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Nota: Questa f.f. costituisce l’epilogo della f.f. precedente “Body”.
Jet se ne stava seduto sul davanzale della finestra in camera sua a fissare un punto nel vuoto oltre i vetri chiusi, quando sentì bussare alla porta.
- Avanti. – disse con apatia, senza spostarsi di un millimetro.
Albert entrò con discrezione, richiudendo la porta alle sue spalle.
- Te la senti di scendere in soggiorno? Sembra quasi che qualcuno ti abbia recluso qua dentro! –
Jet lo guardò per un solo istante, vagamente infastidito.
- Se me la sentissi l’avrei già fatto, non ti pare? –
- Si, è ovvio. Ma dovevo almeno crearmi uno spunto per iniziare a parlarti, no? – sorrise l’amico. Il rosso fece una specie di grugnito, continuando a guardare fuori.
- Senti…capisco che tu non stia bene, ma l’idea che ti sia comportato nell’unico modo possibile dovrebbe almeno servirti a non sentirti in colpa…-
- Secondo te non dovrei sentirmi in colpa?!? – la reazione di Jet fu decisamente aggressiva – Ti rendi conto di quello che ho fatto a Françoise?? Ti rendi conto di come deve essersi sentita, per causa mia??? Di come fosse terrorizzata, umiliata, imbarazzata? Ti rendi conto che ho dovuto trattarla come una puttanella del West Side? Che ho dovuto…- qui la voce del ragazzo ebbe come un’increspatura, ma si riprese subito - …ho dovuto ignorare le sue lacrime e la sua voce mentre mi chiedeva di non farlo? Che ho dovuto dimenticare come Joe si potesse sentire in quel momento guardando il suo amico che toccava la sua donna?? -
- Non devi sentirti in colpa se quello che è successo era inevitabile. –
- Inevitabile??? Sai qual è la cosa più assurda di tutto questo? Che per un attimo l’ho desiderata veramente!! –
Albert lo fissò e, solo per una frazione di secondo, parve scosso da quella rivelazione; una frazione di secondo, che lasciò subito spazio al suo solito sguardo impassibile, privo di ogni stupore.
- In momenti come quello, anche la mente può giocare strani scherzi…Il tuo, evidentemente, era solo un modo inconsapevole di rendere meno orribile quello che stava accadendo…-
Jet si sentì leggermente rincuorato…probabilmente, più che le parole dell’amico, fu semplicemente il fatto di aver esternato ciò che provava e la vera ragione del suo malessere. Albert e Geronimo erano, sicuramente, le persone più adatte a cui confidare un segreto: si poteva esser certi che non avrebbero né giudicato né rivelato niente a nessuno; Tuttavia, questo non bastò a rasserenare il suo animo. In cuor suo temeva di aver perso definitivamente sia Françoise che Joe e il solo pensiero di questo lo fece reagire nuovamente in maniera irruenta nei confronti di 004.
- Ma io mi sono sentito come un mostro, come un pervertito! No, tu non capisci minimamente quello che è stato!! –
- Forse ti sei sentito così, ma non mi pare proprio che in quel momento tu ti stessi divertendo. E ti assicuro che una persona che ti conosce bene è capace di accorgersene perfino guardandoti attraverso un monitor! –
Jet sgranò gli occhi: per un attimo aveva scordato che anche gli altri stavano seguendo la scena.
– E’ vero: voi tutti vi siete fatti un’idea di che schifo di azioni sono stato capace! -
Albert parve quasi spazientito e gli parlò in maniera anche fin troppo schietta.
- E’ stata una fortuna, per lei, che ci sia stato tu anziché io! –
- Che diavolo dici?!?-
- Si, perché tu hai temporeggiato, sei riuscito a farlo…Io, invece, sarei arrivato subito a fare ciò che voleva quel pazzo. –
Jet lo guardò scioccato e incredulo.
– Stai scherzando?! –
- Non scherzo affatto. Ogni volta che ho amato una persona, l’ho vista morire vicino a me. Per niente al mondo avrei assistito di nuovo alla stessa scena. Avrei fatto qualunque cosa per impedirlo.-
- Ma tu…tu l’ami? –
- Il mio rapporto con lei non è di quel tipo, e lo sai. Ma pur di non vederla morire avrei davvero fatto qualunque cosa. Anche a costo di essere odiato da lei. E…non mi sentirei in colpa per questo. –
Jet tacque. Non poteva condividere quello che aveva appena detto il suo amico. Lui non era così. Tuttavia, non poteva fare a meno di comprendere il suo punto di vista. Si voltò dall’altra parte e Albert si avvicinò all’uscita.
- Non sono la persona giusta per consolare la gente, ma sappi che nessuno, qui, ti biasima o ce l’ha con te, neppure Joe. – detto questo, uscì dalla stanza.
Dopo appena cinque minuti qualcuno era di nuovo dietro la porta. Jet stava riflettendo sulle parole del suo amico e pensò che fosse nuovamente lui. Questa volta ritenne di doversi comportare in maniera più razionale nei riguardi di Albert, quindi, per dimostrare che si era calmato, andò ad aprire personalmente.
- Cos’altro vuoi dirmi? – domandò a bruciapelo, per poi paralizzarsi di fronte al volto imbarazzato e stupito di Françoise.
- Bè, io…posso entrare? –
- S…si. – farfugliò, facendosi di lato, come se avesse paura di guardarla o sfiorarla. – Scusa, pensavo fosse qualcun altro. –
- Lo avevo capito. Mi sembra anche logico che gli altri abbiano fatto la fila qui fuori per parlarti! – disse, cercando di simulare un tono scherzoso per nascondere i suoi veri sentimenti.
