindi tu guardi le caviglie?
- Non è esattamente la prima cosa che noto, però dopo ci arrivo!
- Ecco! E’ qui che ti volevo! – concluse Albert, facendo nuovamente ridere tutti.
- Senti – intervenne Soledad – si sa benissimo che gli uomini guardano solo una cosa!
- Solo una? – fece GB fintamente stupito – Pensavo almeno due o tre!...ovviamente il collo, i gomiti e le caviglie!
- …comunque sono convinta che quelli che fanno finta di niente, sotto sotto, soffrono moltissimo!- continuò la spagnola, lanciando uno sguardo a Joe, che era uscito in veranda col caffè.
- Sai, ci sono persone che se non soffrono non godono! – sospirò Bretagna, facendo altrettanto e attirando l’attenzione di Joe.
- C’entro qualcosa? – domandò il ragazzo, con un tono vagamente cupo.
- Ma no, ma no! – si affrettò a rispondere Soledad ridendo, mentre Fran cercava di ignorare le battute, ormai rassegnata agli “attacchi” indiretti dei due amici – Si parlava così in generale, di gusti vari e degli amanti del sadomasochismo!
- … “là dove il dolore si mescola col sesso: avventure erotiche di due ricci”! – continuò Bretagna.
- Voi due messi insieme siete deliranti! – osservò Albert.
- Dai, a parte gli scherzi – Soledad riprese il filo del discorso che aveva in testa solo lei, questa volta guardando verso Punma – a voi che tipo di persona piace?
- Una che non sia amante del sadomasochismo! – sorrise Punma, cercando di stare al gioco e di distogliere l’attenzione dal povero Joe.
- Oh, si, sono d’accordo con te! – rispose la ragazza – me lo chiedevo perché voi avete un’aria molto più posata di molti uomini che conosco. Alcuni di voi, come ad esempio Geronimo, sembrano talmente distaccati dalle cose mondane al punto da domandarmi se hanno una fidanzata o qualcosa del genere!
Françoise si chiedeva come l’amica riuscisse a manifestare con tanta tranquillità quello che era il suo interesse per l’indiano!
- Geronimo, per me, è immune dal sesso! – rispose 007 – Alle volte sembra una specie di divinità tribale, ieratica e distaccata rispetto a certi argomenti.
- Dici sul serio? – fece Soledad, un po’ delusa.
- Non è che tutti debbano sempre mettere in mostra i loro pensieri come la mercanzia su una bancarella! – osservò Albert.
- D’accordo, ma in genere, quando si chiacchiera tutti insieme, vengono sempre fuori le opinioni personali; Geronimo, invece, quando parla, non dice mai né più né meno di ciò che vuole esattamente dire. Mi fa un’ invidia!
- Dovresti prendere esempio da lui! – concluse 008.
Soledad accompagnò Françoise in cucina.
- I tuoi amici sono davvero fantastici! Non avevo mai visto un gruppo così…così…colorato! Sembrano un pochino i “village people”! – davanti a quell’affermazione, Françoise dovette quasi sputare l’acqua che stava bevendo per non strozzarsi! L’immagine dei suoi amici come i “village people” era esilarante!
- Allora, vediamo…- continuò la ragazza imperterrita – l’indiano è, chiaramente, l’indiano…il rosso, per me, è quello col giubbotto di pelle; poi c’è il cow boy, che, secondo me, è il biondino…l’inglese lo farei vestire da minatore e il moretto da marinaio! Mancano il tedesco e il piccoletto cinese: il primo lo vestirei da poliziotto americano e il secondo da soldato! E poi li metterei tutti a ballare la coreografia di “YMCA”! – concluse, canticchiando la canzone mimandone i movimenti.
Fran non reagiva più: era piegata in due!
Joe si era rimesso al lavoro e le osservava dall’altra stanza, ignorando totalmente per quale ragione ridessero tanto, ma era felice di vedere che 003 avesse finalmente un’amica con la quale divertirsi; pensò che quella vacanza le aveva davvero fatto bene: il suo viso era rilassato e la pelle leggermente abbronzata faceva risaltare maggiormente i suoi occhi azzurri e i capelli chiari, rendendola, se possibile, ancor più bella.
Non riuscì a non continuare a seguirla con lo sguardo mentre lei, continuando a ridere, si allontanava da Soledad per andare a prendere qualcosa nella sua camera; solo quando sparì dietro lo stipite, 009 distolse gli occhi e tornò a concentrarsi sulla persiana staccata dall’infisso che teneva tra le mani.
Intanto la ragazza spagnola era uscita di nuovo in veranda, andandosi ad accomodare al tavolo con la sua tazza di caffè accanto a Bretagna, che, al posto di leggere, si divertiva a osservare attraverso la porta il comportamento di Joe: perfino un cieco si sarebbe accorto che la sola vista della loro compagna in quella location insolita lo portava a eclissarsi totalmente dalla realtà!
- Ti giuro che non lo comprendo – osservò ad alta voce - cosa ci vuole ad ammettere che è innamorato cotto!
- El pulpo se cocina con su propia agua…- commentò Soledad con noncuranza.
- Non ho capito.
- Il polipo si cucina con la sua stessa acqua.
- Si, le parole le avevo capite…non ne ho afferrato il senso!
- El niño deve ancora cucinare nel suo brodo…arriverà il momento che non potrà più stare zitto!
- Tu si che conosci gli uomini!
- Guarda!- esclamò la ragazza tirandolo per la manica della camicia, indicando Françoise che, venuta fuori con addosso costume, pareo e cappello, si era avvicinata a Joe parlandogli a bassa voce. – Forse qualcosa si sta muovendo!
- Alle cose che si muovono! – esclamò Bretagna, brindando con la tazza di caffè.
- Indossa il costume e vieni con me, ti mostro un posto speciale! – disse Françoise con fare allegro e un po’ misterioso; Joe la guardò con quell’espressione vagamente stupita da bambino, che la faceva sorridere nel profondo. Certe volte lei si domandava come potesse lo stesso viso esprimere così tanto candore e lasciare poi il posto a tanta determinazione o, come accadeva qualche volta, a tanta durezza.
I due camminarono un bel po’ sotto il sole, lungo sentieri di campagna circondati dall’erba e dai muretti a secco, dove il profumo della salvia e degli alberi di fico si univa a quello della salsedine portata dalla brezza marina.
Arrivarono in una splendida caletta nascosta tra alti scogli, dove una sabbia bianca fatta di pezzetti di conchiglie incontrava un’acqua trasparente che si trasformava prima in smeraldo poi in turchese.
- Ti ho portato qui perché, oltre a essere bellissimo, immaginavo che questo posto ti sarebbe piaciuto per restartene un po’ in disparte: so che ogni tanto hai bisogno di isolarti e qui la privacy è decisamente diminuita!
- Davvero mi fai così orso? – fece lui, un po’ deluso.
- No, ma non vorrai negare che, quando siamo a casa, spesso hai bisogno di fare un giro in città o sulla spiaggia da solo!
- Si, lo ammetto…ma non me ne rendo neanche conto… – disse, arrossendo un poco – è come se le gambe camminassero per conto proprio mentre la testa sta altrove!
- Lo immaginavo: ti immergi talmente tanto nel tuo mondo da fare le cose quasi automaticamente! – sorrise lei, slacciandosi il pareo e stendendosi in costume nell’acqua bassa vicino al bagnasciuga. Joe l’aveva vista altre volte in costume da bagno, ma non erano mai stati completamente soli e…così vicini! Françoise, poi, sembrava completamente disinvolta: evidentemente quel gesto di spogliarsi e immergersi nell’acqua le era divento talmente familiare, in quei giorni, da non rendersi praticamente conto di quanto potesse far effetto su un uomo la vista del suo corpo candido lambito dalle onde. Sarebbe rimasto lì imbambolato se lei non l’avesse riportato alla realtà invitandolo a imitarla. Joe tolse la camicia e le si sedette accanto nell’acqua, con le gambe incrociate. I suoi occhi seguivano il movimento cadenzato delle onde e dei frammenti di spiaggia, che tremolavano accanto ai fianchi di Françoise cercando di aggrapparsi alla sua pelle come naufraghi in cerca di approdo.
“Così potremmo essere scambiati da chiunque per una coppia di innamorati…Che diavolo mi sta succedendo?! Deve essere effetto di questo posto e del caldo…non siamo mai stati senza gli altri in un luogo simile e con così pochi vestiti addosso!” sospirò dentro di se, rendendosi conto di provare un desiderio difficilissimo da trattenere “Vorrei stringerla ma…come reagirebbe? Penserebbe che voglio approfittare di lei perché non c’è nessuno... E poi…non posso fare una cosa del genere a 003!”
- Vedi? Sei di nuovo immerso nei tuoi pensieri! – disse lei voltando gli occhi celesti verso di lui – Certe volte mi piacerebbe avere i poteri di Ivan! –
“Questa volta meglio di no: i miei pensieri sono molto meno profondi di quel che appare!” pensò Joe.
- Perché, se tu li avessi avresti il coraggio di usarli per curiosare nelle teste degli altri? – rispose, usando un tono canzonatorio.
- No, solo nella tua! – ribatté la ragazza, usando lo stesso tono – Certe volte sei così enigmatico!
- Forse! – rise lui.
Si sentiva incredibilmente bene: Joe era consapevole di aver sentito la mancanza della sua compagna nei giorni precedenti, ma non sospettava neanche lontanamente che avrebbe provato un tale senso di felicità nello starle di nuovo accanto. Ed era paradossale: nonostante lui si sentisse quasi imbarazzato da quella vicinanza in quel contesto, la cosa gli procurava un senso di tranquillità e pace, come se non ci fosse niente altro al mondo, come se quella compagnia fosse la cosa più naturale per lui…Potevano trascorrere insieme ore intere anche senza dire una parola, semplicemente osservando il mare, respirandone l’odore…Solo una cosa, quella volta, turbava la perfetta armonia tra lui e Françoise, ed era quel sottile senso di eccitazione che veniva tenuto a freno con uno stoicismo degno di un mistico! Non poteva negarlo a se stesso: se lei non fosse stata 003 ma una ragazza “qualunque”, l’avrebbe baciata in quel preciso istante e, probabilmente, le sue braccia l’avrebbero stretta forte mentre le sue mani sarebbero scivolate lungo quelle gambe vellutate, verso…
Per sua fortuna, degli schizzi d’acqua fredda sul viso lo riscossero da quelle sensazioni.
- Dai, vieni con me!
Françoise si era immersa nell’acqua più alta. Joe seguì l’invito, nuotandole accanto. Esplorarono per un po’ i fondali pieni di pesci e, quando riemersero, fu lui a proporre di asciugarsi direttamente al sole mentre camminavano verso casa: questa volta temeva seriamente che, sdraiandosi di nuovo sulla spiaggia accanto al corpo bagnato dell’amica, non sarebbe riuscito a trattenersi dal realizzare i suoi desideri nascosti! Françoise annuì, e si diressero piano lungo il sentiero dove le cicale non smettevano il loro canto al sole. All’improvviso Joe ricevette una chiamata di Punma attraverso la trasmittente interna:
“Joe, mi raggiungi al Dolphin? Forse ho capito che cosa non va!”
Il ragazzo si congedò con dispiacere di entrambi, avviandosi su un altro sentiero che conduceva verso la scogliera dove avevano sistemato il mezzo.
Di certo non si aspettava, in quel posto sperduto, di ritrovarsi di fronte a una ragazzina sola, che scrutava nel mare da un basso scoglio. Pensò che fosse una dei tanti turisti che stavano dall’altra parte dell’isola, magari arrivata lì per esplorare la natura.
Quella ragazzina appariva ben stravagante: i capelli erano pieni di ciocche multicolore e gli shorts aderenti a righe erano abbinati con una curiosa sovrapposizione di canotte strappate ad arte, variopinte come il resto; il look era completato da un mix bizzarro di ciondoli e altri accessori.
- Ti prego!! – supplicò voltandosi verso il ragazzo, appena questi le fu poco distante - Ho perso le chiavi di casa in acqua! Qui è profondo e io non so nuotare!
- Vuoi che provi a ripescartele? – domandò Joe.
- Oh, si!! Per favore!!
- Va bene, ci penso io.- rispose, levandosi la camicia e le scarpe, restando solo con i pantaloni leggeri. Si tuffò rapido e raggiunse agile il fondale turchese, guardandosi attorno con attenzione alla ricerca delle chiavi. Accovacciata sullo scoglio, Rabelais sbirciava con curiosità la sagoma snella che si spostava nell’acqua. Le balenò un sorrisetto furbo quando, con la punta dell’indice, estrasse dal borsello che portava a tracolla, un piccolo mazzo di chiavi argentate. Dopo un po’ Joe emerse; avrebbe potuto dimostrare d’essere un campione d’apnea, ma la solita idea di poter rivelare la sua identità di cyborg lo faceva tenere ben lontano anche da “virtuosismi” che, banalmente, qualunque buon sportivo poteva raggiungere.
- Mi dispiace, non trovo nulla. Sei certa di averle perse qui?
- Ehm…a dire il vero è a me che dispiace: mi erano cadute sullo scoglio qui sotto e ho creduto che fossero in acqua!
Joe sorrise scuotendo la testa e risalì a riva.
– Non importa: con questo caldo una nuotata non fa male!
Fece per infilarsi di nuovo la camicia, ma Rabelais lo trattenne.
– Aspetta! – ordinò, mentre, approfittando del tessuto sbottonato, gli sfiorò il petto con la punta delle dita. Fu solo un istante, ma, in quello, Joe provò una specie di brivido strano, come se il tempo si fosse fermato e potesse sentire ogni singolo battito del suo cuore al rallentatore, come se lui fosse molto più presente a se stesso e, allo stesso tempo, in un “altrove” immobile…tuttavia non ebbe modo di essere pienamente cosciente di quella sensazione; la ragazzina indugiò pochi secondi allargando la mano sulla sua pelle chiara, e il suo commento sussurrato a bassa voce lo fece in qualche modo ridestare: - Sei davvero molto bello, è un piacere toccarti!
Joe la guardò sorpreso, senza sapere cosa dire, mentre lei, con un sorriso divertito, si staccò da lui e lo salutò fuggendo via.
Poco dopo, l’esile figuretta si ri-materializzò sul ramo di un albero, sotto il quale aveva calcolato che di lì a poco sarebbe passato Geronimo.
– Scusa…Hey, tu, uomo grande grande!!
L’indiano sollevò la testa, un po’ seccato da quella chiamata poco educata, ma non vi badò più di tanto vedendo che la voce apparteneva a una ragazzina.
- Cosa c’è, ti serve qualcosa?
- Si, non riesco più a scendere! Ho fatto la fine di un cucciolo di gatto! – disse con un’espressione che faceva quasi tenerezza!
Geronimo sorrise e allungò le braccia, prendendola con facilità mentre lei si allungava verso il basso; mentre scivolava giù con le mani lungo il petto del suo “salvatore”, gli occhi le brillavano con dei lampi di furbizia. Quando fu con i piedi per terra, ringraziò e si diede alla fuga, mentre 005 scuoteva il capo, leggermente pensieroso.
Seduti sopra uno scoglio, Chang e Bretagna, “armati” di canne da pesca, discutevano come al solito. – Non è possibile: siamo qua da un’ora e non abbocca niente! E’ il passatempo più noioso che esista! – si lamentava 007.
- Zitto! Li farai scappare!! –
- Sono già scappati ore fa, se non prima! Non potremmo farli prendere da Punma?
- Non è la stessa cosa! E poi non lamentarti: non fai altro che oziare, per una volta che lo fai facendo qualcosa!!
- Appunto: odio l’ozio imperfetto!! E poi ribadisco: qui non abbocca niente!
- A me si: evidentemente hai scelto male le esche!
- Pure esigenti, ‘sti pesci?!
- Certo! Ognuno vuole il suo! Se tu capissi, una buona volta….- la discussione poteva andare avanti per ore, ma l’occasione era troppo ghiotta: furtiva, Rabelais, fu dietro le loro schiene e, piazzandovi il palmo bene al centro, diede a entrambi una spinta, facendoli precipitare in acqua! Chang si riebbe prima dalla sorpresa, e le urlò dietro:
- RAZZA DI RAGAZZINA SCREANZATA!!! SE TI ACCIUFFO TI DO UNA BELLA SCULACCIATA!!!-
- Lascia perdere – sospirò 007, venendo fuori dall’acqua – potrebbe anche piacerle!
Dopo un po’ la misteriosa tipetta riuscì a trovare Jet e Albert, che conversavano seduti su un muretto; il suo viso si illuminò col consueto sorriso e, correndo verso Albert, gli prese il polso.
- Scusi, mi sa dire che ora è?
- ..Ehy!!-
Fulminea, gli girò attorno mettendogli la mano sul petto, per acciuffare il polso di Jet, ruotargli attorno e spintonarlo via leggermente.
- Oh, neanche lei ha l’orologio! Che peccato! Vabbè, grazie lo stesso!!
Si dileguò, lasciando i due disorientati.
- Le troviamo tutte noi, le matte?? – commentò 004.
- Ma dai! Era divertente!- rispose l’amico.
Per avvicinare 008 dovette aspettare il tardo pomeriggio, ma fu relativamente semplice: gli si appoggiò letteralmente sulla schiena dopo essersi accostata a lui sulla spiaggia con la scusa di vedere cosa aveva pescato.
Con Françoise, invece, non poteva correre dei rischi. Già, perché alla ragazza si sarebbe immediatamente palesata la sua vera natura: i misteriosi poteri di Rabelais, con i quali riusciva a condurre le sue vittime alla morte, non erano certo un dono di natura, ma erano diretta conseguenza del suo essere una piccola cyborg. Approfittò della confusione al piccolo emporio dove stava facendo la spesa per toccarle la schiena.
“Bene, la prima parte è fatta! Purtroppo mi toccherà aspettare almeno ventiquattr’ore abbondanti per iniziare a vedere gli effetti del mio “programma”!”
Nessuno di loro poteva saperlo, ma il tocco di quella ragazzina conteneva qualcosa di profondamente insidioso ed era solo l’innesco di una trappola.
“Ci cascheranno come dei topolini!”
- Guarda qua: ci sono perfino i topi!- commentò Chang con le mani sui fianchi, dopo aver visto fuggire a zampe levate una “bestiolina” delle dimensioni di un gatto da quello che era il deposito delle legna usata per alimentare il forno in pietra del giardino. Françoise e Bretagna avevano evitato per un soffio la collisione con l’animale scansandosi di lato; difficile dire chi dei due avesse urlato più forte!
- Bè, anche questo dettaglio ha il suo ruolo per accrescere l’effetto di disagio economico! – disse 007, ricomponendosi in due secondi.