- Solo 004, per fortuna! –
Françoise sorrise ma, non appena si ritrovò in mezzo alla stanza, a tu per tu col suo amico, fu colta da un profondo senso di disagio. Voleva dirgli qualcosa, ma non sapeva da che parte cominciare; iniziò a sentirsi come una scolaretta colta impreparata dal professore! Per fortuna, fu Jet ad anticiparla, gettando all’esterno la marea di sentimenti che provava, concentrandoli in una sola frase, che disse senza riuscire a guardarla in faccia.
- Ti prego, perdonami, se puoi…-
La ragazza deglutì, faticando a trattenere le emozioni.
- Jet…Io non posso avercela con te. Ero venuta qui apposta per dirtelo…-
La reazione emotiva di 002 l’aveva scossa e, istintivamente, lo abbracciò per fargli capire che era tutto a posto e rassicurarlo definitivamente; non immaginava che quel contatto, prima così naturale, le avrebbe procurato una reazione tanto imprevedibile; senza rendersene conto, iniziò leggermente a tremare e la cosa non sfuggì a Jet.
- Françoise, no…Tu…tu hai paura di me! –
L’idea che l’amico potesse solo pensare una cosa del genere le procurò una fitta al cuore: non era consapevole di ciò che faceva il suo corpo, ma, nella sua mente, era chiarissimo che non poteva temere Jet. Si sentì ancor peggio di prima, soprattutto quando 002 si staccò da lei, cercando nuovamente di sottrarla al suo sguardo.
- Mi dispiace!- esclamò Francoise - Mi dispiace sul serio! Non dipende da me! – Gli si mise di fronte, senza riuscire a trattenere le lacrime - Io…non voglio perderti! -
Jet era confuso…non sapeva più come comportarsi.
- Neanche io…- sussurrò appena – Neanche io voglio perderti…Allora perché ci sta accadendo questo?-
- Io…non lo so! E’ come se non riuscissi a controllare il mio corpo ed è…orribile! –
Jet sospirò. Una sottile paura iniziò ad attanagliargli il cervello, come il presentimento che niente sarebbe tornato come prima, che la sua amicizia sarebbe stata solo un ectoplasma di ciò che era un tempo…
Françoise tentò di recuperare la sua razionalità e asciugò le lacrime.
- Sai…penso che forse sia solo una questione di tempo… è come se anche la nostra mente fosse in qualche modo in convalescenza…Si, sono sicura che tutto tornerà come sempre! –
- E se questo non dovesse accadere? – si fece sfuggire il ragazzo.
Le paure, una volta che la voce diede loro forma, lo fecero involontariamente sussultare.
- Accadrà! Accadrà perché lo desidero con tutta me stessa! Ti prego, Jet, abbi solo un po’ di pazienza e di fiducia! -
- Pazienza e fiducia? – ripeté con un sorriso malinconico.
- Sì! Ti prego, promettimi che avrai pazienza con me! –
- Io avere pazienza con te? Sei tu, che dovresti odiarmi! –
- Non potrei mai farlo! – disse con tenerezza accarezzandogli il viso, quando si accorse che gli occhi dell’amico erano diventati lucidi. Per Jet fu come un vento leggero in un giorno di afa. Si riebbe, e, strofinandosi gli occhi con le dita, rimise su la sua espressione scherzosa.
- Non posso piangere come una femminuccia, non ti pare? –
- Manifestare i propri sentimenti non è da femminuccia! –
- Sarà, ma se avessi fatto questo quando vivevo a New York, ti assicuro che non solo non sarei stato a capo di una gang, ma neppure sarei sopravvissuto! –
La ragazza sorrise e uscì dalla stanza dell’amico sentendosi più leggera. Tuttavia, se da un lato Françoise si sentiva risollevata, dall’altro, in un angolo del suo cuore, continuava ad avvertire un sottile e indefinibile disagio e una sorta di angoscia latente che non avevano a che fare con il trauma fisico e psicologico che aveva subito…per non continuare a tormentarsi, preferì attribuire la cosa a quest’ultimo.
Corse nuovamente da Joe e si illuminò nel vedere che era sveglio e cosciente, mentre il dottor Gilmore ricontrollava tutti i suoi parametri.
– Dottore, come sta Joe? –
- Benissimo! – sorrise l’anziano – Il suo organismo è tornato alla norma, anche se è il caso che stia ancora un po’ a riposo! –
Il ragazzo le regalò un grande sorriso: aveva davvero bisogno di stare con lei.
– Allora adesso potrei liberarmi di tutta questa ragnatela? – domandò con un tono scherzoso, indicando i vari fili che gli stavano ancora attaccati addosso.
- Certamente! – rispose Gilmore – Se ne occuperà 003, così io ne approfitterò per riposarmi un po’! – aggiunse, strizzando l’occhio alla ragazza in un modo così eloquente da farla arrossire! Finalmente rimasero soli.
Lei iniziò con delicatezza a staccare gli aghi dalle braccia, concentrandosi completamente su quel lavoro come se avesse paura di fargli male. Joe osservava le sue mani sottili all’opera e non poté fare a meno di pensare a quanto fosse diverso vederle impegnate , come spesso avveniva, in quei gesti da infermiera, dal guardarle fluttuare leggere nell’aria mentre danzava. Appena ebbe il braccio libero, prima che lei iniziasse a scollegare i cavi che aveva sul petto, la strinse a sé e la baciò sulle labbra.
- J…Joe, non ho ancora terminato…- sussurrò debolmente, senza nessuna reale voglia di interrompere quel contatto. Lui sorrise e la strinse più forte.
– Cosa c’è? – domandò lei, avvertendo qualcosa di insolito nel modo in cui era stata abbracciata.
- Niente…io…Sono felice che siamo tutti vivi! – rispose, tradendo nella forza con cui la stringeva tutta la paura che aveva provato.
Ormai era passata una settimana da quando erano scampati alla morte per mano di Kimura. Una settimana che, alcuni momenti, pareva un anno, altri pareva una manciata di secondi. Grazie al fatto di avere un organismo cibernetico, fisicamente si erano quasi del tutto ristabiliti.
Era, tuttavia, almeno un paio di giorni che Gilmore sembrava afflitto da qualche preoccupazione.
- Professore, non si sente bene? – domandò Chang.
- Non è nulla…solo un po’ di stanchezza. –
- Cerca di prendere in giro anche me? Lo sa che è inutile! – la voce di Ivan risuonò nella stanza, facendo voltare gli altri – Lei è preoccupato perché sa che dobbiamo ritornare laggiù, vero? –
I volti dei presenti non poterono non tradire una certa tensione.
Gilmore deglutì, messo con le spalle al muro da 001.
- Non avrei voluto parlarne, ma è indispensabile tornare in quel posto per distruggerlo: Kimura agiva da solo, ma era sempre in contatto con i Black Ghost; temo che, se qualcuno dell’organizzazione dovesse recarsi là, potrebbe attingere informazioni su di voi e sul modo in cui è riuscito a imprigionarci…- fece una pausa - Inoltre, i file creati da quell’uomo vanno distrutti prima dell’edificio: alcune tecnologie sono realizzate a prova di bomba e degli individui molto abili potrebbero recuperare i dati anche da apparecchi apparentemente danneggiati. –
- Professore – disse Chang, rompendo il silenzio che si era creato – posso andarci io con 008 e 002 e lo faremo subito. Ormai stiamo bene e ci metteremo giusto un quarto d’ora per radere al suolo quel posto! –
- No. – rispose Gilmore con determinazione – Dovrete essere più numerosi: non sappiamo quanto ci sia rimasto di attivo del sistema di sicurezza automatico e poi, se i Black Ghost dovessero aver raggiunto quel covo, non c’è da fidarsi!-
- Giusto! – concluse 007, andando a prepararsi – E poi, come si dice, “mal comune, mezzo gaudio”!-
- Che vai farneticando?- fece Chang.
- Si, non è il proverbio più appropriato, ma è il primo sulla condivisione che mi è venuto in mente! -
Chang si sentiva davvero battagliero: il suo primo pensiero era la soddisfazione che avrebbe provato nel dare alle fiamme il luogo dove erano stati prigionieri, anche se questa idea era stata bocciata subito da Albert, il quale gli aveva fatto notare che l’unica cosa da ardere sarebbero stati i file di Kimura: appiccare fuoco all’intero edificio avrebbe significato far estendere le fiamme all’enorme giardino e alle coltivazioni limitrofe, oltre ad attirare l’attenzione nel raggio di chilometri; molto meglio minare i pilastri dell’edificio e farlo implodere su se stesso.
Mentre organizzava personalmente il materiale che sarebbe occorso all’impresa, mettendoci la stessa concentrazione con cui stilava i rifornimenti giornalieri del ristorante, fu interrotto dalla voce di Bretagna, che lo osservava perplesso standosene appoggiato allo stipite della porta.
- Perché volevi andarci quasi per conto tuo, dopo quello che è successo? –
Per tutta risposta, 006 gli piantò tre dita di fronte agli occhi e spiegò:
- Per tre ragioni: per superare definitivamente il trauma, per spirito di rivalsa, per orgoglio e, infine, perché è giusto!! –
- …sono quattro! –
- Ti metti pure a fare il pignolo?! – sbuffò, rimettendosi al lavoro.
007 sospirò: se c’era qualcosa che invidiava all’amico, era la sua determinazione; Chang poteva apparire, a chi lo conoscesse superficialmente, un ometto mite e semplice, ma aveva la forza d’animo di un guerriero! Bretagna, a confronto, si sentiva terribilmente fragile.
Tornare nel covo di Kimura non era piacevole, ma almeno farlo in pieno pomeriggio e non di notte come l’ultima volta alleggerì un poco gli animi, nonostante la giornata fosse piuttosto grigia.
Passarono di fronte al fossato dove era morto lo scienziato. 004 fu il solo a volerci guardare dentro. L’orribile vista di quello che, dall’alto, galleggiante nel fango, pareva un fagotto di stracci contenente carne marcia, parve quasi tranquillizzarlo.
Superarono l’ingresso, avanzando circospetti; fu qui che Joe notò un cambiamento nell’espressione di Albert, che parve accigliarsi all’improvviso e farsi leggermente agitato.
– Cosa c’è? – domandò, convinto che la cosa non fosse attribuibile semplicemente all’angoscia che quel posto procurava un po’ a tutti.
– Qui…sono quasi sicuro che le cose non fossero esattamente così, quando ce ne siamo andati…-
- Cosa?! Stai dicendo che qualcuno è passato prima di noi? –
- Non posso dirlo con certezza e non sono in grado di capire che cosa esattamente non quadra, ma ho questo sospetto. –
- Forse qualcuno degli addetti alla sicurezza è tornato indietro per controllare cos’è successo o per recuperare qualcosa…- ipotizzò Bretagna, sperando di non sentirsi rispondere ciò che, due secondi dopo, disse Jet.
- …oppure i Black Ghost sono arrivati qui prima di noi! Quel porco di Kimura diceva che li avrebbe contattati per cederci a loro! –
- Se solo entrassero in possesso dei risultati dei suoi “esperimenti” potrebbero ricavare informazioni sufficienti a crearci ulteriori problemi…- sussurrò Punma.