- Non dire sciocchezze! Quelle bestiacce si trovano ovunque, ma io ho già sistemato quello che li distruggerà! – annunciò il cuoco, con aria trionfante.
- Si? Mine anti topo?
- No, le caramelle che stavi per mangiarti ieri sera!
- Vuoi persuaderli ad andarsene con la dolcezza?
- Sono avvelenate, stupido!
- Cavolo, potevi dirmelo, anziché dirmi solo “non sono per te”!
- Non so se funzioneranno – intervenne Punma – i ratti sono molto prudenti e non assaggiano mai un cibo sconosciuto: al massimo lo fanno provare ai soggetti deboli della colonia, generalmente vecchi o malati…
- Mi auguro solo che non ce ne sia una colonia! Comunque ci sono cibi che esercitano un richiamo irresistibile perfino sugli esseri umani, ben consapevoli che si stanno avvelenando! – rispose 006.
- Oh, ti riferisci alle lattine che si scola Jet? – domandò GB.
- Guarda! L’esca che avevo messo ieri sera non c’è più! Ha funzionato!
- In tal caso….addio nonno, è stato bello conoscerti!
- Uff…speriamo davvero che ce ne sia solo uno – disse Françoise – non mi piacciono i topi!
- Peccato che Joe non fosse qui: potevi approfittare del topo per stringerti a lui! – fece Bretagna, stuzzicandola come al solito. La ragazza lo fulminò con gli occhi,
- Quando la pianterai di dire scemenze inopportune?!
- Temo mai, cherì: purtroppo devo fare i conti con la mia natura! – rispose scuotendo il capo fintamente mortificato.
- Allora, ti supplico, cerca di non essere te stesso!!-
- Cara, è la cosa che mi riesce meglio! Chi vuoi che io sia? –
- Albert! Ma non nell’aspetto, nell’atteggiamento! –
- Ah. Vuoi proprio mettere alla prova la mia bravura! -
Immediatamente 007 assunse una postura perfettamente eretta, vagamente rigida, e un’espressione eccessivamente seria e distaccata. La ragazza si passò la mano sugli occhi, pensando: “Che cosa ho fatto?!”
- Che ha, oggi? Non si sente bene o l’hanno inculato con un ombrello?- fece Jet, passandogli di fronte con un secchio di pittura.
- Vedi, Fran? Interpreto così bene la parte al punto da far fare a Jet quelle osservazioni! –
- Quale parte? – domandò Albert, facendo tossire Françoise per l’imbarazzo!
All’avvicinarsi del crepuscolo Soledad era nuovamente con loro, dando una mano a riordinare e preparare la cena.
Chang stava raccontando quello che era successo durante la giornata, della strana ragazzina che aveva spinto in acqua lui e il suo amico, e gli altri non poterono fare a meno di meravigliarsi, rispondendo di aver fatto lo stesso incontro!
Soledad rise, trovando la cosa divertente, senza rendersi conto degli sguardi perplessi che gli altri si erano scambiati.
- Tu, per caso, hai mai visto questa ragazzina? – le domandò Joe.
- No, mai vista. Dev’essere una turista annoiata: ce ne sono tanti, di turisti, dall’altra parte dell’isola!
- Potrebbe essere vero, ma… - sussurrò il ragazzo tra sé.
Il discorso fu interrotto dall’ingresso di una grossa farfalla notturna nella cucina. La ragazza spagnola aveva un’inspiegabile paura di quegli insetti!
- Speriamo che il nostro incontro di oggi abbia la stessa pericolosità! – commentò Punma a bassa voce, osservando la farfalla.
- Perché no? Dopotutto se fosse una complice di “chi sappiamo noi” non si sarebbe limitata a una pacca sulle spalle! – rispose Jet, che non desiderava minimamente prendere in considerazione l’ipotesi peggiore.
La falena iniziò a svolazzare nervosamente attorno al lampadario, separandosene di quando in quando per picchiare contro le finestre o i muri, planando a un centimetro dai capelli di Soledad, che già era spaventata prima, ma a quel punto cacciò un urlo!
- Niente panico, ci penso io! – esclamò Bretagna, materializzando nella sua mano un lungo schiacciamosche.
- Aspetta. – disse Geronimo, imperturbabile come al solito; non doveva sforzarsi: era sufficiente che dicesse una sola parola per ottenere l’ascolto delle persone. Si avvicinò piano all’insetto e, con un movimento rapido e delicato, lo chiuse tra le mani.
- E’ morta? – domandò la ragazza, sbirciando timorosa.
- No. – sorrise l’indiano – La sto aiutando ad andare per la sua strada. E’ una bella farfalla: ti ha messo paura solo perché era spaventata e fuori dal suo ambiente!
- Tu dici? – rispose scettica la spagnola.
- Vuoi guardarla da vicino o ti spaventi? – le chiese dopo essere uscito all’aperto.
- Vediamo…- fece lei, incuriosita. Geronimo aprì piano le mani, rivelando due delicate ali color sabbia attraversate da sottili ed eleganti disegni di tonalità più scura.
- Hai ragione: è bellissima!
La falena prese il volo verso il cielo.
Quella sera che scendeva portò con sé un’atmosfera strana…
Geronimo ascoltava la brezza leggerissima che saliva dal mare come se questa dovesse rivelargli qualcosa, come se sussurrasse al suo orecchio qualcosa di misterioso, un segreto tra loro due. Era in quei momenti che Joe lo guardava, desiderando quasi di sapere cosa percepissero quegli occhi neri persi nell’orizzonte e sperando di captare anche solo una minima parte delle percezioni dell’amico. Joe non pensava che molte persone avrebbero potuto interrogarsi allo stesso modo su di lui; in verità non capitava spesso di vedere un ragazzo così bello e giovane che si isolasse dal mondo per riflettere su chissà che cosa. A differenza di Joe, Geronimo non era ripiegato dentro se stesso su interrogativi senza risposta: lui entrava in contatto con tutti gli elementi del mondo circostante, vi comunicava, vi si fondeva in una comprensione del creato che Joe non avrebbe mai posseduto.
Era come una sorta di incantamento. Tutto immobile, sospeso tra luce e tenebre, il mare turchese e piatto. Era un’ora di favole e incantesimi. Quella era un’isola incantata, dove si potevano anche incontrare le sirene e perdere se stessi.
“L’isola delle sirene era vicina ad altre isole fatte di scogli a picco, disabitate: chi dal mare guardava a lungo quell’isola sentiva l’approssimarsi di qualcosa nell’aria, come una misteriosa vibrazione; avvicinandosi, la vibrazione diventava una voce femminile simile al canto di un uccello; benché paresse sognata, la voce rapiva la mente umana guidandola a un mondo al di là dei sensi terrestri. Insostenibile per un piccolo essere navigante.
Secondo Omero, le sirene stregavano anche le forze della natura: il vento scompariva e “una calma senz’aria […] scendeva sul mare addormentato, fermo come in un maleficio”.
C’era un’ora ideale, che apparteneva alle sirene: l’ora meridiana, col sole a perpendicolo che sfavillava sulle onde “mentre la calma incantatoria distendeva il velo del sogno sopra la mente umana stremata. Al suono di una musica insinuante (lira e flauto), l’invisibile si sovrapponeva al visibile, l’ignoto al noto, il cielo al mare, il mare al cielo e inabissarsi era come volare i su”. In questo, se per caso un uomo intende per un istante un pensiero divino, non gli resta che fuggire in luoghi desolati o andare a fondo.”
Bretagna appoggiò il libro che stava leggendo a voce alta seduto sul parapetto della terrazza.
- Certi momenti mi viene da pensare che faremo la fine di Ulisse e dei suoi uomini …- disse tra sé, alzando gli occhi sull’orizzonte.
- Chi cavolo è Ulisse?- domandò Chang.
- Come fai a non saperlo?!
- Senti, non sono mai uscito dalla Cina fino a quando non…mi sono “unito” a voi! Mi dici come faccio a conoscere un tizio vissuto nel Mediterraneo, per di più secoli fa?!
- Ha ragione! – disse Françoise, lanciando a 007 uno sguardo di biasimo.
- Ehm…scusate!
- Non preoccuparti – disse Geronimo – puoi sempre raccontarci di questo Ulisse e della fine che fa! Mi piacerebbe saperlo, visto che forse finiremo come lui!
- Oh, si…Ulisse era un eroe, un re e uno sposo molto amato. Un giorno vennero a fargli visita altri sovrani per chiedere il suo intervento nella guerra di Troia; ora non vi starò a dire perché scoppiò questa guerra, tanto i motivi erano idioti come quelli che scatenano qualsiasi guerra, ma ad Ulisse non importava un bel niente di combattere, per cui si finse pazzo per non partire. Purtroppo il suo trucco fu svelato e dovette lasciare la sua patria e la sua famiglia. La maledetta guerra durò anni e anni, fino a raggiungere una posizione di stallo; a quel punto fu Ulisse a porvi fine, non con un intervento eroico bensì con un inganno…-
- Non mi sembra un comportamento molto onorevole!- commentò Chang.
- Infatti non lo fu, ma almeno tutto cessò e gli studenti del dì a venire si sono risparmiati altri mille capitoli di pianti e funerali! Ormai Ulisse poteva tornare a casa, che distava più o meno come due fermate di bus ma, siccome il suo operato aveva fatto infuriare qualche divinità e dato che le divinità, quando si infuriavano, non erano solite chiudere la faccenda con un sorriso, una pacca sulla spalla e la frase “ma sì, ti perdono!”, il nostro eroe fu costretto ad affrontare un viaggio lungo anni, fra naufragi, incontri con mostri terribili e con donne meravigliose tra cui, incrocio tra le due categorie, le sirene. Forse fu questo che poi lo condannò: aver ascoltato il canto delle sirene...-
- Erano così stonate? – rise Jet.
- Non direi, dato che il loro canto incantava i marinai, che per ascoltarle morivano inevitabilmente contro gli scogli…
- Cosa cantavano, secondo te? Me lo sono sempre chiesto…- disse Punma, che fissava la distesa d’acqua standosene appoggiato al parapetto.
- Non so…si dicono tante cose: per alcuni esercitavano semplicemente una forma di seduzione femminile, per altri facevano promesse d’amore o di felicità; per qualcun altro, addirittura …tacevano.
- Questo è molto più spaventoso! – commentò Albert.
- …ma i più pensano che nelle loro parole ci fosse la saggezza e la conoscenza infinita, il rivelarsi di tutti i segreti dell’esistenza…qualcosa di terribile, quasi quanto lo svelarsi del proprio vero io, ma anche qualcosa di profondamente desiderabile, più di ogni altra cosa al mondo, qualcosa che ti fa sfidare la morte e che avrebbe spinto Ulisse a gettarsi tra i flutti, se non fosse stato saldamente legato con delle funi alla nave e se i suoi uomini non avessero avuto le orecchie chiuse con la cera…-
- Quindi non morì così. – disse Geronimo.
- No. Riuscì a tornare a casa, ma, ormai, la voce delle sirene era entrata dentro di lui e, trascorso del tempo, preferì lasciare di nuovo tutto ciò che aveva, serenità e affetti, per inseguire quel canto misterioso, la sua sete di conoscenza e la sua curiosità e rimettersi in mare. Tentò un’impresa impossibile: varcare le colonne d’Ercole e fu lì che scomparve definitivamente tra i flutti.
- No, non fu una bella fine! – sorrise Albert, stendendosi ancor di più sulla sedia – Effettivamente noi siamo molto papabili per finire allo stesso modo!-
- Tu stai attento, Joe! – disse Bretagna, facendo voltare il ragazzo, che rifletteva con le braccia appoggiate al tavolo di legno.
- Perché?
- Perché sei molto simile a Ulisse!
Françoise osservava lo sguardo attento di Joe e non poté fare a meno di pensare che c’era del vero, in quella similitudine. Anche Soledad ascoltava: le piaceva sentire i racconti, specialmente se ben raccontati, ma ciò che le venne in mente fu l’immagine di Joe a torso nudo legato con le corde all’albero della nave e questa fantasia le sollevò pensieri tutt’altro che epici, accompagnati inevitabilmente, da un distratto mordicchiarsi delle labbra!
- Me lo presti quel libro che parla delle sirene? – domandò Joe – Mi hai fatto incuriosire!
- Va bene, tanto ho un sacco di roba da leggere.
La chiacchierata fu interrotta da uno starnuto di Chang, seguito dal suo commento.
- Accidenti, non si può stare mezzi nudi con questo umido che la sera sale dal mare! Vado a vestirmi meglio!
- Tra un po’ si metterà il golfino come il professore! – ridacchiò 007.
- Guarda che io l’ho sempre messo anche da ragazzo! – protestò Gilmore - Non è mica un distintivo di vecchiaia! E poi tutti sanno che quando fa buio l’umidità fa male!
- Appunto! – ribadì Chang – E vorrei rammentarti che neppure tu hai vent’anni!
- Ma io sono caloroso!
- Senti, “caloroso” – disse Punma – andiamo a dare un’occhiata al Dolphin con Joe, stasera, va bene?-
- D’accordo, vengo con voi.
- Noi restiamo qui a dare una mano a Françoise – disse Geronimo.
- Grazie! – sorrise la ragazza – Voi riordinate la terrazza mentre il professore si occupa di Ivan e poi dite a Chang di portare qualcosa da mangiare ai signori Klopas; io e Soledad ci occupiamo dei piatti.
Jet passò a Françoise la coppa con la frutta da riportare in cucina e rimase sulla veranda a legare meglio una delle ante rotte della finestra, affinché non costituisse un pericolo prima della riparazione; Soledad lo stava ad osservare attraverso il davanzale della cucina.
- Vuoi dare un aiuto a Jet? – le domandò 003.
- No, ma pensavo che, dal modo in cui muove le mani, dev’essere molto bravo a letto!
- Che dici?? Ora, quando vedi una persona muoversi, lo metti in relazione a come potrebbe fare l’amore?!
- No, non l’amore: il sesso!! – ecco, quella precisazione era proprio utile! Ma, in fondo, per Françoise, le due cose avevano sempre coinciso!
- Ma come? – continuò imperterrita l’amica - Non ti sei mai chiesta come sono i tuoi amici a letto? Quando vedo un maschio me lo chiedo siempre!! –
“Lei e Jet dovrebbero proprio fidanzarsi!!”
- Ti faccio un esempio: cominciamo da quel tuo amico tedesco, giusto per prenderla alla lontana…- “E se non la prendessimo affatto?”
- …lui appare come un tipo molto calmo e controllato, quasi freddo, ma, dal modo in cui tiene in mano un libro o una bottiglia di birra, deduco deve essere uno con una forte passionalità, probabilmente trattenuta, ma certamente non nascosta. Credo che, in un rapporto di coppia, possa anche essere dolce, ma sono convinta che voglia sempre mantenere una posizione dominante, anche nel momento in cui potrebbe abbandonarsi a momenti sentimentali… e poi, vediamo…presumo che debba essere uno “tradizionalista”, ma anche che ama fare un poco male alla sua donna…non uno sadico, tipo corde e fruste, qualcosa di leggero, tipo una stretta più potente, un morsetto o robe del genere, giusto per affermare meglio il suo controllo! Stai bene, Francisca?-
- I…io…Ma ti rendi conto di quanto sia imbarazzante per me questo discorso?!? –
- Ma dai, non metterti a fare la suora! E poi ammettilo, non è divertente parlare di queste cose? – “Ma certo, mi stai quasi costringendo a immaginare Albert mentre fa sesso! Mi domando dove cavolo ti spingerai!”
Soledad ignorò sia il silenzio che la faccia eloquente di Françoise e continuò il suo discorso.
– …Mentre certamente non avrai dubbi su com’è il fantastico americano con la chioma pazza! Lui sprigiona sensualità in ogni movimento! Dev’essere caldo e travolgente come un vento tropicale, uno di quelli che non si fermano davanti a niente, che se gli capiti tra le mani ti rigirano da tutti i lati! E, a proposito di mani, le sue sono bellissime, da pianista: le migliori da avere addosso! Non dev’essere uno particolarmente fantasioso, ma credo che possa trovare divertenti le fantasie della partner e che ami giocare! Con uno così ti diverti di sicuro! –
- Veramente, fino ad ora, gli ho solo visto rigirare i nemici, ma immagino che tu abbia ragione!-
“E fermiamoci qui, ti supplico!!”
– I nemici? –
- Ehm…volevo dire che l’ho visto coinvolto in una rissa! –
- Ah, ovvio! E poi... prendiamo adesso l’inglese, quello è un’altra storia! Non dev’essere uno che si agita troppo, ma credo che gli piaccia divertirsi a giocare e divertire una donna! –
- Già, non mi stupirei che si mettesse a raccontare barzellette anche in quel frangente! –
- Francisca, Francisca…che cossa hai capito? Mi riferivo al fatto che dev’essere uno moolto fantasioso e poi, secondo me, anche un pochino perverso! Insomma, uno di quelli che se gli proponi qualcosa di strano non si tirano indietro! –
- Che dici?! E perché mai? –
- Semplice: lo si capisce da come muove continuamente le dita quando parla: le intreccia tra loro o con qualcosa, le tamburella sul tavolo, ma non in modo nervoso, per passatempo. Ah, e poi dal fatto che aggiunge sempre qualcosa nel caffè: molto zucchero, oppure alcool, oppure panna! –
“Usa la panna: un autentico pervertito!! Che poi…la panna piace pure a me! Chissà che opinione si è fatta! Per lei ogni cosa parla di sesso!!”
- …invece, un altro facile da capire è il cinese! –
“No, Chang noooo, ti prego!!!”
– Come fai a immaginare cose del genere di una persona che sta lì tranquilla a dedicarsi alla cucina???-
- Bè, intanto tranquilla tranquilla non direi proprio! E poi è proprio per questo che è facile: il modo in cui un uomo cucina è una delle cose che ti raccontano di più su come fa l’amore! – questa volta Françoise non sapeva se essere più curiosa o imbarazzata! – Ad esempio, il tuo amico è molto ordinato e cura molto la forma, non tralascia i dettagli e in più mette amore nelle cose che fa: dev’essere uno passionale ma tradizionalista e molto sensibile alle esigenze della sua lei! E veniamo allo stupendo indiano! –
“Si capisce che Geronimo non le interessa per niente!”
– Per come è pacato e legato alle sue origini e tradizioni…-
- E’ uno tradizionalista, ho capito! – sospirò rassegnata.
– No, cioè: non dev’essere uno che fa cose “strane”, ma sono certa che gli piaccia farlo in posti diversi e, quasi certamente selvaggi e all’aria aperta! Credo possa privilegiare il sesso tantrico e che sia lui a guidare con forza e delicatezza la sua donna! – qui lo sguardo di Soledad era perso e trasognato.
– Ehm…tu non mi sembri tipa da sesso tantrico! –
- Invece ti sbagli! Sono tipa da qualunque forma di sesso, specialmente dopo essere stata fedele per due anni a quel cavròn fijo de puta del mio ex!! E poi – sospirò nuovamente, trasognata - tantrico o no, una notte intera di sesso con Geronimo dev’essere comunque un’esperienza fantastica! –
Françoise aveva lo stesso colore di un gambero!
– Credi che un uomo possa farlo per tutta la notte? –
- Bé, certamente per buona parte, altrimenti non vale la pena! E poi, quando degli uomini sono un po’ a stecchetto perché, magari, viaggiano molto tempo su una nave, tipo quella di Greenpice, rendono molto di più! Specialmente quando l’unica donna a bordo non la da a nessuno! –
- Hey, che stai dicendo??? –
- Scherzavo! Non essere così seria! Aspetta…a meno che non se la intendono tra loro! –
“Non per essere discriminatoria, ma spero di no! Non riuscirei a immaginare tanto!!”
– …Comunque dobbiamo ancora finire! –
“Speravo avessimo cambiato discorso!”
– Non starò a commentare il ragazzo di colore: lui dev’essere la pura essenza del sesso selvaggio!
“Meno male che non doveva commentare!”
- Guarda che, anche se Punma è nato in una tribù africana, è il meno “selvaggio” di tutti loro! – Fran iniziava a domandarsi perché insisteva a controbattere!
- Non intendo dire che è selvaggio lui, ma che con una donna avrebbe un approccio sicuro, dominante e anche tenero, portandola a godere in tutti i modi!
- Non descrivermeli, ti supplico!!
- … hai presente le immagini dei leoni con le leonesse, quando le bloccano e contemporaneamente le leccano e le mordicchiano?
- Ti avevo chiesto niente descrizioni!! – esclamò Fran affondando il viso nelle mani e scuotendo la testa.
- …E, infine, il bel biondino! Secondo me è il più interessante! –
- E…perché? – azzardò timidamente, cercando invano di mimetizzare il suo interesse.
- Bè, intanto perché è giapponese e, si sa, ai giapponesi piacciono le cose un poco stravaganti e contorte…e poi perché sembra calmo calmo e distaccato e, fidati, te lo dico per esperienza, quelli così sono degli autentici uragani quando si trovano da soli con una donna tra le lenzuola e fuori!
- …fuori?!
- Si, in una campagna, in ascensore, dentro il mare, in automobile! Sono delle potenze inarrestabili della natura!
- Che dici!! Joe è una persona tranquillissima!! –
- Francisca!! Por ti son tutti tranquillissimi nel senso che li vedi come degli angeli!!
- Degli…angeli?! – fece lei, senza capire bene.
- Si, esseri che non scopano!! Joe, secondo me, è solo uno che tiene a preservare la sua vita privata, ma, ne sono quasi certa, una volta trovato il posto che garantisca riservatezza e quel sottile filo di adrenalina generato dal rischio di essere scoperti, non lo tiene più nessuno! Dev’essere molto attento alle esigenze della compagna, ma se credi che uno così si accontenti di fare “il missionario”, ti sbagli proprio mia cara!
- In base a cosa dici questo???
- Te ne accorgi da tante piccole cose: da come si concentra, dall’interesse e dalla curiosità che ha verso tutto, dall’energia che sprigiona, dalla forza che ha e dalla sicurezza e dall’impeto con cui si muove!
- Quindi…Joe ti piace più di tutti? – azzardò con gli occhi bassi, simulando pessimamente di non dare importanza alla domanda.
- Ti ho pescata di nuovo! Sei gelosa!!
- Ancora con questa storia?!?
- Dai, il biondino è perfetto per te! Senza contare che, per eseguire a letto certe posizioni, la partner deve essere per forza una ballerina!
Ormai non vi era più alcuna differenza tra il viso di Françoise e i pomodori appoggiati sul tavolo!
- …certo, gli manca quel pizzico di pepe in più che ha il suo amico dai capelli rossi!
- Allora è Jet il tuo preferito!
- No, il mio preferito è Geronimo! Sarebbe fantastico passare nottate con lui accanto a un fuoco! Per quanto un uomo perfetto dovrebbe dare la sicurezza che trasmette il tedesco, avere il corpo atletico del ragazzo di colore col nome strano, essere divertente e fantasioso come il tuo amico pelato, essere bravo in cucina e avere la cura dei dettagli come Chang, avere la dolcezza e la curiosità di Joe! Sai cosa significa tutto questo?
“Che vorresti portarteli tutti a letto?!”
- Ehm…proprio non lo so!
- Che l’uomo perfetto non esiste! Quindi perché stare con uno solo? Comunque stai tranquilla, non ci proverei mai con uno che piace a una mia amica, come ha fatto Morena con quel fijo de puta del mio ex! Quelle che lo fanno sono solo le pu….
- Si, si, ho capito! – poi sorrise verso Soledad – Grazie!
L’ altra ragazza l’abbracciò calorosamente.
- Prego! Però con gli altri posso provarci? – disse divertita. Fran sospirò sconsolata.
- Fai quello che vuoi! Siete persone adulte! Basta che poi non mi racconti niente!
- Francisca! Una vera signora non racconta MAI alla sua amica le cose intime fatte con una conoscenza comune!
L’indomani, Françoise era ancora visibilmente turbata dai discorsi della sera prima: Soledad era stata un po’ troppo “descrittiva”, riguardo all’argomento trattato!
Entrò in soggiorno, dove Geronimo se ne stava a torso nudo a sistemare il solaio; appena lo sguardo gli cadde addosso, arrossì come un peperone!
- Françoise, non ti senti bene? - fece GB, leggermente preoccupato – Sei tutta rossa!
- N…non è niente! Credo di aver preso troppo sole! – rispose abbassando il capo e defilandosi nuovamente verso la sua stanza. Mentre andava, incrociò fortuitamente lo sguardo di Joe; vide che la fissava intensamente, un po’ incuriosito, un po’ preoccupato; gli occhi le scivolarono sulla sua bocca socchiusa e sulla camicia chiara un poco sbottonata, fino alle dita con cui spostava leggermente la sua ciocca bionda e non poté non immaginarlo nel modo in cui l’aveva descritto l’amica! Lo fissò per un istante, guardandolo involontariamente con desiderio, dopo di che si voltò bruscamente per sparire come un razzo! Joe non capì bene la ragione, ma arrossì anche lui!
- Però, non sapevo che i colpi di sole fossero contagiosi! – commentò Bretagna, facendo sorridere Albert, che però lo zittì con una gomitata.
– E dagli un po’ di tregua, dai!
Gli “effetti” dei discorsi di Soledad tardavano a diradarsi perfino in tarda mattinata, rendendo paradossalmente imbarazzante l’abituale convivenza di Françoise con i suoi compagni.
- Però non è giusto!!- esclamò esasperata, senza che gli altri si capacitassero della vera ragione – Perché voi uomini potete starvene liberamente con le camicie sbottonate o a torso nudo quando lavorate o fa caldo???
- Sono d’accordo! – esclamò Bretagna, completamente ispirato e compenetrato nel suo discorso sui “diritti umani” – E’ una palese ingiustizia!! Anche voi avete il diritto di togliervi la camicia e il reggiseno quando fa caldo!
La frase gli guadagnò un potente colpo dietro la nuca sferrato dall’amica!
- Io intendevo dire che potreste coprirvi anche voi!!!
- Che hai combinato, questa volta? – domandò Albert, senza prestare troppa attenzione al fatto che l’amico era stato letteralmente spiaccicato sul pavimento dal ceffone!
- Nulla! E’ semplicemente stata male interpretata la mia ansia di emancipazione femminile!
Gilmore osservava con una velata preoccupazione l’espressione strana dipinta sul viso di Françoise mentre sistemava per il pranzo e non poté trattenersi dal domandarle se ci fosse qualcosa che non andava. La ragazza rispose soprappensiero:
- Non avevo mai pensato a loro come…uomini!
Al buon professore venne in mente la prima cosa che poteva venire in mente a lui, e annuì malinconicamente.
- Già…immagino che anche per voi stessi non sia semplice vedervi come persone al di là dei vostri poteri…
- Ma no, che ha capito! – Françoise rispose d’istinto; probabilmente fu il fatto di vedere un enorme punto interrogativo sulla faccia del professore, cosa che non accadeva quasi mai, a spingerla a completare la frase - …Io intendevo uomini nel senso di…maschi!!
Gilmore la guardò ancor più stupito e poi gli sfuggì una piccola risata!
- Che ci trova di così divertente?
- No, nulla! E…cos’è che, improvvisamente, te li sta facendo vedere come uomini?
- Il fatto che qualcuno possa desiderarli fisicamente! – rispose distrattamente e di getto, ma, rendendosi subito conto di quanto si fosse sbilanciata, arrossì vistosamente e iniziò a farfugliare confusa – cioè…ecco…io volevo dire…
Il professore non riuscì a non ridacchiare. Era anche facile immaginare chi le avesse “aperto gli occhi”: le uniche persone che frequentavano lì erano Soleded e gli anziani padroni di casa; immaginare tali discorsi fatti dai due coniugi sarebbe apparso leggermente inquietante!
- Bè, credo che questo possa considerarsi…”normale”, non credi? – osservò, cercando di porre rimedio alla risata che gli era sfuggita e rendendosi conto di quanto la parola “normale” potesse suonare stana applicata a chiunque nel loro gruppo.
- Si, forse…cioè… E’ che fino ad ora non avevo mai pensato cose simili e l’idea mi imbarazza!...voglio dire…li ho sempre visti come fratelli!
- Capisco a che ti riferisci. E queste, ehm…”considerazioni” cambiano il tuo rapporto con loro? – domandò, lievemente preoccupato.
- Eh? N…no! Assolutamente no! – esclamò di getto, mentre l’immagine di Joe le lampeggiava nella mente senza volere, rendendole impossibile riprendere un colorito regolare!
- Questo è l’importante! – sorrise l’anziano, allontanandosi volutamente per togliere la ragazza da qualunque imbarazzo.
PARTE III
A metà mattinata, mentre Françoise e Chang erano rimasti a casa con Ivan e Gilmore, gli altri si erano sparpagliati in giro per l’isola alla ricerca della stravagante ragazzina del giorno prima: anche se apparentemente era tutto uguale e la situazione in sé non destava preoccupazioni, la semplice idea che ci fosse in giro un nemico che li teneva d’occhio li aveva messi in guardia. La speranza di tutti era quella di non rovinare la vacanza a Françoise e poter godere un altro po’ di pace in quel luogo stupendo, ma sapevano per esperienza che nulla andava tralasciato.
Punma e Geronimo si erano messi a esplorare le campagne e la costa vicine al loro alloggio, cercando tra eventuali campeggiatori.
Joe e Jet con Albert e Bretagna erano andati a fare un giro nel paese, dove c’era certamente più movimento; non si aspettavano di rintracciare subito la ragazzina, ma certamente le dimensioni ridotte del posto semplificavano le ricerche. Tuttavia, i loro giri non diedero alcun risultato. I quattro se ne tornarono verso casa, domandandosi se il fatto di non aver trovato nessuno fosse positivo o negativo…
- Per me ci stiamo solo ponendo un problema inutile! – sbuffò Jet.
- Diciamo che tutti stiamo sperando che sia inutile! – puntualizzò Bretagna.
- Intanto perdiamo tempo a girare sotto il sole!
- Pensala come ti pare, ma credo che mi sentirò molto più tranquillo quando avremo rintracciato quella ragazzina e verificato che è solo una ragazzina! – ribatté Joe.
- Anche se dobbiamo considerare che qui i traghetti vanno e vengono ogni giorno – rifletté Albert - Potrebbe benissimo essere stata solo di passaggio.
Camminando, si erano ormai riavvicinati alla casa che li ospitava. Già la mattina presto si erano informati con i signori Klopas se mai conoscessero una ragazza eccentrica con le ciocche colorate o se nelle loro vicinanze vi fossero altre case affittate a turisti. In realtà, a parte Soledad, che alloggiava in una casa vicina alla loro, vi erano solo altre due abitazioni adibite a strutture recettive: in una vi era una giovane coppia e nell’altra una famiglia con un adolescente e una bimba che poteva avere circa sette anni; fu proprio in quest’ultima che si imbatterono prima di imboccare il sentiero verso casa. Per essere precisi, non videro la bambina, ma sentirono il suo pianto provenire da dietro una siepe in fondo a una piccola discesa. Istintivamente corsero tutti in quella direzione e Joe per primo la trovò in lacrime stesa sotto un cespuglio; il ragazzo si chinò su di lei preoccupato, ma si tranquillizzò constatando subito che stava bene: evidentemente era scivolata giù dal sentiero sbucciandosi le ginocchia ed era molto spaventata.
- Non è niente – le disse, medicandole la gamba con un fazzoletto inumidito – ti fa molto male?
La bambina annuì, asciugandosi le lacrime.
- Come mai sei sola? Dove sono i tuoi? – chiese Albert.
- A casa. Mi hanno messa a riposare in camera, ma non ho voglia di dormire e sono uscita di nascosto!
- Mamma mia, l’hai fatta grossa! – esclamò Bretagna – non vorrei essere nei tuoi panni quando i tuoi genitori lo scopriranno!
- Non lo scopriranno! – fece Jet – Ti aiuteremo a rientrare in casa senza che si accorgano di niente!
- Che cavolo dici?! – lo ammonì Albert –Cosa direbbero se ci vedessero qua fuori con una bambina? Ora bussiamo a quella casa e la consegniamo a sua madre dopo averle raccontato tutto!
La piccola lo guardò con gli occhi gonfi di lacrime, supplicandoli di non farlo.
- Vedi? La stai facendo piangere di nuovo! – disse 002 – Io non mi metto di certo a fare l’infame e poi mi piacciono i tipi anarchici come lei!
Albert alzò gli occhi al cielo spazientito e Joe guardò interdetto i due amici.
- Jet, credo che Albert non abbia tutti i torti…
Sentendo che anche Joe voleva riconsegnarla direttamente a sua madre, la bambina scoppiò in un pianto disperato!
- Su, su piccolina, smettila! – la esortò Bretagna – altrimenti così ci farai saltare i timpani! Io propongo di farla rientrare in casa di nascosto!
- Pure tu, adesso! Credevo che, nonostante le apparenze, fossi una persona adulta! – sbuffò 004.
- Vediamo come vanno le cose…- disse Joe alla bambina – però, se qualcuno ci vede, gli racconti tutta la verità, intesi?
- Si, grazie!- la piccola sorrise rincuorata – Però mi fa un po’ male la gamba…
- Ti porto in braccio. – 009 la sollevò e lei si strinse intorno al suo collo tutta felice.
- Non ci posso credere! Conquista perfino le donne che dovrebbero considerarlo come un vecchio! – esclamò Jet.
- Voi chi siete? – domandò la bimba mentre si avviavano verso la sua abitazione.
- Abitiamo in quella casa laggiù, quella da dove si vede il mare. Stamattina eravamo in giro in cerca di una ragazzina con i vestiti e i capelli tutti colorati…
- L’ho vista!
Davanti a quella dichiarazione improvvisa tutti sgranarono gli occhi di colpo.
- Dici sul serio?!
- Si. Proprio ieri ho visto una ragazzina che spiava un ragazzo con la pelle nera da dietro al cespuglio. Si è accorta di me e ha detto che io non l’avevo mai vista e che era tutto un sogno. Poi è sparita e non l’ho vista mai più, quindi ho pensato che fosse un folletto!
Tutti si guardarono l’un l’altro: questa rivelazione non era certo tranquillizzante ed era davvero il caso di essere più attenti. Una cosa era certa: se la tipa misteriosa fosse stata una spia dei BG, sarebbe tornata certamente a tenerli d’occhio.
- …Anche voi sembrate dei personaggi delle favole! – disse d’improvviso la bambina.
- Eh?- fece Jet stupito e divertito.
- Si. Tu, ad esempio, mi sembri un lupo cattivo! –
- Questa, poi! – esclamò ridendo – Mi piace sembrare un lupo cattivo! E lui?- disse indicando Albert.
- Lui potrebbe essere un cavaliere solitario…o un cacciatore! –
- Stai attento, lupo cattivo! – sorrise 004.
- E io? – chiese Joe.
- Tu sei proprio un principe azzurro!
- Ovviamente! E io che potrei essere? – domandò Bretagna incuriosito.
- Tu un mago…non so se buono o cattivo!
- Buono, naturalmente!
- Eccoti a casa – disse Joe appoggiando con delicatezza la bambina di fronte alla porta sul retro della sua abitazione - puoi rientrare di nascosto, ma non rifarlo mai più!
- Noi ora dobbiamo andare- disse 007 salutandola - di là ci sono il folletto delle cucine e il gigante buono che ci aspettano insieme alla principessa e al genio della lampada! –
Appena ebbero salutato la piccola si scambiarono degli sguardi pensierosi.
– Adesso ne abbiamo la conferma: quella ragazza ci spiava e la cosa assurda è che non ce ne siamo neppure resi conto! – disse Albert.
- Si, sappiamo che ci teneva d’occhio, ma torno a dirlo: perché farci degli stupidi scherzi invece di attaccarci? – si chiese 002.
- Potrebbe averli usati per applicarci delle microspie…- ipotizzò 004.
- No. – rispose Joe – E’ la prima cosa che ha controllato 003 dopo che le abbiamo raccontato degli incontri: non c’era nulla né in casa né addosso a noi.
- Forse, come ha detto Soledad, è davvero una turista annoiata che si diverte a spiare gli altri e fare scherzi! – affermò 007.
- Resta il fatto che nessuno di noi si è accorto della sua presenza mentre ci spiava e questo è strano, se si fosse trattato di una persona comune. – ricordò Albert, alquanto scettico.
- Forse non l’abbiamo percepita proprio perché non costituiva un pericolo! – disse Bretagna.
- Vorrei pensarla così anch’io – ribatté 004, che, come spesso avveniva, non sbagliava affatto.
Erano passate 24 ore e, a insaputa di tutti, gli effetti del tocco diabolico di Rabelais iniziarono a farsi sentire in un modo molto strano…
Bretagna la vide, concreta più che mai: Sophie era in piedi davanti al tavolo della cucina, che tagliava rapidissima delle verdure. Le accarezzò il braccio da dietro, concentrandosi sulla sensazione vellutata della pelle sotto le dita e lei sorrideva. Era tutto così calmo, così normale…proprio come avrebbe dovuto essere…Ed era nel presente. Solo…erano avvolti da una luce che sembrava quella proveniente da un faro sulla scena, che li faceva emergere dal buio circostante.
“Quale maschera indosserai oggi? Un giorno ricorderai il tuo vero volto?” gli chiese mentre erano sotto le lenzuola “Perché non riesci mai a sentirti davvero felice?”.