- Andiamo subito alla sala di comando. - disse Joe, cercando di ricordare la strada. Anche se in quel momento era perfettamente lucido, la struttura dell’edificio continuava ad apparirgli labirintica, sensazione amplificata dal fatto che quel luogo non aveva finestre e l’illuminazione era affidata al bagliore freddo dei neon. 009 ricordava benissimo che le loro celle erano distribuite tra il piano terra e il seminterrato, mentre il primo piano e la mansarda dell’edificio non erano stati toccati durante il loro “soggiorno”.
003 attivò con facilità il computer che governava i vari strumenti presenti lì dentro e che avrebbe dovuto immagazzinare i dati raccolti da Kimura. Sullo schermo apparvero alcune tabelle alternate a elettrocardiogrammi e altri schemi. Le mani di Françoise iniziarono a tremare. Joe capì subito cosa le passava per la mente e la cinse da dietro, stringendole leggermente le spalle. Anche Albert le si accostò e capì immediatamente.
- Smettila di pensarci. Sono solo numeri e linee…- le disse.
- No! – rispose lei, faticando a trattenere le lacrime - Sono fitte di dolore, urla e urla trattenute…–
- …Sono solo numeri e linee. – ripeté l’amico, per distoglierla dall’interpretare quegli schemi che lei, grazie al suo compito di assistente di Gilmore, capiva alla perfezione.
Joe seguiva il lavoro con lo sguardo, cercando di non perdere la concentrazione, mentre Chang era impaziente di incenerire i file e gli altri aspettavano un segnale per mettersi all’opera.
- C’è dell’altro? – domandò 009, indicando il computer.
- No…credo che il materiale contenuto qui dentro sia tutto qua…non mi sembra di trovare dell’altro.
- Allora manca la metà dei dati! – disse 009, corrucciando lo sguardo.
- Ho visto.- confermò 003.
- Vuoi dire che qualcuno è venuto e se li è portati via?! – esclamò Jet.
- Certo che no! – rispose Albert – Altrimenti non avrebbe lasciato questi!
- …Quindi?
- …Quindi sono altrove. – continuò 008 – Ricordo con esattezza che le stanze dove eravamo rinchiusi erano dotate di computer: evidentemente Kimura non ha fatto in tempo a trasferire i vari dati dalle singole postazioni alla principale! –
- D’altronde che fretta aveva? – disse Albert.
- Intendi dire che dobbiamo fare il tour di tutte le stanze per distruggere quei file?!- domandò 007 con tono preoccupato.
- Non tutte. – disse Joe – Qui sono raccolti i dati di 005, 006, 004 e i miei…quelli di 002 e 001 non dovrebbero esserci, quindi mancano gli altri…-
- Ma bene. – commentò cupo Bretagna, passandosi le dita tra le sopracciglia.
- Come procediamo? – domandò 005.
- Se vogliamo sbrigarci, dobbiamo dividerci. – rispose 004 – Intanto disattiviamo il campo che ci impedisce di usare le trasmittenti…
Françoise eseguì immediatamente.
- …Poi propongo che 009 rimanga qui a monitorare la situazione e a coordinarci; dal momento che le stanze da controllare sono tre, faremo tre gruppi distinti. Infine bisognerà minare le fondamenta dell’edificio…
- Io andrò con 002.- lo interruppe Françoise, meravigliando tutti e soprattutto Jet.
- V…va bene. – rispose il ragazzo.
- Allora io vado con 008, mentre 005 andrà con 006 e 007.
- Ehm, scusa 004…- si intromise Bretagna - …non mi sembra che nel mio gruppo ci sia la presenza di hacker! –
- …Infatti pensavo che voi tre potreste iniziare a sistemare le cariche esplosive: per i computer basteranno 003 e 008, protetti da me e 002!
Tutti annuirono e si misero immediatamente in azione.
Françoise camminava con una sicurezza volutamente ostentata, facendo strada a Jet, che controllava ogni angolo del corridoio tenendo la pistola a portata di mano. Quando giunsero a destinazione storse le labbra: riconobbe subito la porta con il vetro che lui stesso aveva spaccato.
- Dovevamo venire proprio qui? – domandò contrariato.
- E’ il luogo di cui ricordavo istintivamente la posizione – rispose lei, quasi come se fosse una cosa ovvia – e poi pensavo che questo potrebbe aiutarmi a cancellare tutto.
- Umf…non ho mai creduto alle terapie d’urto! –
Lo stesso Joe si stupì di quella scelta, mentre sulla moltitudine di monitor davanti a lui controllava la posizione dei suoi compagni. Cercò di non distrarsi e di continuare a tenere l’attenzione su tutti gli schermi simultaneamente. Attraverso la trasmittente guidò 005 nel seminterrato, identificando sulla planimetria sei locali corrispondenti all’ubicazione dei pilastri principali. Le stanze di sotto avevano un aspetto ancor più sinistro e la maggior parte delle pareti era rivestita da un metallo grigio che rimandava le immagini come una sorta di specchio scuro. Geronimo, Bretagna e Chang si erano divisi all’interno dei locali adiacenti uno all’altro, iniziando a posizionare le cariche. Il più rapido e preciso era stato 006, che, dopo aver sistemato il primo pilastro, si affacciò nella stanza dov’era 007 per vedere se avesse bisogno di aiuto. Rimase scioccato nel vedere che la parete riflettente di fronte all’amico rimandò prima la figura di un uomo biondo, nel quale Chang riconobbe il vecchio collega di Bretagna, poi quella di una bella ragazza castana, che lui aveva visto in una foto con 007…
- C…che diavolo stai facendo?! – esclamò.
L’amico aveva ripreso le sue sembianze e accarezzava il metallo davanti a sé fissando un punto nel vuoto.
- Non avevo mai pensato di usare i miei poteri per poter rivedere dei fantasmi…Fa davvero male, ma non ho resistito. La mente fa strani scherzi…-
006 scosse il capo con tristezza, spostandosi nell’altra stanza.