007 si svegliò di colpo, scattando in piedi; aveva preso sonno su una sedia di paglia in terrazza, mentre i raggi caldi del sole producevano uno scintillio quasi ipnotico sul mare. Si appoggiò con le mani sul parapetto, come se sporgersi verso il sole lo aiutasse a scuotersi di dosso il terribile turbamento che si era impossessato di lui.
– Assurdo… Proprio nell’ora degli incantamenti delle sirene…
Le apparve davanti per un attimo nello specchio. Lei stessa. Meravigliosamente vestita come in “Giselle”. Françoise lanciò un urlo, portandosi le mani alla bocca.
Il tempo di sbattere le palpebre e la visione era scomparsa.
“Possibile?!...eppure…No, di nuovo allucinazioni…NO!!”
- Françoise, va tutto bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma! – Joe era corso preoccupato, vedendo l’amica pallida come un lenzuolo appoggiata alla parete.
- Quasi…- mormorò “Un fantasma di me stessa!”- …Non preoccuparti, non è niente! –
Il ragazzo la guardò scettico e si tranquillizzò un poco solo quando la vide riprendere il suo colorito normale; Françoise cercò di sorridergli per non farlo impensierire, ma non era molto brava a fingere…
“Chi sei veramente? Che cosa sei veramente?”
Era il suo riflesso, scuro come l’ebano, nella pozza marina; oscillava, mutando nell’acqua increspata, ed era prima seminudo, con corde ai polsi che segavano la pelle nera, poi con una divisa da militare, infine c’era il suo corpo come era stato per un periodo, ricoperto di scaglie argentee…Punma trasalì, prima di rendersi conto di trovarsi da solo su uno scoglio piatto e liscio, con le caviglie immerse nell’acqua trasparente.
“Non è niente…solo un colpo di sole!”
“Sei un mistosangue, quindi un bastardo, nato da una poco di buono!” una voce misteriosa che parlava dentro di lui ripeté a Joe ciò che troppo spesso si sentiva dire quando era solo un bambino: i suoi coetanei che lo prendevano in giro per il colore diverso della sua pelle e per quei capelli biondi che non facevano di lui un giapponese.
- TACI!!! Non osare nominare mia madre!!
“ Ma se neppure l’hai conosciuta!”
- So che mi amava!
“Certo. Tutti i genitori che amano i figli li abbandonano in un orfanotrofio!
- Io…non penso più a questa storia!
“Non puoi non pensarci: questa storia fa di te ciò che sei e ciò che sei non cambierà mai, né per te, né per chi ti sta intorno e neppure per la donna che ami!”
- NON E’ VERO!!! – l’urlo di Joe e lo scatto che ebbe dentro al suo letto alle prime luci dell’alba fecero sobbalzare Jet, che dormiva nella stanza accanto, facendolo precipitare dall’amico. Non era eccezionale che Joe facesse un incubo…a dire il vero, con le continue battaglie, capitava spesso un po’ a tutti di farne…però la cosa che stupì 002 fu il fatto che anche lui era stato turbato da qualcosa, il che era strano in un momento di serenità come quello che stavano passando.
- Che hai? – domandò preoccupato, nutrendo in cuor suo che l’amico gli fornisse un pretesto per aprirsi a sua volta.
- Nulla…non è nulla…- rispose Joe, passandosi la mano sul viso, mentre i suoi occhi ancora sbarrati fissavano le lenzuola bianche, alla ricerca di un motivo razionale che giustificasse l’angoscia che stava provando.
Rabelais li controllava a distanza per non farsi scoprire e sorrideva tra sé.
“Nessuno di voi racconterà nulla agli altri: ci sono cose che non si confidano a nessuno!”
- Quindi hai fatto strani sogni? – domandò Albert a Bretagna, mentre portava la caffettiera sul tavolo della terrazza - Mi è successa la stessa cosa…Sarà colpa delle sirene? – sorrise per sdrammatizzare.
- Può darsi! – rispose 007, appoggiato al parapetto.
- Tu ti saresti immediatamente buttato in mare!
- Perché no? Ma non mi avrebbero fatto niente: sono come loro!
- Non mi sembri affascinante come una sirena!
- No, mi riferivo al fatto che mutano anche loro forma: donne uccello, donne pesce, pesce a due code, donne stupende, mostri terrificanti…sono questo e altro. E, visto che anche a me piace cambiar forma, ci saremmo divertiti, insieme!
- Lo immagino! – rispose Albert, sorseggiando il caffè. Poi, senza rendersene conto, il suo pensiero andò a focalizzarsi sull’immagine che, per un breve istante, gli era apparsa quella mattina in sonnoveglia:
“Le decisioni che prendi non sono sempre le migliori” gli aveva detto Hilda, seduta al tavolo bevendo anche lei il caffè; un rivolo di sangue rappreso le segnava il viso dalla fronte fino al centro della guancia “Infatti, quello che è successo, è dipeso soltanto da te”.
Involontariamente, lo sguardo di Albert si accigliò e questo non sfuggì a 007.
- Qualcosa non va?
- Cosa dovrebbe esserci? A te, piuttosto?
- Nulla. – sospirò Bretagna - Forse un po’ di nostalgia immotivata e banali desideri irrealizzabili!
- Perché banali? – sorrise 004.
- Perché, in fondo, tutti desiderano la stessa cosa!
- E cosa sarebbe? – replicò Albert, scettico .
- Essere ricordato da qualcuno!
- Mi dispiace smantellare le tue certezze esistenziali, ma ti assicuro che non tutti desiderano questo: io, ad esempio, preferirei essere dimenticato! Per quanto, ne sono certo, quelli dentro i quali ho piantato qualche proiettile, si ricorderanno di me per sempre!
- Ma io intendevo da qualcuno che ci sta a cuore…amici, parenti…- fece una pausa, assumendo involontariamente un’espressione malinconica - …figli…
Albert scosse la testa.
- I rimpianti sono sempre delle brutte bestie! Non sei tu quello che crede nell’idea che ci si possa sempre costruire una vita con qualcuno? – l’intenzione era quella di riportare alla mente dell’amico il suo solito spirito positivo, ma si rese conto che quell’incoraggiamento suonava, sulle sue labbra, come una frase molto più sprezzante. L’altro non vi badò troppo, continuando a giocherellare col bicchiere.
- Si, ma non per questo non penso che per noi le cose siano più difficili! Per quanto, dopotutto, l’amore è sempre una cosa complicata a prescindere da ciò che sei e dal tuo tipo di vita! I sentimenti umani sono così instabili, più fluidi dell’acqua!
- Non ho di che preoccuparmi: i sentimenti “umani” non sono più affar mio!
- Oh, finiscila di fare sempre il cinico! Io e te siamo uguali e, comunque, sempre assoggettati alla nostra umanità imperfetta! …Magari esiste un momento magico in cui trovi la persona giusta e dici: “E’ tutto qui? Troppo facile!” e poi, l’attimo dopo, sei così idiota da rovinare tutto!
- Di nuovo i rimpianti, accidenti a te! – sorrise 004, vuotando il suo bicchiere. 007 guardò l’amico e si morse le labbra, rendendosi conto improvvisamente che Albert era l’ultima persona al mondo con cui parlare di quell’argomento! Cercò di porre rimedio.
- Scusami… Non so cosa mi prende, oggi! Sembra quasi che ci sia qualcosa nell’aria!
Nonostante il recondito desiderio di condividere l’episodio che aveva modificato il loro stato d’animo, nessuno dei due ebbe la benché minima voglia di svelare i propri reali pensieri.
Anche Françoise, dopo la sua “visione”, avvertiva una sensazione straniante, un disagio e un’angoscia che non avevano alcuna causa apparente. Improvvisamente una terribile malinconia si era appropriata di lei, unita a un sottile e serpeggiante sgomento, qualcosa di simile a ciò che può provare un bambino smarrito nel bosco. Fu quasi sollevata quando Soledad annunciò di essersi offerta volontaria per andare a prendere, insieme ai Klopas, i figli della coppia, che arrivavano col traghetto dall’altra parte dell’isola; avrebbe fatto loro da autista e poi si sarebbe fermata anche a fare un po’ di shopping al mercato; per questo aveva addirittura declinato l’invito gentile di Albert, che si era proposto per sostituirla; l’unica cosa che dispiaceva alla spagnola era non poter farsi accompagnare da Françoise, perché a ritorno sarebbero stati in cinque in auto. Françoise la salutò e seguì per un poco con lo sguardo l’auto che si allontanava. Rientrò in casa per preparare il biberon a Ivan, osservando Jet e Geronimo che lavoravano in silenzio. Pensò che, probabilmente, il fatto che le sembrassero vagamente turbati dipendesse unicamente dal suo stesso stato d’animo…perfino Chang, quella mattina, le era parso insolitamente taciturno mentre preparava come sempre la colazione. Guardò il piccolo cyborg, tentata di chiedere a lui se qualcosa non andasse, ma pareva essersi addormentato. Mentre 003 osservava Ivan, incerta se provare o no a svegliarlo, sentì il suono di un carillon riempire l’aria…un suono stranamente alto per essere quello normale dell’oggetto, una melodia calma che nascondeva qualcosa di sinistro; quel suono insolito richiamò i suoi compagni e il professore nella stanza.
A quel punto, solo quando si fu accertata che tutti fossero presenti, Rabelais saltò sul davanzale della finestra, rivelando platealmente la sua presenza.
- TU?! – esclamarono meravigliati.
- Si, proprio io! Ho saputo che mi cercavate, dunque eccomi qui! Spero che vi piaccia la mia musichetta: sapete, sono terribilmente infantile e poi ho pensato che il suono del carillon fosse il più intonato con ciò che sta per accadere! Il mio nome è Rabelais e, come avrete intuito, oltre che essere splendida, fantastica, bellissima, sono la vostra nemica! – fece una mezza piroetta e un inchino teatrale.
Aveva un aspetto innocuo e, apparentemente, nessuna arma addosso, ma la sicurezza non era mai troppa e la ragazzina si trovò con i paralyser puntati su di lei. Lei parve non scomporsi, anzi, tenendo le braccia bene in vista per apparire ancor meno pericolosa, li guardò in faccia uno ad uno, esibendo un ghigno sottile.
- …Per quanto è risaputo che il peggior nemico siamo noi stessi! Potete essere fortissimi, fisicamente parlando, ma io vedo distintamente tutte le vostre debolezze interiori e, forse, il più forte di voi è quello che ne ha di più! Io posso entrare come un tarlo nel cervello e alimentare tutte quelle spinte invisibili che possono portare chiunque alla distruzione! E la cosa più bella è che farlo è divertentissimo! Non avete scampo: toccandovi la prima volta ho già attivato la prima parte del programma che finirò di installare…adesso!
Fece solo un soffio leggero: una coltre di sabbia dorata si sollevò nell’aria, bloccando qualunque volontà o possibilità di reagire e li sprofondò in un sogno senza sogni.
- Peccato, non ho fatto in tempo a chiedervi se avevate caramelle!
Rabelais iniziò a saltellare allegra in mezzo a loro.
- Potrei anche puntarvi la pistola alla tempia, ma odio il sangue e poi non mi diverto! Continuerò utilizzando il mio potere, e sarà un vero spasso! Però quanta fatica che mi costate: con un uomo normale il mio trucchetto funziona subito subito, con voi ho dovuto aspettare più di un giorno! Allora, devo toccarvi di nuovo per avviare la fase finale del programma…
Si avvicinò a Joe, felice di sfiorare nuovamente il suo petto muscoloso e la pelle liscia lievemente ambrata.
– Si si si! – trillò – il tuo cuoricino pieno di nostalgia e solitudine è sempre qui, caro il mio piccino abbandonato! Oh, vediamo bene cosa c’è qui dentro –canticchiò avvicinandosi a Jet – Ooooh! Ma quanta rabbia! Tu, mio caro, sembri proprio un vulcano addormentato! Mi piaci! –
Andò verso Albert e gli toccò il viso, scivolando verso il torace.
- E qui? Con tutto questo acciaio faccio fatica a trovarti…mmm…lo sento bene, però: deve essere davvero tanto, questo vecchio dolore, per arrivare fino a me. Già: era così bello quello che avevi prima, che quello che ti è successo dopo deve sembrarti ancor più brutto! E ci sono anche sensi di colpa e rimpianti! Benissimo! Ora basta, però, altrimenti mi fai deprimere!-
Lasciò Albert e la sua mano circondò sensuale il collo di Geronimo.
- Incredibile, anche il tuo animo è robusto come il corpo…però la sento, la tua tristezza, il tuo orgoglio ferito, la tua rabbia nascosta. Non mi sfugge nulla! – gorgheggiò entusiasta, mentre si chinava accanto a Chang toccandogli il cuore.
- E cos’abbiamo qui? Un animo sereno? No, non ci credo! Non ne ho mai incontrati! Così non va…dev’esserci per forza qualcosa! Cinesino, non deludermi! – toccò Chang più volte, sul cuore, sul collo, sulla testa, andando su e giù con le mani – Dove ti nascondi? Ah, ecco! Forse forse ho trovato qualcosina…brutti ricordi, miseria, fame…no, non so che farmene. Mi serve altro. Aspetta…fuoco fuochino! Tu temi di non poter aiutare i tuoi amici; è questa la tua paura, vero? Meglio di niente! L’avevi nascosta bene, ma l’ho trovata lo stesso! Nulla mi sfugge! E tu? – disse chinandosi su Bretagna, toccandolo prima sulla mano – Oddio, fin troppo facile! Sento i tuoi sentimenti appena ti sfioro: voglia di dimenticare, sensi di colpa, rimpianti, nostalgie…mio caro, è troppo semplice batterti, non c’è gusto!-
Si voltò seccata verso Françoise.
- Oh, la donna…non mi piacciono le donne! Uffa, e va bene: il lavoro è lavoro! Tu cosa ti porti dentro, carina? Ah, eccoli, tutti i rimpianti per ciò che hai perso e tutta la tristezza per ciò che sei…niente male! Ho quasi finito…Il vecchio non mi riguarda, è già cibo per i vermi, e poi i vecchi sono tutti uguali: un mix di malinconie e paura del futuro…paura di cosa, poi? Non ce l’avete un futuro! Quindi, adesso…- si guardò attorno, soffermandosi su Punma – ci sei rimasto tu e il poppante. Tu sei interessante…che spalle forti! Potrei anche divertirmi, ma purtroppo adesso mi interessa solo il tuo cuoricino! No!! Un altro di quelli difficili! Quanto vi detesto quando coprite le vostre debolezze con delle corazze fasulle! Comunque, non ci sono problemi…- respirò a fondo, premendo forte la mano sull’addome di Punma – Quindi… hai paura di non fare mai abbastanza…ti senti inerme di fronte alle ingiustizie di questo pazzo pazzo mondo…Ah, voi dannati idealisti! Però, sotto sotto…tu, in fondo, detesti quello che sei. Bè, sai la novità! Un po’ tutti voi, chi più chi meno, detestate ciò che siete! -
Rabelais diede un’ultima occhiata in giro e, infine, si diresse verso Ivan, l’unico a non essere stato toccato in precedenza.
- E ora il tenero pargoletto! Se conosco bene la tua storia, piccino, a te manca tanto la mamma…la tua dolce mammina – fece una pausa e un lampo di perfidia le attraversò lo sguardo - …che tuo papà ha assassinato mentre ti proteggeva! -
Ivan ebbe un sussulto e i suoi occhi brillarono di una luce innaturale. Una sorta di onda elettromagnetica attraversò la testa di Rabelais facendola accasciare dal dolore, mentre una voce le pugnalò il cervello e le orecchie.
- LASCIA STARE LA MIA FAMIGLIA!! –
001 sprigionava inquietanti bagliori. Lei si ritrasse spaventata.
- Non vorrai davvero farmi del male? Siamo simili, io e te! – disse falsamente supplichevole.
- Con me non attacca: non mi fai nessuna pietà e non ti risparmierò, se necessario! Risveglia subito i miei amici!!
- M…mi piacerebbe tanto, ma vedi, non posso!
- Stai mentendo!! – 001 immise una potente onda celebrale nei circuiti di Rabelais, facendola contorcere per il dolore.
- E’…è vero, dannato marmocchio!!
- Allora ti ucciderò!
- S…se lo fai, loro moriranno! …ma possono svegliarsi da soli se…superano…la prova!
- Di che prova parli?!
- Smettila e te lo dico! – urlò la ragazzina, convincendo 001 a interrompere il supplizio che le stava infliggendo.
- Adesso parla! – ordinò Ivan, facendole capire che aveva poche speranze di riuscire a sfuggirgli. Rabelais tirò il fiato e, guardandolo torva, iniziò a spiegare.
- Io funziono come una specie di virus del sistema: toccando i tuoi amici con la volontà di esercitare il mio potere e non solo con l’intento di carpire le loro debolezze, ho innestato una specie di programma, diciamo…un gioco!
- Cos’è??
- Inizialmente, al mio primo contatto, si “accendono” semplicemente ricordi e sensazioni…quasi sempre legati a errori commessi nella propria vita…commessi perché imposti dal proprio stesso carattere, dalle proprie scelte…una sorta di preparazione a ciò che arriva dopo: nella seconda fase, quella che ho appena innescato adesso, affronteranno lo specchio, il loro io profondo, quello che nessuno vorrebbe mai affrontare e, se superano i vari livelli di difficoltà, si sveglieranno come quando finisce un brutto sogno.
- E se non superano questi “livelli di difficoltà”?
- Si toglieranno da soli la vita!
- Mi stai dicendo che…devo aspettare che superino da soli la tua trappola?!
- Eh, si, è inevitabile!
- Allora prega solo che il tuo giochetto non li uccida, perché se dovesse morire uno solo di loro, morirai anche tu!
In quel preciso istante, ognuno di loro era immerso nel buio e nel silenzio.
Una voce parlò simultaneamente nelle teste: “Adesso sei solo. Ci sei solo tu. Voltati e guardati!”
Jet fissò la sua immagine nello specchio. Era la sua, non c’erano dubbi, ma era inquietante vedere come quel riflesso era scollato da se; si muoveva autonomamente, senza seguirne il proprietario, ed era anche abbigliato in modo diverso: al posto della camicia chiara che Jet indossava in quel momento, la figura davanti a sé era quasi una sorta di replica del suo passato: giubbotto di pelle nera borchiato e maglietta bianca attillata, come usava vestirsi spesso quando era il “boss del quartiere”; non è che il look di Jet avesse subito grosse rivoluzioni, ma adesso usava anche portare degli indumenti che da ragazzino avrebbe definito “da sfigati”, a ulteriore prova del suo “essersi dato una calmata”.
- Se è un sogno, non mi piace!
- Non ti piaci? – ribatté il suo riflesso – Dovresti non piacerti adesso!
- Chi sei??
- Dovrei chiedertelo io! – rise lo specchio.
- Bè, l’ho chiesto per primo!
- Io sono te e tu sei me!
- Q…quindi saresti il mio ego??
- Bene, ti sei acculturato! Si, sono il tuo ego!
- Ti facevo più grande!
- Fare lo spiritoso non ti servirà a scappare! Qui non puoi fare altro che parlare con me.
- Non ho niente da dirti. – sentenziò Jet in modo glaciale.
- Davvero? Non vogliamo parlare del fatto che sei diventato una specie di agnellino al seguito di persone che ti dicono perfino cosa è giusto fare e cosa no? Che hai perso tutto il tuo smalto, la tua autonomia per diventare cupo e silenzioso?
- Non è vero!!! – ringhiò 002, mentre, se pur dava torto a quell’entità, riconosceva quanto pesasse, a uno come lui, adattarsi alle esigenze di un gruppo e sottostare alle scelte imposte dalle circostanze.
Per tutta risposta l’altro ghignò, senza aggiungere altro. Fu Jet, quasi meravigliando se stesso, a rivolgergli di nuovo la parola.
- E’ colpa tua. – disse – E’ solo colpa tua, che volevi averla sempre vinta, che non hai mai resistito a una provocazione…Sono diventato quello che sono perché prima ero… come te!
- Ma davvero? Sei arrabbiato o sono sensi di colpa?
- ZITTO! ZITTO O TI DISTRUGGO!!
- E va bene! Accomodati e…uccidimi!
Quello che Geronimo si trovò di fronte fu la sua immagine con indosso gli abiti da cerimonia che si usavano nelle ricorrenze sacre. Aveva qualcosa di nobile.
- E’ così che dovresti essere. – disse semplicemente il suo riflesso.
Geronimo si accigliò impercettibilmente, ma stranamente non si sentiva in conflitto con “quell’essere” che aveva di fronte. Anzi, una parte di lui provò quasi il desiderio di essere realmente parte di quell’immagine. Tuttavia, non poteva dimenticare la realtà.
- Questo non è possibile. – rispose – Non lo è più da molto tempo e non lo è più per nessuno del mio popolo.
- Lo so. So che è questo il motivo della rabbia che hai dentro. Ormai sei lontano. Lontano da ciò che dovresti realmente essere. Forse, tra non molto tempo, gli spiriti non ti parleranno più e allora che farai? Cosa ti resterà? Un corpo meccanico e amici che non ti comprenderanno mai realmente? Anche il tuo orgoglio ti abbandonerà definitivamente, quando non avrai più alcuna ragione di essere fiero di te e della tua esistenza.
- Cosa…resterà? – sussurrò quasi spaventato.
- Sei ancora in tempo. Smetti di credere a un tipo di vita che non è il tuo. Abbraccia il tuo vero io. Resta qui dentro, con me nello specchio.
- In fondo Albert Heinrich non esiste più, vero 004? – in un altro spazio mentale lo specchio restituiva ad Albert l’immagine di se stesso prima del maledetto giorno che gli aveva portato via tutta la sua esistenza; la sua espressione era severa, ma conteneva anche qualcosa si beffardo.
- …Tu di certo non sei Albert Heinrich: lui era diverso da te, sapeva sorridere in modo sereno, amava suonare il pianoforte…ormai adesso il tuo “genere musicale” è molto differente e non piace troppo a coloro che lo ascoltano! – sorrise e fece una pausa, guardandolo negli occhi come se gli leggesse dentro - …ma quanta voglia hai di non esistere? Quanto vorresti illuderti di non essere stato tu la causa di tutto? Se credessi in qualcosa, penseresti che i vostri spiriti si ricongiungeranno dopo la morte, ma questo non ha molta importanza: a te basterebbe semplicemente cessare di essere, così come ha cessato lei.
- Può essere, ma ora ho altro per cui vivere…- rispose con poca convinzione, come se le parole dello specchio avessero scoperchiato un’antica pulsazione, un pensiero che non voleva più ripetere a se stesso ma che continuava a vivere sepolto in un angolo recondito del suo essere.
- Adesso sei qui e sei costretto a non mentire: lascia perdere quelli che ti tengono attaccato a questa esistenza, loro se ne faranno una ragione! Approfittane qui e ora, per farla finita. Ci sei solo tu. Solo. Esattamente come lo sei dentro di te. E se pensi che questo sia un sogno, a maggior ragione, approfittane!
- Forse se mi sparo mi risveglierò…o forse non più. In fondo cosa ho da perdere? Comunque vada, non cambia nulla…
La mano artificiale raggiunse la tempia sotto gli occhi gelidi del suo alter ego.
La ballerina fece una piroetta dentro lo specchio. Françoise la guardò con desiderio e tristezza.
- Ti piace, vero? E pensare che poteva essere la realtà…può ancora esserlo! – disse il riflesso con un sorriso che emanava pura gioia.
- No…non più, ormai…- rispose Françoise, accarezzando la sua immagine attraverso il freddo del vetro.
- Non è vero! – esclamò l’altra se stessa, fermandosi a guardarla negli occhi - E’ sufficiente che tu rimanga qui con me, che diventiamo una cosa sola…questo è il tuo vero io, questo e nessun altro!
- Può darsi, ma come posso restare qui ed essere questo? Io…ormai sono il cyborg 003! – nel pronunciare queste parole quasi le veniva da piangere: riconoscere quella realtà la faceva stare male e definirsi “cyborg 003” di fronte all’immagine di ciò che sarebbe realmente diventata suonava quasi come una grottesca menzogna.
- Françoise, è vero: tu non sei più quella che volevi essere, ma neppure sei una di loro…sei buona solo a cacciarti nei guai e ammetterai che spesso nel combattimento risulti solo un peso morto, un intralcio!
- Io…- qui le mani della ragazza si strinsero in una sorta di moto di rabbia dettato dal suo orgoglio, nonostante lo specchio le avesse detto esattamente ciò che lei stessa pensava nei momenti di sconforto - …La mia funzione è quella di fare da spia e da sentinella, non quella di combattere!
- Lo so, ma di fatto ti ritrovi nei combattimenti e lì costringi i tuoi compagni a doverti costantemente difendere…quante volte Joe ha rischiato la vita per causa tua?
Quella frase le riportò alla mente tutte le volte che 009 l’aveva sottratta al pericolo, spesso facendole scudo col suo stesso corpo…rabbrividì, ma tentò quasi di giustificarsi, non riuscendo, tuttavia, a trovare le parole.
- Ma Joe…io…- per un istante il pensiero che Joe ricambiasse i suoi sentimenti le attraversò la mente. Il riflesso parve leggerle dentro.
- Non farti illusioni: perché dovrebbe amare te, che sei così fragile e così lontana da lui in tutto? Sai cosa prova per te? Alle volte ti vede come una bambina piagnucolosa da proteggere, altre come una presenza inutile…contemporaneamente la vostra diversità lo mette a disagio! Ci sono momenti in cui invidia il tuo passato senza problemi, circondata dall’amore di una famiglia che lui non ha mai avuto. Non capisce né la tua forza né i tuoi sentimenti. E poi, diciamoci la verità, lui non ama neppure se stesso: ha paura dell’amore, non sa cosa sia. E vorresti continuare a recitare il ruolo del cyborg 003 solo per lui? Resta qui dentro. Fuori non servi a nessuno e qui non ti serve nessuno. Qui sei realmente tu. Qui sei completa.-
Quell’offerta, accompagnata da quelle parole, le parve per un attimo estremamente allettante e l’unica cosa logica pur nella sua follia…
007 voltò di scatto le spalle al suo riflesso.
- Non voglio parlare con te! –
- Come ti pare. Tanto puoi sempre ascoltare! Non puoi andare da nessuna parte!
- E il diritto al silenzio dove lo mettiamo? – obiettò, cercando invano di non dover ascoltare quell’immagine che a tratti lo spaventava.
- Potrei dirtelo, ma diventerei volgare! E poi quando mai lo hai rispettato?
Bretagna grugnì, rassegnato all’evidenza di non poter andare in nessun luogo.
- Allora, dimmi- incalzò il riflesso - perché hai iniziato a recitare? –
Bretagna socchiuse appena le labbra prima di essere bloccato nuovamente dalle parole dello specchio.
- …E non raccontarmi la scenetta della prima volta che da bambino entrasti nel teatro vuoto durante le prove di un attore e rimanesti affascinato da ciò che faceva! Dimmi la vera ragione!-
- Non lo so…mi piace, lo amo e mi riesce meglio di ogni cosa. Non ti basta questa risposta?-
L’altro scosse il capo con un sorrisetto maligno.
- Con me non puoi mentire o raccontare frottole! –
- Ma io non racconto affatto delle frottole! –
- Oh, si, invece! Soprattutto a te stesso! –
- Allora dillo tu, visto che ne sai più di me!- rispose stizzito. Ma dopo aver finito la frase si morse le labbra, sentendo che di aver commesso una sciocchezza interpellando lui stesso lo specchio.
- La vera ragione è che qualunque ruolo e qualunque personaggio ricopri è meglio dell’originale!
- C…che cosa?!...- mormorò appena.
- Hai capito bene: tu hai iniziato a recitare per non dover interpretare te stesso! – disse, completando la frase tirando un sorso dal suo bicchiere di whisky, senza smettere mai di fissarlo negli occhi.
- …anche perché – continuò – diciamoci la verità: sai che noia e che tristezza, interpretare te stesso? Cosa sei, dopotutto? Non basta mica scherzare con gli amici o avere dei poteri particolari, per far di te una persona speciale. Però ti fa onore, questa cosa di averlo capito subito: hai provato immediatamente a nasconderti dietro mille maschere, prima che gli altri vedessero chi sei realmente, i tuoi difetti, la tua vigliaccheria. E ti sei nascosto così bene da non sapere neanche più chi sei! Però hai un punto debole…
- E vuoi comunicarmelo per il mio bene? – disse ironico, sentendo tuttavia che stava iniziando a vacillare.
- Naturalmente! Devi saperlo! Rimane tra me e te, è inutile che fai il vigliacco davanti allo specchio, tanto non ti puoi liberare della tua immagine! – fece una pausa, come chi sta per fare un’importante rivelazione – Il tuo punto debole è che davvero non puoi proprio fare a meno di un ruolo o di un personaggio, altrimenti sei invisibile e fragile come un pezzo di vetro, incapace di amare e di farsi riamare! E lo sai qual è la prova? Che appena sei rimasto senza una parte da interpretare stavi affogando nell’alcool! –
- Questo fa parte del passato e non ho bisogno che me lo ricordi!
- Oh, no no! Questo è il presente! Tu non ti sei mai tolto il vizio, ti sei disintossicato a forza diventando un cyborg, ma il tuo cervello non ci ha lavorato neanche cinque minuti! E adesso sei solo come allora, senza un luogo dove nasconderti, senza un ruolo da interpretare, senza amore! –
- Non è vero! Non sono solo e so chi sono, non ho bisogno di un ruolo come dici tu!
- Se non sei solo, mi dici dove sono finiti i tuoi amici? Qui non vedo nessuno e non credo che arriveranno. E poi…chi sei?
- Sono il cyborg 007! –
- Bene! Allora un ruolo ce l’hai! Peccato che sia un po’ piccolo per nascondertici dietro! No, aspetta…tu credi di essere quello che hai detto e quindi…sei un numero?-
Bretagna avrebbe voluto rispondere qualcosa; non era quello che intendeva, ma neppure lui sapeva quello che avrebbe voluto dire. Il riflesso incalzò.
- Non c’è da meravigliarsi che una personalità inesistente come la tua si sia ridotta a immedesimarsi solo in un numero, assegnato semplicemente dal caso! Eri solo una cavia e ti hanno messo un numero. Il cyborg 007 non è una persona e neppure un personaggio: è il frutto di un esperimento e tu non hai più il tuo vero nome. –
- I…io…
- Dunque, ricapitoliamo: non hai mai voluto essere ciò che eri all’inizio e neppure ti ricordi più il tuo vecchio nome, non sei riuscito a essere fino in fondo ciò che volevi diventare e adesso sei solo uno strambo fenomeno con un numero al posto del nome. Detto questo…la rivuoi? – disse ondeggiando la bottiglia tra le dita. Breve pausa, poi riprese - No, troppo facile. E poi non ti aiuterebbe a ritrovare la tua vera immagine…- il riflesso nello specchio cominciò grottescamente a perdere i lineamenti, come una maschera di cera che si scioglie, e aggiunse con fare sibillino:
- Almeno non vuoi più essere un vigliacco, vero? -
Appoggiò la bottiglia ed estrasse la pistola.
Chang vide se stesso. Era proprio lui, con indosso la loro uniforme. Istintivamente, si guardò addosso: non ricordava di essersi cambiato e, infatti, si rese conto di portare ancora la camicia bianca che aveva usato quella mattina. Guardò di nuovo il suo riflesso nello specchio, inquietantemente dotato di vita propria.
- No, non è un sogno! – gli disse quello, chiarendogli immediatamente il dubbio che gli attraversava la mente e anticipando subito dopo la domanda che Chang stava per fargli - Perché sono vestito in questo modo? E come dovrei essere? Vorresti che indossassi gli abiti di quando eri un normale essere umano? Ma quelli erano gli abiti della miseria e sono l’ultima cosa che vorresti metterti addosso, non è così?
- Bella scoperta! Nessuno vuole essere povero e coperto di stracci, non ti pare?
- Certamente! E’ fuor di dubbio! Credo che ti sarebbe piaciuta di più la tua divisa da chef: ti fa sentire a tuo agio, comodo, importante; il simbolo del tuo riscatto sociale e la realizzazione delle tue ambizioni umane! Quindi continui a domandarti perché sono vestito da cyborg 006…
- Oh, tutto sommato non me ne importa proprio un bel niente! – sbuffò il cinese, tentando di sottrarsi anche lui a quella conversazione.
- Ti rispondo lo stesso: perché così sono esattamente ciò che sei e voglio mostrarti una cosa.
Senza lasciare a 006 il tempo di battere le ciglia, il suo riflesso emise la più potente vampata di fuoco che potesse mai uscire dalla bocca di Chang: era quasi come un enorme drago fiammeggiante che avvolse edifici, boschi e strade, riducendo tutto a un ammasso di cenere e detriti.
- C…che hai fatto?!? – esclamò Chang, scioccato.
- Ti ho ricordato quello che sai fare, il tuo vero potere adesso che non si più un comune essere umano. Cosa te ne fai delle tue vecchie ambizioni, se possiedi una cosa del genere?
- Non diciamo sciocchezze!! Non è questo ciò che mi piace fare! Io uso il mio potere solo per difendere i miei amici e l’unica cosa che voglio realmente è essere utile alle persone!
- Dov’è la tua utilità? Essere ciò che sei significa avere un potere enorme, ma fai finta di niente e pensi di essere insostituibile facendo cose che potrebbe fare chiunque!
- Se sei me stesso dovresti sapere bene che nessuno sa cucinare come me! – esclamò in un moto di orgoglio, provando tuttavia un inconsapevole brivido nel cuore, una paura legata al timore di non contare niente per nessuno e, al tempo stesso, un terrore per qualcosa che sapeva di avere dentro da sempre: ambizione, avidità, presunzione… tutto ciò che ricacciava nel buio per inseguire quella che riteneva la sua imprescindibile idea di “virtù”.
- Si, sei bravo a cucinare, ma cosa c’è di realmente speciale in questo? Il mondo è pieno di bravissimi cuochi! Solo tu hai il potere che ti ho appena mostrato e non lo sfrutti perché ti crei sciocche resistenze morali!
- Come fai a dire certe assurdità?! Una condotta retta non è da mettere neppure in discussione!
- Vuoi forse dire che preferisci fingere di non avere alcun potere ed essere solo uno come tanti?...anzi, più inutile di tutti gli altri!
- Io non sono inutile... – rispose a testa bassa, quasi sottovoce, come se stesse mentendo.
- Si, che lo sei – rispose il riflesso, questa volta con un aria mesta – Infondo sai di esserlo sempre stato.
Chang alzò lo sguardo e vide che l’immagine aveva cambiato aspetto: adesso indossava gli stessi abiti di quando era solo un povero contadino e, davanti a lui, apparve l’immagine di una forca.
- Da quanto tempo stai combattendo? – lo specchio pose questa domanda a Punma mostrandogli la sua immagine con indosso una lacera tuta mimetica. Punma non rispose, ma lo fece il suo riflesso.
- Da quando sei nato. Hai combattuto contro la fame, le malattie, i nemici della tua gente. Hai combattuto contro l’ignoranza e le superstizioni del tuo popolo, contro la voglia di arrendersi alle ingiustizie. Contro i pregiudizi delle persone, contro chi voleva farti schiavo o contro chi presume che sei “inferiore” per il colore della tua pelle…E hai preso in mano le armi già da ragazzino, sperando di difendere la tua famiglia e te stesso. Con scarsissimi risultati, direi! Adesso continui a combattere contro i Black Ghost, contro qualcosa che è immensamente più grande di te…ma non ti sto dicendo niente di nuovo, giusto? Questo lo sai già. Sai già che è una lotta impari, come tutte le altre, d’altronde.
- Dovrei smettere di lottare? Io non mi arrenderò mai!
- Lo so, però guardati indietro: cosa hai guadagnato? Cosa sei riuscito a far cambiare? Infine…quanto hai perso?
Davanti agli occhi di Punma passarono le immagini della sua famiglia trucidata, del suo popolo in continua lotta, del suo paese e della natura ferita a morte, dell’amore che aveva perduto a causa della sua condizione di guerriero e di cyborg e di tutte le battaglie che lui e i suoi amici avevano perso. Strinse i pugni e gli occhi gli si velarono inconsapevolmente di lacrime.
- Ciò che ho fatto…non serve a niente? -
- Ciò che hai fatto è solo una misera goccia nell’oceano. Sono tutti sforzi inutili, che nessuno riesce a comprendere.
- I miei compagni… loro ci riescono.
- Ti sbagli. Cosa fanno i tuoi compagni quando non ci sono situazioni di allarme? Tentano di vivere le loro vite. Non sono concentrati su un’unica missione, quella di salvare la loro terra. Non sono idealisti come te!
- Vuoi dire che…che sono solo? – questo pensiero lo fece tremare. La risposta arrivò glaciale.
- Si, lo sei. E sei stanco, lo sappiamo entrambi. Perché continuare? Lasciati andare e sarai libero. Resta qui dentro, lontano da tutto il male e dalle preoccupazioni. E, finalmente, cerca di non pensare a nulla e di essere sereno.
- Voglio… solo… che finisca!!