- Basta, altrimenti diventerai tu stesso, un fantasma! -
009 aveva seguito anche questa scena, decidendo di non intervenire... Tutto procedeva in modo lineare, eppure c’era qualcosa che non lo convinceva; inizialmente aveva pensato di essersi fatto suggestionare dalle parole dette da Albert quando erano entrati, ma sapeva bene che difficilmente 004 sbagliava le sue valutazioni… e poi, anche lui percepiva una differenza, ma quale?
Con gli occhi sorvegliava Françoise, che aveva ultimato il lavoro nella stanza dov’era stata prigioniera, cancellando i file e portandosi dietro l’hardware da far distruggere a 006; insieme a Jet si dirigeva anche lei nel seminterrato dov’erano gli altri, allo scopo di occuparsi del computer racchiuso nella camera dove Kimura aveva tenuto 008. Lo sguardo di Joe li seguì attraverso le scale e i corridoi illuminati. Proprio in quell’ istante 009 sgranò gli occhi e capì cos’era il particolare dissonante che avevano percepito all’inizio.
- Le luci! Ricordo benissimo che alcuni locali le avevano basse o completamente spente! –
Non riuscì a formulare quel pensiero per comunicarlo agli altri attraverso le trasmittenti, che la tensione elettrica si abbassò in tutto l’edificio.
Un piccolo scoppio risuonò di fronte alla stanza dove stavano Albert e Punma.
- 004, vai a controllare che succede! Io ho terminato, devo solo staccare gli ultimi due cavetti.-
Albert uscì dalla camera armando la mano e, in quell’istante, la corrente elettrica andò via del tutto.
- MALEDIZIONE!! – gridò 009, vedendo spegnere i monitor di fronte a sé e rendendosi conto che, simultaneamente, si era ristabilito il campo magnetico che impediva alle loro trasmittenti di comunicare. Scattò fuori dalla stanza, con un brutto presentimento addosso, dirigendosi istantaneamente nel seminterrato.
L’urlo di 003 riecheggiò nel corridoio e, facendosi luce con le torce, tutti corsero in quella direzione.
- ATTENTI!! – gridò 005, vedendo che uno dei mitragliatori automatici si era rimesso in funzione. 006 e 007 schivarono i colpi per un soffio, mentre il gigante stritolava l’arma apparsa da una delle pareti. Fu Joe a distruggere altri due mitragliatori, materializzatisi da altrettanti fori aperti nel metallo, e tutti e quattro entrarono nella stanza dove pochi giorni prima era stato prigioniero 008. I fasci di luce delle loro torce illuminarono Jet, sospeso sopra una botola che dava nell’acqua nera del fossato: il pavimento si era aperto sotto i piedi di 003 e, se l’amico non l’avesse trattenuta per i polsi, sarebbe precipitata di sotto, tra le fauci di uno dei coccodrilli cibernetici ancora perfettamente funzionante; era la seconda volta che si ripeteva quella scena, ma stavolta per Joe non fu uno sforzo aiutare Jet a tirarla su, mentre gli altri si misero in guardia, sentendo il mitragliatore di 004 in azione nel corridoio. Colpi di oggetti che saltavano, poi il silenzio. Albert si affacciò nella stanza dove stavano gli altri.
- 004, dov’è 008? – domandò subito Joe, dopo aver visto che Albert era solo. L’uomo abbassò lo sguardo, carico di rabbia e preoccupazione.
- Sono uscito per un istante dalla stanza, quando la luce è sparita e si è attivato un mitragliatore davanti a me; sono rientrato immediatamente, dopo averlo distrutto, ma 008 era scomparso! Ho tentato di chiamarlo e di spaccare le pareti e il pavimento, ma è stato tutto inutile e così, dato che non riuscivo a comunicare con voi, ho cercato di raggiungervi…-
- Qualcuno riesce a spiegare che cosa sta accadendo?? – domandò 007, esasperato.
- Io…ho idea che qualcuno si sia riappropriato di questo posto, governandolo da un altro centro di controllo! – rispose 009.
- RISPOSTA ESATTA! –
Una voce sconosciuta e beffarda risuonò dal sistema di altoparlanti che Kimura aveva installato nel laboratorio.
- Chi sei? – chiese Joe, mettendosi sulle difensive.
- Sono quello che vi ucciderà! – rispose la voce.
- Prendi il biglietto e mettiti in fila! – ribatté Jet con disprezzo.
- Lavori per i Black Ghost? – domandò Albert.
- Si, naturalmente! Potete chiamarmi M11.
- Non ci serviva saperlo, per insultarti! – commentò 007.
- Bene. Vi conviene parlare adesso, visto che dopo non potrete più farlo. – disse M11 con apparente distacco – E ricordate che il vostro amichetto di colore è nelle mie mani! –
- Cosa hai fatto a 008?? – ringhiò Joe.
- Ancora niente! Quello che gli succederà dipende da voi: voglio invitarvi a giocare con me! –
- Cerchi forse di imitare il tuo predecessore? – 004 cercò di essere ironico, ma la sua voce tradiva la preoccupazione.
L’agente dei Black Ghost rispose dopo una breve pausa.
- Quello sciocco di Kimura era ossessionato dai suoi esperimenti e ha rovinato tutto! Comunque non è un problema, perché sarò io, finalmente, quello che spedirà definitivamente i cyborg ribelli all’inferno! –
- Uff, questa battuta è piuttosto datata! – disse Jet.
- Giusto! – aggiunse Bretagna – Se volevi dire qualcosa di originale, la battuta corretta poteva essere: “Fallirò, esattamente come hanno fatto tutti i miei predecessori!”