- “Joe Shimamura”. Non senti subito che qualcosa non va? Già nel tuo nome: sei sempre stato un diverso. –
L’ immagine di Joe iniziò a parlare al suo alter ego. Era uguale a lui, se non per i colori di ciò che indossava: una camicia scura, mentre quella di 009 era chiara.
- Non c’è niente di male a essere diversi!
- No, ma tu questo non lo pensi realmente, vero? O magari vale per tutti tranne che per te stesso. Altrimenti perché tutti i tuoi coetanei ti avrebbero sempre deriso? Perché hai sempre vissuto sulle difensive? E perché, una volta cresciuto, hai cercato con tanta testardaggine di farti valere con le automobili, tentando continuamente di essere il numero uno? Speri forse che la gente noti solo la tua abilità e non guardi più ciò che sei? Speri che tutti quanti dimentichino che sei solo un insicuro, uno che è stato chiuso in un riformatorio? In realtà ti vergogni di te a tal punto da invidiare perfino persone come Punma e Geronimo, così fiere di loro stesse e della loro origine, benché la loro vita sia stata molto più difficile della tua!
- SMETTILA!! Non sono più quel ragazzino!!
- Allora perché dentro di te invidi i tuoi amici? Perché non riesci a farti amare da nessuno? Perché le donne ti guardano solo superficialmente?
Joe capì che quell’interrogatorio conteneva le mille domande che stavano sepolte dentro di lui e rabbrividì, come se qualcuno lo avesse spogliato con la forza. Non poté fare altro che chinare il capo, incapace di dire nulla.
- Non rispondi? – lo incalzò il riflesso – Infatti non conosci la risposta. E’ tutto così irrazionale, sfugge al tuo controllo come del resto tutta la tua vita. Tu vorresti dominare gli eventi, dare una risposta a tutto, ma in realtà, ogni volta che ti interroghi, aumentano solo le tue domande. Forse perché sei incapace di guardare il tuo vero io, di riconoscere a te stesso i tuoi limiti e quanto non ti ami. E più cerchi di sfuggirti, più cadi nella tua stessa trappola: infondo ti è sempre piaciuta la velocità perché aveva il potere di sottrarti ai tuoi stessi pensieri. Certo non avresti mai immaginato di diventarne una vittima e nel modo più strano! Già, perché superata la barriera del suono la velocità ti riporta dentro di te…tutto rallenta di colpo e la tua vita si ritrova rinchiusa in un battito di ciglia interminabile, dove apparentemente sei padrone assoluto delle cose e hai il potere di cambiarle a tuo piacimento, invisibile allo sguardo di tutti…darebbe quasi i brividi di piacere, se non fosse che in quei momenti tu sei completamente solo. Una solitudine esclusiva e assoluta, dove le persone che ami non possono raggiungerti. Ironico, vero? –
Joe ripensò a quei momenti e all’idea di restarvi prigioniero dentro come era già successo una volta, ma mentre quelle parole stavano scavando in lui un pozzo di angoscia, gli venne in mente l’immagine di Françoise e sussurrando disse qualcosa:
- Lei…in qualche modo è come se fosse con me sempre…
- Lei la perderai. Ci sono mille ragioni per cui non puoi averla e tutte ugualmente valide.
- LO SO! – gridò esasperato. – Ma non ha importanza! Mi basta anche solo starle accanto come adesso e proteggerla.
- Già. Dopotutto fare la guardia del corpo è l’unica cosa che ti si addice davvero. Userai la tua forza, che poi è semplicemente frutto di un esperimento! E’ con quella che ottieni le tue vittorie. E’ grazie a quella che pensi di avere degli amici. I tuoi compagni ti stanno vicino semplicemente perché sanno che da soli non sfuggirebbero al nemico…oppure…perché in fondo hanno paura di te? Sei solo. Lo sei da quando sei venuto al mondo. Accetta la tua solitudine e resta con lei…soffrirai meno! Oppure, se mi stai odiando realmente, distruggimi!
PARTE IV
Rabelais sapeva che non bisognava per forza spararsi un colpo alla testa: bastava solo cedere alle lusinghe dello specchio, per morire: abbandonarsi a ciò che si voleva essere, unendosi alla propria immagine ideale, ascoltare nel bene e nel male il proprio ego o cercare di uccidere il proprio odiato riflesso. Era troppo facile e…inevitabile. Era crudele e geniale: trasformare l’odio verso se stessi, la rabbia, la frustrazione o la tristezza in un’arma. E, dopotutto, lo aveva già detto: non siamo noi stessi i nostri peggiori nemici? Paradossalmente, quel pensiero di trionfo non la consolava in quel momento, con Ivan che le leggeva i pensieri, pronto a ucciderla non appena il primo dei cyborg 00 fosse morto.
Joe era quasi soggiogato: ascoltare quella figura era come ascoltare la voce che continuamente gli parlava da dentro…non era una voce nuova, già la conosceva, ma qui gli sembrava deformata, incompleta, eppure vera, credibile. Non seppe come fu, ma inaspettatamente quelle considerazioni gli fecero venire in mente un passo del libro che si era fatto prestare da Bretagna:
“ Le sirene non sono ingannatrici, ma voci dal profondo: esse conducono davvero coloro che le ascoltano alla meta: un abisso… Chi le ascolta prova disperazione simile a rapimento; c’è la traccia seduttiva di un inizio, di una porta che sia apre su qualcosa che ci aspetta. E’ un canto disumano, estraneo all’uomo e sommesso, tale da ridestare quel piacere estremo di cadere. Cadere giù, nel fondo. Nella corrente della malinconia.
La seduzione esercitata dalle voci delle sirene è legata non a un inganno, ma alla promessa che esse fanno: il raggiungimento del sapere.
Quando Ulisse decide di ascoltare la voce delle sirene, va incontro al proprio autentico sé, alla propria voce interiore. Gli uomini non sono liberi e potenti soggetti che indagano, ma soggetti sedotti dagli oggetti della conoscenza (gli astri, la natura, l’arte, etc…), che ci conducono fuori da noi.
Le sirene sono messaggere di ciò che nel profondo desideriamo. O dovremmo desiderare. O da cui, forse, rifuggire.
Eppure, per alcuni, le sirene mentono: chi le ascolta non si arricchisce di sapere, ma diventa parte di un cimitero, restando su una spiaggia tra rocce e sassi, a morire di fame in eterna pausa ipnotica. Ascoltare queste voci, altrove, si trasforma in peccato, atto di superbia, segnale della debolezza di un animo che non resiste alla seduzione di un sapere oltre la sua comprensione. L’uomo deve saper fermarsi prima di veleggiare verso il mare aperto, spazio del pericolo.
Le sirene sono dentro di noi. Noi ci specchiamo in loro. Sono sempre in agguato quando la mente non è vigile.”
- Forse sono davvero come Ulisse…e adesso sto ascoltando le sirene…- quel pensiero lo fece come risvegliare - Le sirene…Si, è vero: è come essere in mare e affrontare le sirene!... Quindi…cosa devo fare? Devo ascoltare, ma non devo cedere!
- Cosa c’è, pensi che io ti stia mentendo? – domandò lo specchio, come se per un attimo si fosse scollegato dalla mente del ragazzo.
- No. So che mi stai dicendo il vero. E’ semplicemente la conclusione alla quale questa verità dovrebbe portarmi, che non mi convince! – ora sulle labbra di Joe apparve un leggero sorriso, mentre l’espressione del suo riflesso si fece cupa.
- Ne conosci una diversa?
- “Ama ciò che sei”…Chi lo disse? E’ tutto qui! – rispose ricordando ciò che una volta gli aveva detto Punma: “Devi essere sempre fiero delle tue origini”
“…a meno che tu non sia il figlio di Hitler!” (questo era G.B.!).
Joe fu il primo a comprenderlo: per far cessare tutto, non doveva “uccidere” la sua immagine, ma, semplicemente, distruggere lo specchio…bastava abbattere la cornice!
Guardò la sua immagine negli occhi. Allungò semplicemente la mano, senza paura, odio o rancore e, con la punta delle dita, spinse giù lo specchio, che andò in frantumi.
Ulisse era momentaneamente sopravvissuto alle sirene. Improvvisamente pensò che anche gli altri dovevano essere in quella situazione, che doveva in qualche modo dire anche a loro come liberarsi e gridare loro che, come lui, non erano soli!
“001, riesci a sentirmi?? Sono…sono Joe! IVAN, ASCOLTAMI!!!”
Il bambino captò immediatamente la voce dell’amico: gli parlava nella mente, mentre il corpo di 009 dava un debole cenno di volersi svegliare.
001 fece un ulteriore sforzo e la sua voce arrivò nelle menti dei compagni, che guardarono lo specchio con occhi nuovi.
- Non voglio distruggerti. Non voglio distruggermi. – disse Jet, sentendo misteriosamente placare l’odio che aveva provato un attimo prima.
- Hai ragione.- disse Chang – Forse sono davvero un buono a nulla. E, se pure non conto per nessuno, non importa. E sai perché posso accettare la verità su me stesso? Perché l’unica cosa che conta è l’impegno che metto nel superare i miei difetti e le mie meschinità!
- Si, è vero: io sono questo. – Albert guardò la sua mano - Ma infondo ci sono persone che guardano oltre la mia apparenza. Ho ancora qualcosa da fare, prima di morire!
- Non importa se non potrò essere ciò desideravo. – Geronimo si congedò mentalmente da quell’immagine di se stesso - Sono già ciò che voglio realmente essere!
- Non è come dici. – disse Bretagna, abbassando la pistola che teneva appoggiata alla tempia - Io so chi sono: sono un buffone. E me ne vanto, perché ho deciso che è meglio far ridere la gente che essere patetici passando il tempo a ricordare i fallimenti. Dopotutto, posso sempre migliorare e, per farlo, non devo morire!
- Sono stanco, ma non mi arrenderò lo stesso! – Punma ritrovò con fatica il suo spirito guerriero – Perché, anche se ciò che faccio è una goccia nell’oceano, l’oceano intero è fatto di gocce d’acqua!
- Tu non ci sei più. – lo sguardo di Françoise rivolto allo specchio era consapevole e incredibilmente malinconico - Ma non ho rimpianti!
Gli specchi caddero lentamente uno ad uno. Un rumore assordante di vetri in frantumi riempì la mente di tutti loro…un dolore nel cuore, nella testa, mescolato a un senso di liberazione, unito alla strana sensazione di essersi riuniti a se stessi, “riassorbendo” il proprio “ego”.
Uscendo da quella dimensione parallela, si resero conto di essere sdraiati sul pavimento del soggiorno e iniziarono lentamente a risollevarsi.
Rabelais era spaventata e incredula.
- Non è possibile…come possono delle persone così fragili e imperfette aver fatto questo?!
- Qualcuno dovrebbe insegnarti che spesso le fragilità delle persone sono anche i loro punti di forza!- disse Joe fissandola negli occhi che oramai avevano perso la loro spavalderia.
- …E dovrebbero anche insegnarti ad ammazzare i nemici in modo meno teatrale: sei peggio di 007! – sentenziò Jet, puntandole contro la pistola, mentre con l’altra mano premeva le tempie per sedare la potente emicrania che la trappola di Rabelais aveva lasciato come strascico.
La ragazzina aveva fatto un errore fin dal principio: dimenticare di assoggettare Ivan. Lo aveva trascurato anche perché pensava che con un neonato sarebbe bastato un semplice tocco per innescare il sistema; purtroppo per lei, non solo quel tocco non era bastato, ma il bambino era esploso nella sua rabbia. Erano state le sprezzanti parole con cui gli aveva ricordato la fine di sua madre, o il vedere ciò che stava facendo a tutti gli altri, “la sua famiglia”, appunto…oppure anche il fatto che, per una frazione di secondo, anche 001 stava visualizzando lo specchio…e in quello specchio c’era un adolescente con occhi trasparenti e i capelli chiarissimi che lo guardava con malinconia. Resta il fatto che i poteri di Ivan erano troppo forti per tenerlo relegato in quella dimensione più di una frazione di secondo e i poteri di Rabelais erano stati usati su di lui in maniera incompleta…e ora la rabbia del piccolo cyborg le si sarebbe riversata addosso in modo spietato e selvaggio, come solo la rabbia provata da un bambino poteva fare.
- Ormai non hai scampo! Non ti perdonerò! – disse Ivan, con un tono da far gelare il sangue ai suoi compagni. Joe non poté non intervenire.
- 001, è solo una ragazzina…
- 009, anch’io sono solo un bambino?
- Si, ma…- non riuscì ad aggiungere altro, un po’ perché la frase di 001 lo aveva spiazzato, un po’ perché, sollevandosi a fatica da terra, 003 stava lanciando un allarme:
- Arrivano! I soldati dei Black Ghost sono qui!
Mentre 003 avvertiva i compagni, due cyborg con la divisa scura avevano sfondato la porta d’ingresso e iniziato a sparare.
Ivan fu costretto a difendere se stesso e il professore dai proiettili generando una delle sue barriere invisibili, mentre gli altri si sottrassero prontamente ai colpi rispondendo all’attacco. Rabelais colse l’attimo per sparire come uno spettro.
- Almeno affrontiamoli fuori dalla casa, altrimenti ci toccherà rifare tutto il restauro da capo!- disse 007, cercando di precedere all’esterno il piccolo drappello di nemici che seguiva i due soldati ormai resi innocui.
- Ma cosa diavolo ce li mandano a fare? – ringhiò 004 – Cercano di non farci passare l’emicrania?
In effetti l’attacco dei Black Ghost fu respinto in meno di un minuto, ma era servito all’unico scopo di far fuggire Rabelais, cosa che fu evidenziata da 002:
- La stronzetta è riuscita a scappare!
- Tanto, gira e rigira, con Joe che non voleva farle niente, l’avremmo comunque lasciata andare! – sbuffò Albert.
- Dici? Io mi sarei accontentato semplicemente di riempirla di botte! – disse l’americano.
Abbassarono le armi, guardandosi gli uni gli altri. Passata la scarica di adrenalina, furono investiti dalla spossatezza della vera lotta che avevano affrontato poco prima.
- Cosa abbiamo visto realmente? – domandò 008 - Eravamo proprio noi o una nostra deformazione?
- Credo che fosse realmente una parte di noi, quella che abbiamo incontrato. – rispose 004 – La trappola non poteva funzionare, se il riflesso non avesse detto la verità. Ma solo una verità parziale: noi siamo molto più complessi di quell’immagine!
- Abbiamo superato lo scoglio delle sirene e siamo salvi, per adesso: non ci siamo fatti tentare! – concluse 007.
- Dalla morte? – sorrise Albert.
- Perché, non è una tentazione alle volte? – rispose allontanandosi un poco dagli altri.
Chang era ancora scosso ma, come sempre, il suo primo pensiero erano i compagni e raggiunse 007.
- Stai bene? Quel maledetto specchio è stato una prova terribile!!
G.B. sospirò, camuffando il suo disagio dietro un sorriso malinconico.
- Ha ragione 004, lo specchio non mentiva: ho sempre avuto difficoltà a capire me stesso e, contemporaneamente, ho sempre osservato molto le persone…sembrava una specie di passatempo, ma dentro di me mi impossessavo dei loro atteggiamenti, della loro voce, del loro modo di vivere …era come se, riuscendo a riprodurre alla perfezione ogni singola caratteristica di chi guardavo, riuscissi a impadronirmi della sua vita e così fuggire dal mio vissuto per rifugiarmi dentro a un altro…ero, in un certo senso, una specie di vampiro: meglio capire i personaggi che dovevo interpretare che vivere la mia vita! E poi, infondo…cos’ero veramente? Senza un ruolo non mi avrebbero neppure notato! Diventando un cyborg ho solo accentuato tutto questo. E di ruoli ne ho cambiati così tanti che certe volte mi sembra di essere morto e rinato almeno un milione di volte!
- Mi stupisce sentirti parlare così: generalmente ostenti sempre le tue qualità!
- Oh, quello! Un altro personaggio: perfino chi non sa neppure cosa sia la psicologia capirebbe che, nella maggior parte dei casi, quelli che ostentano qualcosa stanno proprio cercando di nascondere qualcos’altro! Guarda Geronimo, per esempio: lui non ha bisogno di mostrare al mondo la sua forza e i suoi muscoli; si capirebbe che è forte anche se indossasse un sacco di patate!- fece una pausa - Comunque, la cosa peggiore è stata sentirsi rinfacciare i propri sbagli, specie quelli a cui non si è potuto rimediare…Se guardo la mia collezione di errori, certamente i più grossi sono due: aver lasciato Sophie e aver cominciato a bere. Non so quale mettere al primo posto! -
- Oh, lascia perdere le classifiche! Adesso è finita. Come ti senti?-
- Meglio…a parte una nausea terribile! –
- Già. Immagino. Posso aiutarti in qualche modo?
- Senti, so che è infantile, ma…ho bisogno di sentirmi dire da qualcuno “ti voglio bene”!
Chang sospirò.
– Lo sai che è così.
Bretagna lo guardò con un sorriso pieno di gratitudine.
- Tu sei insostituibile! –
- In effetti…senza di me non cucinerebbe nessuno! – osservò, cercando di camuffare la tristezza con l’ironia.
- No, non in quel senso! Cavolo, certe volte penso che se non ci fossi tu sarei già morto!
- Bè, ci aiutiamo tutti tra noi…saresti più morto se non ci fosse Joe!
- Si, ma lui non mi maltratta quanto te quando me lo merito, quindi…ti devo la vita più che agli altri!-
- Non capisco il nesso…secondo me sei ancora sotto shock!- affermò Chang, sentendosi del tutto rincuorato dalle parole che gli erano state rivolte.
007 ridacchiò davanti a questa affermazione e cercò di rimettersi in sesto continuando a massaggiarsi le tempie. Per un istante gli tornarono alla mente alcune parole dello specchio e si rivolse all’amico con una specie di ansia.
- Senti…tu sai chi sono, vero?-
Il cinese si girò di scatto guardandolo allarmato.
- Hai un’amnesia?!! Presto, dobbiamo dirlo al dottor Gilmore!! –
- No, no, che hai capito? Dicevo in senso esistenziale! –
La faccia di Chang si fece collerica.
- Vuoi sapere chi sei?? Sei un idiota!!
Un paio d’ore dopo qualcun altro stava passando momenti molto brutti dentro il quartier generale dei Black Ghost.
Rabelais, affiancata dai due scienziati che ne avevano “curato” il progetto, tremava, con gli occhi bassi, di fronte alla figura enorme e collerica di Scarl.
- Ti prego, signore, non distruggerla! – supplicava uno di essi – E’ vero, ha fallito con i cyborg 00, ma i suoi poteri sono sempre utili: molti nemici dell’organizzazione possono essere uccisi senza destare alcun sospetto!
- E sia: le risparmierò la vita, ma non incontrerà mai più i cyborg 00!
Era stata una battaglia apparentemente meno impegnativa di altre, ma, come in tutte le battaglie, non sarebbero scomparsi immediatamente i segni della lotta.
Quella sera un po’ tutti erano giù di tono, anche se ognuno cercava a modo suo di tranquillizzare gli altri. Chang e Bretagna si sforzavano di fare le loro battute come al solito, Geronimo appariva imperturbabile e rassicurante come sempre e Albert non fece mancare qualcuno dei suoi sorrisetti ironici quando si raccontavano le rispettive “esperienze”… in un certo senso fu meglio per tutti che Soledad fosse stata invitata fuori a cena dai figli dei signori Klopas, che volevano festeggiare così il loro rientro e sdebitarsi per la cortesia di aver “scortato” i genitori: se la ragazza fosse stata presente, si sarebbe subito accorta che qualcosa non andava e avrebbe fatto domande…oppure avrebbe involontariamente costretto tutti a fingere uno stato d’animo che non avevano. Invece, senza presenze esterne alla squadra, ognuno poteva sentirsi libero fare e dire ciò che voleva.
- La cosa più brutta è stata…sentirsi totalmente soli! – disse 008. Aveva davvero bisogno di parlare e, a differenza degli altri, sapeva bene quanto il silenzio potesse essere autodistruttivo.
Françoise annuì tenendo lo sguardo basso, come se, stranamente più di tutti, fosse ancora chiusa in se stessa.
- Sentirsi soli è un sentimento troppo diffuso per essere esclusivo – disse Bretagna – e il fatto che ci accomuni tutti, paradossalmente, dovrebbe farci sentire molto in compagnia!
- Veramente quello che dovrebbe farci sentire davvero molto in compagnia sono le teste dure che abbiamo! – disse Chang – Senza quelle non ci saremmo mai ritrovati!
Gli amici sorrisero: infatti era la testardaggine, nel bene e nel male, il vero elemento che accomunava tutti i membri della squadra, indipendentemente dalla latitudine, dalla cultura e dall’età! Avessero dovuto fare una gara per stabilire la testa più dura, la competizione sarebbe stata ardua e piena di colpi di scena!
- Forse è vero. – sorrise Albert – Questo dovrebbe decisamente non farci sentire soli!
- Vi ricordate cosa provavamo l’uno per l’altro, all’inizio? – disse 007 - Una gamma di sentimenti che andavano dall’indifferenza reciproca alla diffidenza, se non all’antipatia! E adesso eccoci qui, a non poter più fare a meno di stare insieme!
- Tu parla per te! – rispose Jet, stappando a tutti una piccola risata. Poi girò lo sguardo verso Françoise – Dopotutto, non abbiamo molto di cui rattristarci: abbiamo vinto una lotta contro il peggiore dei nemici: noi stessi! Senza contare che ancora una volta l’abbiamo messa nel culo ai Black Ghost!
Davanti all’ostentata volgarità dell’amico, gli altri non poterono fare a meno di ridere.
- Hai ragione. – disse Punma – Fermarmi a ricordare troppo quello che mi è accaduto mi stava impedendo di vedere il risultato finale. Grazie, Jet! –
Il sorriso grato di Punma risollevò persino Françoise: tutti loro conoscevano bene l’amico e sapevano quanto la non accettazione di ciò che era lo portasse spesso in stati depressivi; 008 era abituato da sempre ad affrontare le difficoltà senza mai fermarsi, senza mai cedere alla debolezza, come se dovesse continuamente dimostrare qualcosa agli altri, proteggerli e dare loro sicurezza, ma questo sforzo costante non faceva altro che renderlo più fragile quando il suo cuore veniva messo a nudo.
La serata si stava facendo fresca e i grilli cantavano come sempre.
Chang iniziò a sparecchiare. Françoise si alzò dal suo posto, avviandosi verso la sua stanza.
- Vi chiedo scusa, vorrei andare in camera mia. Chang, prometto che domani farò tutto io!
- Stà tranquilla, qui c’è un sacco di gente! Riposati pure!
- Ma certo! – incalzò Bretagna – Ardiamo tutti dal desiderio di farci sfruttare da Chang!
- Guarda che io non sfrutto proprio nessuno!!
La ragazza sorrise e salì di sopra.
Joe diede una mano agli altri e poi si congedò per fare una passeggiata sulla spiaggia sotto la luna.
Punma lo guardava dalla terrazza, lasciandosi scappare un commento.
- Povero Joe, quando non si sa niente delle proprie origini si è destinati a portarsi sempre dietro mille interrogativi…
- E allora? – fece Jet – Mica è l’unico! Quando sei un figlio di puttana come me, non puoi neppure essere certo di quale sia il tuo vero padre!
- Si, ma almeno tu conosci la tua famiglia! Un conto è non conoscere nulla, un altro è perdere la famiglia quando si diventa adulti…Peccato non sia stato il mio caso, dato che ho perso i miei troppo presto!
- Neanche il mio – commentò Bretagna - mio padre, quando se ne andò che era molto giovane, disse che mi stavo portando un po’ avanti col lavoro!
- Spiritoso come te?
- Un bel po’, da quel minimo che mi ricordo: non ci ho mai trascorso troppo tempo, in verità…Ma credo che per Joe sia davvero brutto non sapere nulla!
- Certe volte è brutto anche sapere! – ribatté 002 sbuffando - E poi non capisco perché lui debba sempre essere compreso e compatito più degli altri!
- Bè, perché lui è indubbiamente molto più sensibile di tutti noi… E poi, nel tuo caso specifico, tu sei quello tosto e duro, no?- sorrise Punma -...O, per lo meno, è quello che cerchi sempre di dimostrare!
- Già. – bofonchiò Jet, girandosi verso Bretagna - …com’è quella frase che dici sempre tu?
- “Chi è causa del suo mal pianga se stesso”?
- Si, proprio quella! – fece una pausa – Bene! E adesso che è tutto finito, possiamo pensare al numero di persiane da rimettere a posto domattina!
Tutti sapevano che il buio della notte si sarebbe portato via anche quella storia.
Joe ritornò dalla sua passeggiata quando gli altri erano già andati nelle loro stanze. Da lontano vide che i signori Klopas erano rientrati e le luci nelle camere del piano di sopra erano rimaste accese un po’ più a lungo del solito. Di Soledad, invece, nessuna traccia: evidentemente, vista l’ora, aveva pensato di tornare direttamente al suo alloggio.
Attraversò il pergolato illuminato solo dalla luna ed entrò in casa. Non accese la luce mentre attraversava distrattamente la veranda e quasi si spaventò quando urtò contro Françoise che tornava in camera sua con una tazza di camomilla.
– S…scusami! – esclamarono praticamente a unisono.
- Io…scusa, non ti ho vista!
- Io ti ho visto, ma pensavo che la cosa fosse reciproca! – rispose lei sorridendo - …comunque non preoccuparti, la tazza non si è rovesciata!
Joe si sentiva un poco mortificato. Per scusarsi le prese la tazza calda dalle mani e si offrì di portagliela di sopra in camera.
Salirono insieme le scale e, quando furono davanti alla porta, le restituì la camomilla. In quel passaggio si guardarono per un attimo negli occhi. Quella sera Joe non aveva nessuna voglia di lasciarla sola, eppure si sarebbe guardato bene dal dirglielo.
“Lei la perderai. Ci sono mille ragioni per cui non puoi averla e tutte ugualmente valide.”
Si accigliò e scosse il capo ricordando le parole dello specchio. In realtà era ciò che lui pensava realmente, ma quella volta non riuscì ad abbandonarsi a quel convincimento perché Françoise sorprese lui e se stessa con una richiesta:
- Resta con me, stanotte. Voglio dire…solo se non ti secca!
“Che sciocca!” pensò mezzo secondo dopo aver parlato “Ora mi considererà davvero come una bambina piagnucolosa…aveva ragione lo specchio!”
- Perché dovrebbe seccarmi? – domandò Joe, immaginando quanto la sua riservatezza potesse venire scambiata per scontrosità – Sei la sola persona al mondo con cui non mi stancherei mai di passare il tempo!
Dopo aver detto quella frase arrossirono entrambi e a entrambi venne in mente che se Jet fosse stato lì in quel momento, li avrebbe definiti due casi patologici!
- Ehm…comunque, a dire il vero, anch’io stanotte sento il bisogno di stare in compagnia…ti ringrazio per avermi invitato a stare con te. – sorrise chinando un poco il capo, in quella sorta di gesto di circostanza tipicamente giapponese che gli veniva sempre automatico. Françoise annuì rassicurata ed entrarono in camera, mettendosi a sedere sul letto appoggiato contro il muro nell’angolo vicino alla finestra.
- Stasera non sono stata di grande aiuto a Chang…Nonostante tutto, lui si dà sempre un sacco di da fare per tutti! Almeno avrei dovuto aiutare voi a risistemare tutto il caos che la battaglia ha creato in casa…mi dispiace!
A Joe sfuggì una risatina.
- Bè, intanto è buffo che, dopo quello che abbiamo passato, ti preoccupi del disordine, e poi non sei tu l’unica ad avere il dovere di risistemare la casa! Dovresti riposarti un po’ di più e preoccuparti di meno, soprattutto considerando che tutti gli altri giorni siamo noialtri gli artefici del caos domestico!
- Forse lo faccio perché a casa dei miei genitori vedevo che mia madre era la sola a rimettere sempre tutto in ordine e, quasi automaticamente, io diventai la sua aiutante; a Jean Paul, invece, non veniva chiesto nulla, un po’ perché non c’era mai, un po’ perché il vecchio luogo comune delle famiglie tradizionaliste voleva che i maschi non si occupassero delle faccende domestiche! Comunque riconosco che certe volte il “ruolo” mi andava piuttosto stretto: quando mio fratello veniva a trovarmi nel mio appartamento mi chiedevo come facesse Biancaneve a tollerare le abitudini di sette uomini, dato che io faticavo a star dietro a quelle di uno!...e adesso mi ritrovo con nove uomini, mettendoci anche Ivan e il professore!
- Dev’essere proprio terribile, lo so! – canzonò il ragazzo, guardandola con tenerezza.
- …invece no! – rispose lei dopo una piccola pausa, facendosi leggermente seria – Non è pesante, quando vuoi bene alle persone che vivono con te. E poi…infondo ho sempre pensato che, essendo completamente inutile in battaglia, almeno avrei potuto dare un contributo migliore occupandomi di voi nella vita quotidiana!
- E’ così che ti senti? Inutile? – Joe la guardò con un misto di tristezza e stupore.
La ragazza annuì.
– Credo sia normale sentirmi in questo modo, considerando tutte le volte che mi caccio nei guai!
- Tu lo sai quante volte i nemici avrebbero potuto coglierci di sorpresa se non ci avessi avvertiti immediatamente? Hai salvato la vita di tutti noi innumerevoli volte e neppure te ne rendi conto!
Questa volte a parlare era 009 che guidava le decisioni del gruppo in battaglia: aveva lo stesso tono serio e quasi severo, mentre le rimproverava quel pensiero di sciocca autocommiserazione.
- I…io…Grazie Joe!
- Non voglio che pensi cose ingiuste su di te. E poi… anche io ho sempre commesso tantissimi sbagli. Sai, invidio le persone che non hanno mai fatto errori, che hanno una visione chiara della loro vita… Certe volte mi sembra che essere privi di radici sia una menomazione capace di bloccare qualunque ambizione futura… E avere un destino di battaglie rende questo ancor più pesante…
- E’ il destino di tutti noi…- rispose stringendogli la mano. Era davvero raro che 009 si lasciasse andare a uno sfogo con qualcuno.
- Non doveva capitare a te: eri l’unica tra noi ad avere un futuro luminoso…- ribatté con amarezza, pentendosi subito dopo: non voleva rigirare il coltello nella piaga.
- Ormai…non ha più importanza. E poi aver incontrato una persona come te mi ha in parte ripagato di tutto! -
- Io? – scosse il capo con disappunto, incredulo – Come fai a considerarmi una specie di indennizzo? Ci sono miliardi di persone molto migliori di me, e non devono neanche sforzarsi molto, per esserlo!
- Personalmente, non ne ho mai conosciute! – questa volta gli occhi di Françoise erano pieni di sincerità e determinazione. Era scomparsa ogni ombra di timidezza.
Joe continuò a scuotere il capo, questa volta colmo di riconoscenza. Si domandò come riuscisse quella ragazza a far passare tutte le insicurezze e le ossessioni del suo animo tormentato.
Stettero un poco in silenzio, ascoltando il verso lontano di una civetta e il canto dei grilli, accompagnati dagli odori della notte, mentre Françoise sorseggiava la sua camomilla. A un certo punto lei si fermò, guardando un punto nel vuoto e dando voce ai suoi pensieri.
- Tu pensi che un giorno tutto questo finirà? Pensi che anche noi potremmo avere delle vite normali?
- Non lo so. Lo spero.
Le strinse la spalla, abbracciandola leggermente come avrebbe fatto per incoraggiare chiunque altro, ma lei non era “chiunque altro”! Quasi senza rendersene conto, si ritrovò ad accarezzarle la pelle calda e vellutata e le sue dita indugiarono a lungo sotto al tessuto delle spalline sottili del suo abito…sarebbe bastato solo un piccolo movimento per abbassargliele e godere completamente della bianca morbidezza di quelle forme…
“Non posso. Sarebbe come approfittare della sua fiducia, del suo momento di debolezza… Anche se resistere a questo richiede molta più forza di quella che mi è servita per affrontare l’ultimo scontro!”
Sospirò, ritirando la mano, cercando di nascondere il lieve tremito che si era impossessato del suo corpo. Tuttavia non riuscì a mantenersi distaccato trattenendo completamente le sue azioni e le accarezzò i capelli, avvicinando a sé il suo capo.
Françoise appoggiò la testa sul suo petto, rannicchiandosi su di lui. In quel momento non le importava quello che poteva accadere tra loro, o cosa pensava realmente il suo compagno di squadra: sapeva che erano vicini, vicini davvero. Poteva sentire il cuore di Joe battere all’impazzata e, dentro di se, avvertiva la consapevolezza di non essergli indifferente: si sentiva amata, anche se non le era stato detto.
Pensò che se non esistono momenti perfetti, quello ci si avvicinava moltissimo.
Jet aveva un’aria indecifrabile quando, scendendo in cucina la mattina seguente, si accostò a Fran che preparava il caffè.
- Lo sai che la tua amichetta spagnola ha passato la notte qui?
- Eh? Dici sul serio?-
- Certo! L’ho vista all’alba che sgattaiolava dalla veranda infilandosi la canotta e, quando l’ho chiamata, ha fatto finta di niente ed è corsa via!
- E che significa?
- Come sarebbe che significa? E’ ovvio! La signorina si è scopata qualcuno ed è fuggita via per nascondere la cosa! Ora la domanda è: con chi ha fatto sesso stanotte?
La ragazza divenne aragosta! Avrebbe evitato volentieri la domanda di Jet, se questa non le fosse stata rivolta a un decimetro di distanza!
- Hem… con te? – fece timidamente.
- NO!! Non hai sentito quello che ti ho raccontato?! E poi, se fosse venuta con me, avrei detto tutto in modo trionfale, senza tanti inutili giri di parole! Il punto è proprio questo: se non me, chi???-
- Jet…non prendertela, ma guarda che non è del tutto impossibile che una donna possa preferire un altro a te!
- Questo è tutto da vedersi! Comunque un sospetto ce lo avrei: è certamente stata con Joe!! …Quel dannato belloccio!!
- No, Joe non c’entra niente!- si fece sfuggire in modo concitato, mordendosi le labbra subito dopo. Ma ormai Jet aveva capito tutto!
- Senti senti…- fece con un sorrisetto – e come mai ne sei così sicura?
- P…perché…ecco…-
L’arrampicata sugli specchi era difficile, ma Jet la bloccò ancor prima che potesse scivolare miseramente!
- Non è che per caso avete trascorso la notte insieme?
- Veramente…si, ma non è come pensi! Noi…abbiamo solo parlato!
Jet scosse il capo coprendosi la faccia.
- Sai qual è la cosa buffa? Che quasi ti credo! Poi ne dico quattro, a quello scemo di 009!! Vabbè, ora basta: mi devo concentrare! Allora…
Si mise a disegnare alla lavagna attaccata accanto al frigo una serie di pupazzetti elementari, ma molto ben riconoscibili per altezza, corporatura, capelli e... mancanza degli stessi!
-…escludendo me, il nonno e il poppante… allora, escludendo pure te e Joe…Ci rimangono cinque possibilità!
Françoise iniziò a sentirsi seriamente imbarazzata: mai, prima di allora, si era messa a immaginare che i suoi amici potessero avere a che fare con “situazioni” di quel genere! In quel momento Bretagna scese dalle scale.
- Buongiorno a tutti!
- Ieri notte ti sei fatto la spagnola?- domandò Jet a bruciapelo.
- C…che dici? E poi, anche se fosse, un gentiluomo non rivelerebbe queste cose! Comunque…no!
A Fran venne in mente la scena di G.B. che si congedava da Soledad:
“Non tema, milady, con me il suo segreto è al sicuro!”
Scosse subito il capo davanti a quel pensiero; intanto 007 era uscito e Jet faceva una croce sul pupazzetto pelato.
- Neanche lui! E se fosse stato 004?
La ragazza ebbe un secondo flash, con Soledad che diceva: “Promettimi che non lo dirai ai tuoi amici!” e Albert che accennava semplicemente un sorriso: era ovvio che non avrebbe parlato con nessuno!
- …se è stato lui non lo direbbe neanche sotto tortura!! E pure 008: quello non parlerebbe mai!! AAARGH!! Come faccio a scoprirlo?!! Aspetta: però 007 è bravo a fingere, quindi non posso essere certo che non sia stato lui! – cancellò la x dal pupazzetto - …però lui, sotto tortura, parlerebbe! E se fosse un insospettabile?
“Un insospettabile?”
- …Tipo Chang: non dà l’idea di fare certe cose, invece, magari, è proprio lui! Li ho visti, l’altro giorno, mentre si scambiavano ricette in cucina! E, si sa, cibo e sesso sono collegati!
Nuovo flashback:
“Giura che non parlerai con nessuno!”
“Cara, figurati se lo vado a raccontare! E poi neanche mi crederebbero!”
- Jet, ora basta!! E’ proprio il caso che la smetti!!
- …Però potrei sempre torchiare Chang! Se ha fatto qualcosa lo si capirebbe dalla faccia imbarazzata!
- Jet, se gli parli di questi argomenti, avrebbe comunque la faccia imbarazzata!
- Maledizione, è vero!…Se è stato Geronimo, non lo saprò mai!! A lei piaceva, Geronimo: lo spogliava con gli occhi!! …e non doveva neanche metterci troppo impegno, dato che era già mezzo nudo!