- A differenza loro, ho capito che il vostro punto debole non è e non può essere la vostra parte meccanica, bensì quella umana: la vostra mente! –
- Pensi di sconfiggerci usando un trattato di filosofia o dei calcoli matematici? – ironizzò Albert, che iniziava davvero a innervosirsi.
- Quando si nomina la mente, si pensa sempre che abbia a che fare con la razionalità. Invece la mente è, nella maggior parte dei casi, deviata e contorta!-
- Stai descrivendo te stesso? – domandò 007.
Dall’altra parte silenzio.
Francoise perlustrava lo spazio attorno a loro, filtrando i muri con i suoi raggi x.
- ATTENTI!! – urlò improvvisamente, avendo scoperto dentro uno spigolo della parete la stessa arma che sparava il liquido paralizzante con il quale erano stati catturati la prima volta. Al segnale schizzarono tutti dai lati opposti alla pioggia chimica, mettendosi in salvo.
- Dev’essere piuttosto ingenuo, se pensa che cadiamo due volte nello stesso trucco! – commentò 002.
- E’ meglio non dire nulla. – rispose Joe, con circospezione – Finché non rintracciamo 008, dobbiamo essere molto prudenti. –
- Bravo, 009, non mi deludi mai! – riprese la voce – Allora, sono impaziente! Giochiamo? –
- Non correremo rischi inutili consegnandoci a te e alla tua organizzazione! –
- Ah. Quindi…lo uccido? –
- Dimostraci prima che 008 è vivo e sta bene! –
- Sapevo che me lo avreste detto: l’ho tenuto sveglio di proposito, così potrete anche farvi una chiacchierata! –
Di colpo si illuminò uno dei tanti monitor presenti nelle stanze e mostrò loro l’immagine di Punma incatenato a una delle pareti metalliche; aveva l’aria spossata, come se avesse sostenuto un combattimento.
- Allora, vuoi dire ciao ai tuoi amici? – disse la voce con un tono divertito. 008 sollevò lo sguardo: evidentemente anche di fronte a lui doveva esserci un monitor che stava inquadrando i suoi compagni.
- 008! Resisti, veniamo a liberarti! – lo incoraggiò Joe.
- N…no, 009…andatevene subito, dopo aver fatto quello che avevamo deciso! Questo posto è una gigantesca trappola…Non correte rischi, tanto mi ucciderà comunque! –
- Ma come siamo pessimisti! - lo burlò M11 – Non si uccide il premio del gioco! I tuoi compagni devono avere la soddisfazione di poterti trovare vivo, altrimenti non parteciperebbero! A meno che per qualcuno la sua vita non sia più importante della tua! – lanciò l’ultima provocazione, con la speranza che questa servisse a seminare zizzania nel gruppo. Doveva pur esserci qualcuno che, dopo aver valutato il pericolo, avrebbe tentato di tirarsi indietro, suscitando le ire degli altri. I volti impassibili dei sette cyborg non lasciavano spazio a dubbi: sarebbero tutti andati avanti, come avevano sempre fatto da quando si erano legati realmente l’uno all’altro; ma questo, in fin dei conti, M11 se lo aspettava. Spense il monitor, prima che Punma potesse opporsi a quella decisione.
- Cosa vuoi che facciamo? – disse 009, parlando a nome di tutti; il suo sguardo era tale che sarebbe bastato da solo a incenerire il nemico!
- Potreste cominciare a dividervi in squadre. Non è così che funziona la caccia al tesoro? Diciamo che la divisione che avete fatto all’inizio mi va bene, più o meno…farei giusto un piccolo spostamento: visto che 004 si è perso il compagno, 007 farà coppia con lui, così sarete due per ogni squadra…no, non ho sbagliato i calcoli: 009 andrà da solo; mi sembra più corretto, dato che è il più forte! –
Françoise guardò Joe con ansia, cercando di dissimulare faticosamente i suoi sentimenti.
- Per noi va bene. Ma sappi che tu sei in pericolo di vita! –
- Allora si comincia: a ognuno una direzione diversa e che vinca il migliore! –
Tutti seguirono quattro direzioni diverse, senza sapere cosa aspettarsi. Avrebbero cercato di riunirsi successivamente, ma in quel momento non potevano fare in modo differente.
Mentre camminavano, qualcosa nell’aria iniziò a vibrare. La prima a rendersene conto fu 003, che si voltò di scatto verso Jet.
– 002, cerca di non respirare!! E’ gas, ma non so di che genere! –
002 la prese per mano, cercando di fuggire dal lato opposto, ma in breve sia loro che gli altri gruppi si trovarono avvolti da quella specie di nube tossica.
004 e 007 avevano tentato invano di aprire una breccia nel muro sparando, ma si resero conto che era come star chiusi in una scatola di latta, anzi peggio, dato che le pareti respingevano i colpi al mittente.
005 aveva immediatamente tentato di avvolgere la sciarpa intorno a naso e bocca per limitare l’assorbimento della sostanza e, probabilmente, sia lui che Joe c’erano quasi riusciti…Geronimo fu il primo a comprendere quali fossero gli effetti del gas.
- L’odore…mi ricorda qualcosa! –
- Non credo sia il caso di annusarlo! – disse Chang, cercando di coprire a sua volta il viso.