Fran immerse la faccia tra le mani. Le tornò in mente una frase di Soledad: “Una signora può anche darsi alle orge, basta che nessuno lo venga a sapere!”
“No, pure le orge, adesso??!”
- …Che poi, volendo metterci tutto, non è che è stata a letto proprio con te e hai tirato in ballo Joe per nascondere i tuoi veri gusti? Oppure avete fatto le cose sporche in tre?
- JEEET!!!
- Scherzavo! E’ troppo contorta, come situazione! Ok, a questo punto potrebbe anche rientrare il nonnino! Magari lei è una specie di missionaria!
- ORA E’ PROPRIO IL MOMENTO CHE LA SMETTI!!
Jet era una delle persone più sfrontate che Françoise avesse mai conosciuto! Non si poneva alcun problema a dire ciò che pensava per quanto fosse sconcio o sconveniente! L’esatto opposto di Joe, anche se, infondo, erano accomunati dal fatto che entrambi diventavano molto taciturni quando gli eventi li toccavano nel profondo.
Jet aveva un approccio molto diretto con le ragazze e sapeva di piacere; anzi: sapeva che, anche quando non piaceva loro, sarebbe riuscito a girare la situazione a suo favore! Anche Joe, da quello che le era parso di notare, era un gran conquistatore, ma sembrava quasi inconsapevole di esercitare attrazione sul gentil sesso.
Possibile che neanche si rendesse conto di ciò che le donne provassero per lui? Oppure faceva finta di niente per una forma di timidezza? Si, perché paradossalmente, nonostante lui fosse naturalmente sicuro di sé e spontaneo nel relazionarsi con le persone, le cose cambiavano nel momento in cui si capacitava di un sentimento che qualcuno nutriva nei suoi confronti… E con lei? Aveva capito e faceva finta di niente o semplicemente pensava che fosse normale amicizia?
Avevano trascorso insieme quella notte e, superati i primi momenti, era stato così naturale restare abbracciati nella penombra. Lui era la cura di tutte le sue ferite psicologiche. Si erano avvicinati tanto. Fran non poteva sapere se, come le altre volte, avrebbero fatto un passo in avanti e due indietro, ma era certa di non sbagliare: anche lui provava qualcosa di profondo nei suoi riguardi.
Françoise si sentiva molto stanca; non era riuscita ancora a recuperare del tutto le energie del giorno prima e i lavori in casa nei quali si era buttata a capofitto per distrarsi, uniti al caldo estivo, le avevano consumato tutte le forze. Quel pomeriggio decise di rilassarsi un po’ da sola e, chiudendosi in camera sua, si stese nel letto.
La calura infondeva una sorta di languore…Senza sapere perché o rendersene conto, le tornò in mente la “rivelazione” di Jet: la sua amica era stata a letto con uno dei suoi compagni! Lei non aveva alcuna voglia di considerare loro come uomini “in quel senso”, tuttavia, i suoi pensieri si mossero da soli e cominciò inconsapevolmente a porsi delle domande, in parte indotte dai discorsi di Jet e in parte da quelli assurdi di Soledad circa il modo di fare sesso delle persone. 005 con Soledad? No, non sapeva perché, ma immaginava Geronimo con una persona più riservata e “spirituale”…Soledad dava l’idea di essere una tipetta frizzante e tutta fuoco, mentre l’indiano doveva avere un temperamento più pacato e meditativo… ma, dopotutto, poteva anche non essere così! E con Punma? Forse…Lui poteva essere sia pacato sia passionale e travolgente, quindi, a suo dire, perfetto per l’amica! E se le fosse piaciuto Bretagna, con cui era uscita? Lui poteva essere praticamente qualunque cosa! Ora era troppo! Maledetto Jet, tutta colpa sua!! Chiedersi come potevano essere i suoi amici a letto con qualcuno era come chiederselo di Jean! E Joe? Come poteva essere Joe? Era davvero come lo aveva descritto Soledad? Se tra le lenzuola era come fuori, allora…Sprofondò nel copriletto rosso, diventando come un camaleonte! Poi parlò con se stessa:
“Françoise, che cosa combini?! Adesso hai paura dei tuoi stessi pensieri, come se ci fosse qualcuno, qui accanto a te, capace di spiarti nella testa? Ivan è l’unico e, a parte che non lo farebbe mai, adesso dorme, quindi…”
Decise, per una volta, di lasciarsi andare, sola nella stanza, con la penombra fresca creata dalle persiane di legno chiuse e il canto delle cicale fuori…
Soledad riapparve sul tardo pomeriggio, quando il sole stava quasi per calare. Inspiegabilmente non si era fatta vedere dal giorno prima, quando era andata in auto con i signori Klopas…tranne che dal suo “amante misterioso”! 003 pensò che forse si era vergognata a essere stata vista da Jet, ma le pareva un po’ strano e in contraddizione col temperamento della ragazza. Ancor più strano era il suo atteggiamento quasi timoroso e preoccupato, come se cercasse di dirle qualcosa ma non ne avesse il coraggio. In quel momento erano sole in casa: gli altri erano scesi sulla spiaggia a fare un giro e lei aveva detto che li avrebbe raggiunti dopo; infatti la spagnola arrivò proprio quando Fran stava per avviarsi e la trattenne sotto il pergolato.
- Sai, Francisca, devo confidarti una cosa…
003 la guardò interrogativa, senza capire bene.
- …Solo che non so come dirtelo! Insomma, potrei anche non dirtelo affatto però me siento in colpa, non me siento una vera amica, tu capisci?
- Stai tranquilla, puoi parlare serenamente! – cercò di incoraggiarla, cominciando a pensare che la sua confidenza avesse a che fare con la notte precedente – …Se è per dirmi qualcosa di stanotte, però, non ce n’è bisogno! – azzardò timidamente.
- Stanotte? Come fai a sapere…? Ah, giusto: me ha vista Jet! No, quello non te lo voglio dire: è un segreto!
A questo punto Françoise non riusciva davvero a immaginare quale fosse la confessione che tanto preoccupava l’amica! Soledad prese il fiato e parlò.
- Ecco, non l’ho fatto apposta e tu potrai negare, dire che sono pazza e non guardarmi più in faccia, ma…vi ho visti!
- Cosa…?!
- …ho visto che avete dei superpoteri!
Quella rivelazione fece sgranare gli occhi a Françoise; non sapeva cosa dire e, in quell’istante, il suo primo pensiero fu quello di aver perso un’altra amicizia. Inconsciamente si appoggiò al muretto.
- Giuro che non volevo spiarvi! E’…è successo!
- Che cosa hai visto? – domandò, nella speranza di poter camuffare qualunque episodio in una svista.
- Ecco, io… ho visto Joe che spariva all’improvviso e riappariva…Chang ha accaso il fornello sputando una fiammella e Punma è apparso sullo scoglio al largo della spiaggia due secondi dopo essersi tuffato da riva! …e anche Geronimo: si vede che è forte, ma nessuno riesce a tenere in mano un secchio di vernice come se fosse una tazzina da caffè!
Françoise non poté fare a meno di impallidire: se ci fosse stato un singolo episodio circoscritto poteva anche minimizzare, ma tante cose messe insieme assolutamente no! Certo, avrebbe potuto fingere e far passare la sua amica per pazza, ma non sarebbe stato assolutamente leale e l’avrebbe persa davvero!
Capì che, anche a costo di metterla in fuga come era accaduto con altre persone, doveva essere sincera: Soledad lo era stata, anche se avrebbe potuto benissimo sparire dalla sua vita in silenzio per paura o tacere ipocritamente. Sospirò tristemente e sedette sul muretto a secco, senza guardarla in faccia.
- Si, è così: abbiamo dei poteri.
Ci fu un attimo di silenzio.
- E…non mi ucciderete adesso che l’ho scoperto?
003 la fissò incredula.
– NO!! Che cosa vai a pensare?!
- Meno male! Allora è fantastico! Non sei arrabbiata con me perché l’ho scoperto?
- N…No!! Perché dovrei? – sorrise Françoise, rincuorata – Tu, piuttosto, non è che adesso hai paura di noi?
- Se avessi avuto paura sarei già sparita qualche giorno fa, non credi?
- G…già!
Si guardarono e risero insieme.
- Quindi siete degli x-man! Figo!
- No. Siamo dei cyborg e non è vero che ci siamo conosciuti con Greenpeace…
Françoise iniziò a raccontare la loro storia e parlarono a lungo. Rimasero sedute sul muretto di fronte alla casa fino a che non scese la sera e gli altri tornarono dal loro giro.
– Come mai non siete più venute? – domandò Joe, un po’ preoccupato che la compagna potesse essersi sentita poco bene.
- Penso sia il caso di dirvi tutto…
Françoise informò gli altri che la sua amica aveva scoperto il loro “segreto”. Dopo una prima reazione di inquietudine, quella rivelazione parve tranquillizzarli tutti: in un certo senso era bello non doversi porre più il problema di fingere!
I giorni seguenti trascorsero quasi ancor più sereni di quelli precedenti all’attacco di Rabelais. Le riparazioni nell’abitazione erano quasi finite, e il lavoro era intervallato da lunghe passeggiate e fantastiche nuotate, alle quali si univano spesso anche il figlio e la figlia dei padroni di casa.
In più vedere dalla terrazza Jet e Bretagna che prendevano lezioni di sirtaki dal signor Klopas sul prato sottostante era impagabile! La musica riempiva l’aria e c’era un’allegria quasi tangibile che aleggiava su di loro. Punma si era unito alla danza, mentre Jet lamentava la lentezza del ballo e l’anziano rideva di gusto quando il ritmo aumentava e lui faticava a seguirlo!
- Lui! – diceva il signor Klopas indicando Punma – Lui è quello proprio bravo!
- Bella scoperta! Gli africani hanno il ballo nel sangue! – rispondeva Bretagna per giustificarsi, cercando di mantenere il tempo.
- Guarda che non credo che la danza sia legata a un fattore genetico! – rideva l’amico.
- Comunque qua il più bravo doveva essere Jet! – aggiunse 007, canzonando il rosso.
- Il punto è che questo ballo è ridicolo: un ballo dev’essere libero, mica potete cristallizzarlo così in tre movimenti a ripetizione! – protestò l’altro.
- Ma questa danza è libera! – disse il loro maestro, volteggiando con grazia.
- Libera?! Non direi proprio!
- La libertà è muoversi dentro le regole! – puntualizzò Bretagna, continuando a star dietro all’anziano.
- La libertà è quando le regole non ci sono! – ribatté Jet.
- E tu sei un grande utopista! – diceva Punma.
- …e voi troppo filosofici! Dammi un po’ di rock e ti faccio vedere com’è un vero ballo! Joe, e tu piantala di sghignazzare, come se non ti vedessimo! – Jet tirò dentro l’amico che se ne stava all’ombra del pergolato gustandosi la scena.
- Secondo me tu sei uno capace! – disse il signor Klopas, costringendo Joe a unirsi a loro.
- Che dice?! – il giovane arrossì.
- Già, che dice? – fece Jet – Ora Joe diventa bravo pure senza fare niente?!
- Joe, dimostragli che sai fare! – Punma incoraggiò l’amico, che ormai non riusciva più a tirarsi indietro.
- Visto? Lo avevo capito subito che doveva essere bravo! – disse l’anziano con orgoglio dopo che 009 si era unito al gruppo.
Joe sembrava davvero spensierato. Solo per un istante sollevò il capo verso l’alto e intravide Françoise che li guardava. Lei sobbalzò, come se fosse stata scoperta a fare qualcosa che non doveva, e lui le sorrise divertito. Lei ricambiò, arrossendo nuovamente!
La sera prima del giorno della partenza i signori Klopas vollero offrire una grande cena. Erano profondamente grati per quell’aiuto e per quella compagnia e si erano davvero affezionati a tutti loro. L’unico rammarico era non poterli ricambiare come avrebbero voluto, ma dissero che la casa sarebbe stata sempre a disposizione di chiunque di loro avesse voluto trascorrervi dei giorni di vacanza.
La signora ci teneva a preparare tutti i piatti da sola: non volle neppure essere aiutata da Chang, al quale dispiaceva vedere l’anziana così indaffarata; l’unico aiuto che aveva accettato era quello dei figli.
Una lunga tavola fu apparecchiata nel cortile aperto di casa loro e anche Soledad era, ovviamente, tra gli invitati. Jet la sbirciava ogni tanto, cercando di cogliere qualche atteggiamento più confidenziale con qualcuno dei suoi compagni, ma lo sforzo era impossibile: la ragazza si comportava con tutti allo stesso modo, ugualmente esuberante e spontaneo.
“Non la capisco proprio” pensava “potrebbe essere stata con tutti e con nessuno!” . Di nascosto si mordeva le labbra: dovette riconoscere a se stesso di essere davvero attratto da lei e il fatto di non essere stato preso in considerazione rispetto a un altro elemento della compagnia non gli andava decisamente giù!
Bretagna aveva restituito alla figlia dei signori Klopas la pila di libri che aveva preso in prestito dal suo scaffale quando era assente. Anche Joe ricordò di avere con sé uno dei libri e si affrettò a ridarglielo.
- Le sirene le avevo io: è stato molto utile! – sorrise porgendolo. La ragazza lo guardò un po’ interdetta.
- “Utile”?
- Ehm…si, a passare il tempo! – disse Joe, non potendo rivelare la vera utilità che quel libro aveva avuto per lui.
- Ti ringrazio davvero tanto – disse GB - erano anni che non rileggevo un po’ di questi argomenti!
- Si figuri! Vedo che le piace molto il teatro antico!
- Tutto il teatro è bello! E il teatro moderno deve molto a quello greco!
- Nooo!! Adesso dobbiamo pure ascoltarti in greco?! – esclamò Jet, facendo scoppiare tutti a ridere.
- Beati voi, che siete tutti acculturati! – esclamò il signor Klopas – Non avrei mai immaginato che uno come me, cresciuto tra l’orto e le capre, dovesse avere due figli laureati!
- Non siamo ancora laureati, papà! – puntualizzò il ragazzo, che stava parlando col dottor Gilmore.
- Già! – fece eco la figlia – Per ora mancano ancora alcuni esami e, lavorando per pagare gli studi, credo che passerà ancora un po’ di tempo.
- L’importante è arrivare. – sorrise Punma – E poi si vede che siete in gamba!
- Dai, sparecchiamo così balliamo! – esclamò l’anziano, quando ebbero finito la cena.
Tutti si mossero, togliendo ognuno qualcosa per liberare la tavola. La signora Klopas cercò inutilmente di fermarli, ma era bloccata nei movimenti da una grossa coppa di ceramica piena di frutta.
- Lasci, ci penso io!- disse 007, togliendogliela dalle mani. La signora restò un attimo spaesata, poi si rassegnò all’aiuto.
- Oh, lei è davvero molto gentile!
- Le assicuro che non costa alcuna fatica, specialmente con lei, Madam!
Il signor Klopas mise su un disco di musica tradizionale.
- Possono ballare anche le donne? – domandò Bretagna, andando a prendere Françoise per mano, impedendole di protestare.
- Ma certo! – rispose l’anziano – Basta che ci divertiamo!
- Ballo se viene anche Albert! – rise la ragazza, trascinando l’altro amico, che non oppose resistenza.
Joe era rimasto seduto a guardare la scena sorridendo, ma i suoi occhi erano attratti da Françoise come il ferro da un magnete. Vederla vestita con quell’abitino bianco e leggero che volteggiava al più piccolo movimento gli procurava una gioia profonda, smorzata solo dal fatto di non poterla toccare!
- Dai, biondino! Si vede che ti piace!
La voce di Soledad alla sua sinistra lo staccò di colpo dai suoi pensieri.
- Ma no, che dici?! – provò inutilmente a negare. La ragazza si limitò a fissarlo negli occhi senza dire niente, facendolo stranamente capitolare.
- Non è così facile. – sospirò - Siamo amici…e dicendole una cosa del genere mi sembrerebbe quasi di mancarle di rispetto!
- Allora davvero non hai capito niente!
Joe si irrigidì leggermente.
- Tu le piaci!
- Te lo ha detto lei? – domandò con lo sguardo scettico, sapendo che Soledad non sarebbe stata disonesta.
- No, ma te lo direbbe perfino el nigno, se potesse parlare! – ovviamente Soledad non sapeva quanto realmente sapesse Ivan, ma il bambino, fortunatamente, non aveva la stessa discrezione di Jet o Bretagna!
- Pensaci seriamente! – disse ammonendolo con il dito mentre raggiungeva Chang dall’altra parte del cortile, lasciandolo in una specie di confusione mentale.
- Sai cos’ha di davvero speciale la tua amica? – sussurrò 007 all’orecchio di Françoise.
- Che cerca avventure?- brontolò lei, immaginando cosa dovesse dirle G.B.
- No. Che è una persona buona.
Françoise rispose con un sorriso dolce, senza accorgersi che Bretagna l’aveva praticamente trascinata tra le braccia di Joe. Si ritrovarono vicini cercando di brontolare all’amico che, sghignazzando, aveva di nuovo raggiunto gli altri al centro della “pista”. I due si scambiarono uno sguardo un po’ incerto, ma questa volta fu Joe a rompere l’imbarazzo e a prenderla per mano iniziando a ballare.
- Se non lo facciamo ci prenderanno ancora più di mira, non credi? – sorrise il ragazzo.
- Giusto! – rispose lei, annuendo felice.
Françoise non fu la sola a pensare che quella era stata una delle più belle serate estive mai trascorse tutti insieme. Tuttavia, quando tutti si congedarono, c’era qualcuno che ancora non era del tutto soddisfatto dal finale di quella strana vacanza.
- Soledad… - Jet raggiunse la ragazza sul breve sentiero che da casa loro portava alla sua abitazione, illuminato solo dalla luce della luna e da un lampione lontano.
- Dimmi, Jet…qualcosa non va? – domandò lei incuriosita. Jet era, stranamente, un po’ titubante.
- Ecco…no, ma…A essere onesti, ti ho vista l’altra mattina… - era evidente che non sapeva bene che dire, ma la ragazza capì al volo.
- Sssh! Quello è un segreto!
- Non ti va di condividerlo? – domandò lui facendosi un po’ sfrontato. Era curioso, ma non era quello che principalmente gli interessava. E la cosa doveva leggersi molto bene nel suo sguardo fin troppo espressivo.
- No – rispose lei con un sorriso malizioso, avvicinandosi alle sue labbra e baciandolo – ma, se ti va, possiamo condividerne un altro!
Nota: le letture sulle sirene sono una sintesi unita a varie citazioni di due libri: “Il canto delle sirene” di Maria Corti e “Atlante delle sirene” di Agnese Grieco.
© 02/11/ 2021
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