- Non posso esserne certo, ma credo che sia una specie di allucinogeno…-
- CHE?! Intendi dire che vuole faci avere una specie di trip??! Io non sono tagliato per queste cose!!–
- Cerchiamo di stare calmi: se è così non può avere grossi effetti su di noi! –
- Forse non su di te, ma io inizio a sentirmi strano…-
Le considerazioni di 005 erano le medesime di Joe, anche se quest’ultimo, essendo solo, non poteva confrontarsi con nessuno; inizialmente aveva pensato che avrebbero fatto la stessa fine degli ebrei nelle camere a gas, ma capì subito che non aveva senso: disponendo di un’arma simile, M11 l’avrebbe usata subito quando erano tutti insieme. E poi, no…non avrebbe avuto alcun significato tutto il discorso fatto da lui, né rapire 008 e dividerli. Quel nemico aveva altre intenzioni: lo scopo era senza dubbio catturarli o eliminarli e sicuramente possedeva delle armi per farlo; tutta la commedia era solo un modo per utilizzare le armi a sua disposizione. 009 sperò di non aver respirato troppo quell’aria diabolica e cercò di ripetere a se stesso che, essendo tutti cyborg, una cosa del genere non avrebbe avuto grossi effetti sul loro organismo. Ma M11 avrebbe dovuto saperlo a sua volta e non sembrava un ingenuo! A meno che non sperava di far leva sui soggetti che potevano esse più vulnerabili a un simile espediente e, nonostante, lui non avrebbe dovuto esserlo, si guardò le mani, avvertendo una specie di sfasamento della vista: le cose vicine sembravano avvolte da un sottile pulviscolo tremolante. Immediatamente pensò a Françoise: lei era la più sensibile a qualsiasi sostanza, e Jet lo era solo poco meno. Iniziò a desiderare di raggiungerla e maledisse quella dannata barriera che impediva la comunicazione tra loro! Cercò di tornare indietro, sentendo il cuore palpitare fortissimo al punto da chiedersi se non fosse un effetto di ciò che aveva respirato; la sensazione peggiorò quando iniziò a sentire delle urla: non capiva se fossero vere o una registrazione…o addirittura un’allucinazione! Non riusciva neanche a comprendere se fossero quelle dei suoi amici o le sue! Gli pareva di muoversi in una sorta di labirinto circolare e quella cosa avrebbe potuto letteralmente farlo impazzire.
Non poteva sapere che anche i suoi amici udivano le stesse cose e stavano ponendosi le stesse domande.
Albert stava cercando con tutte le sue forze di ragionare: in quel momento la sua unica fortuna era quella di possedere un corpo quasi interamente meccanico, particolare che lo rendeva il più resistente del gruppo in situazioni di quel tipo. Lo stesso non era per 007, e 004 ebbe paura quando, voltandosi verso di lui, lo vide completamente sconvolto.
- 004, lui aveva ragione…
- Che stai dicendo?!
- Ha trovato…il nostro punto debole!
- Non dire scemenze! Sta solo usando degli stupidi trucchetti da film di serie B per impressionarci! Siamo già venuti fuori da qui, ed è lo stesso posto! –
- N…no che non lo è! Lo ha modificato…E’ come un labirinto di specchi! Ci lascerà qui finché non ci uccideremo da soli!
- Andiamo avanti, invece! Dobbiamo trovare 008 e stanare quel bastardo! – Albert era a sua volta confuso e spaventato da quei suoni, ma non era facile impressionarlo davvero…si rese conto, però, che l’amico doveva sentire e vedere qualcosa che lui non percepiva e questo poteva essere molto pericoloso, dato che non sapeva come intervenire.
- E’ un labirinto di specchi…- continuò Bretagna – Tu non hai paura della tua immagine riflessa?-
- …la mia?..- Albert osservò la parete metallica. Si, lui odiava la sua immagine riflessa. E quel posto era pieno di superfici riflettenti; tuttavia le sensazioni di 007 dovevano in qualche modo essere amplificate e distorte, perché tirasse fuori una simile angoscia.
- Si, l’immagine riflessa…Non sono io! Perché nello specchio ho addosso un’uniforme? Io non sono un soldato, sono solo un attore!! Gli specchi sono spaventosi: prendono vita, sono pieni di fantasmi! – detto questo iniziò a colpire le pareti con una raffica di colpi di pistola.
Nelle stanze dove si trovavano gli altri, il defunto Kimura aveva posizionato vari monitor, che di colpo si accesero simultaneamente.
- Ma che…?! – esclamò Jet, restando per un istante abbagliato prima di sgranare gli occhi sconvolto: le immagini mostravano per intero le riprese di ciò che Kimura aveva fatto loro solo pochi giorni prima, dal momento in cui erano incoscienti fino alle varie torture.
- Quel figlio di puttana aveva filmato tutto! – ringhiò, mentre sentiva che qualcosa in lui si stava lentamente sgretolando. La porta alle loro spalle si sprangò automaticamente e lui vi si scagliò contro, ma si sentiva debole…debole come quella volta… Si voltò a guardare Françoise: era in ginocchio sul pavimento, gli occhi puntati sugli schermi, pallida come un lenzuolo e tremava.
002 sentì una voce che si rivolgeva a lui; doveva essere M11, ma era come se provenisse da dentro la sua testa.
– Hai visto? - gli disse con un tono maligno che pretendeva di essere sincero – Hai visto quello che hanno passato i tuoi amici? –
Jet non avrebbe voluto guardare quelle immagini neanche per un secondo, ma sentiva una specie di forza oscura nel cervello che lo obbligava a farlo. I suoi occhi videro tutto quello che non aveva potuto sapere fino a quel momento, sia ciò che gli altri conoscevano perché fatto a loro stessi o volutamente mostrato loro da Kimura, sia ciò che lo scienziato pazzo non aveva ritenuto necessario condividere. Era come incatenato a un film horror: vide Kimura mentre forava col bisturi la gola di Chang e mentre sparava con la massima indifferenza addosso ad Albert, incapace di reagire; vide gli enormi punteruoli scavare e penetrare la pelle di Geronimo; vide Punma incatenato al letto che cercava disperatamente l’aria sotto la superficie scura dall’acqua, rischiando la pazzia, e Bretagna che tentava di divincolarsi in preda a dolori atroci; vide Joe completamente immobilizzato, che urlava sentendo il cuore e il cervello in procinto di spaccarsi; infine, vide ciò che temeva più di tutto di guardare: lui, al lato del letto di Françoise, che, appoggiato al corpo della ragazza, iniziava a toccarla sempre di più, mentre lei, col viso in fiamme, piangeva chiedendogli di smettere.
Guardandosi dall’esterno, inquadrato impietosamente da una telecamera asettica, quel filmato gli riportava sempre di più l’idea di una terribile violenza. La voce tornò a parlargli.
- Allora, hai visto? Tu, invece, te la sei cavata a buon mercato, come sempre! Guarda i tuoi amici, guarda cosa facevano loro, mentre tu te la spassavi! Ammettilo, ti sei sentito fortunato: neanche un graffio e, in più, la possibilità di accarezzare quel corpo bellissimo, bianco, morbido e delicato! Peccato che tu non sia andato fino in fondo: dopotutto, penso che a lei stesse piacendo, anche se una donna non lo ammetterà mai! –
- CHE DICI?! – urlò il ragazzo, portandosi le mani alle tempie – NON E’COSI’, NON E’ COSI!!!-
Se Jet fosse stato lucido, si sarebbe stupito del fatto che 003 non avesse reagito neanche per un istante alle sue urla, né alla voce che gli parlava. Era come se lei fosse da un’altra parte, una bambolina impietrita, persa nei suoi incubi.
- Avanti- lo esortò la voce - puoi continuare quello che hai iniziato!
Anche Chang e Geronimo erano stati resi partecipi della visione di quelle immagini, che, interagendo con ciò che avevano respirato, li stava quasi riportando fisicamente indietro nel tempo. Chang si portò la mano alla gola, come se non potesse parlare e respirare, come se avesse perso i suoi poteri, mentre la voce diabolica del loro nemico iniziò a parlargli.
- In fondo è meglio così…I tuoi poteri sono inutili e pericolosi. Dovresti saperlo che non si gioca col fuoco: il fuoco fa solo danni, lo sai! E’ meglio che tu non possa usarlo! Lo so che ti manca l’aria…tra poco finirà, e tu morirai soffrendo! –
- N…no! Non è vero! –
- Ma certo che è vero! E non pensare che i tuoi amici vogliano aiutarti; stanno tutti cercando 008: lui sì, che è utile in battaglia! Tu non servi a niente! Se vuoi fare un piacere a loro e a te stesso, usa la pistola che porti alla cintura! -
I colpi micidiali del paralyser nella sua funzione letale schizzavano e rimbalzavano pericolosamente da una superficie all’altra; 007 era totalmente in preda alle sue ossessioni e cercava invano di distruggerle. Solo per pura fortuna né lui né 004 erano stati gravemente feriti e i proiettili avevano lasciato solo alcuni graffi su di loro; continuando così, però, le speranze che la “fortuna” si sarebbe protratta ancora a lungo andavano molto ad assottigliarsi.
Albert sentì distintamente una voce che gli parlava nella testa. La sensazione gli era familiare: 001 comunicava con loro in quel modo, ma quella voce non apparteneva certamente a Ivan; quella voce si stava rivolgendo alla parte più fredda e calcolatrice del suo io, la parte che lui stesso aveva così faticosamente coltivato dopo la perdita di Hilda e che solo la presenza dei suoi compagni aveva contribuito a smorzare. Da solo, in battaglia, quella parte della mente di 004 aveva il sopravvento su tutto.
- Uccidilo! Uccidi il tuo compagno, prima che possa far del male a te e agli altri…ormai lo hai perso, non c’è modo di risvegliarlo dai suoi incubi! E’ l’unica cosa che puoi fare, per te, per lui, per la vostra squadra…E’ il male minore! –
Gli occhi di 004 si ridussero a una fessura. Esitò solo un istante, poi colpì 007 al centro del petto.
Un silenzio glaciale calò intorno a loro.
Albert si avvicinò all’amico e ne controllò il respiro, poi si guardò attorno, come per cercare inutilmente con lo sguardo la persona che gli aveva parlato; si voltò di nuovo verso Bretagna e lo sollevò da terra, caricandolo in spalla.
“Chiunque sia questo pazzo, deve essere completamente idiota se pensava di ingannarmi con due parole!” si disse “Spero solo che quando 007 riprenderà i sensi sia passato l’effetto di quella sostanza e che si svegli quanto prima: in questo modo difenderci sarà molto più complicato!”
Joe aveva la sensazione che le pareti di quel posto si moltiplicassero al suo passaggio, guidandolo in una direzione precisa, e che lui non potesse minimamente modificare quel percorso, che pareva terminasse con la luce di un grande schermo. Si fermò di colpo, davanti all’immagine di Jet che accarezzava Françoise…un’immagine sulla quale non avrebbe voluto soffermarsi, talmente gli sembrava crudele e straniante. La solita voce gli parlò dentro.
- Fa male, vero? Lui sapeva quanto tieni a lei, ma non ha esitato un solo istante! –
- N…non è vero!! – esclamò d’istinto Joe, lottando affinché quelle immagini e quella voce non cancellassero la verità.
- Eppure è così! Pensi che lo abbia fatto solo perché Kimura lo costringeva? Se lo credi, guarda cosa sta accadendo in questo preciso istante!
Lo schermo mostrò la camera dov’erano rinchiusi 002 e 003. Lei aveva iniziato a sbottonare la sua uniforme, mostrando a Jet la pelle candida del suo petto, come se desiderasse offrirsi volontariamente a lui. In realtà le cose erano ben lontane da ciò che potevano apparire.
Françoise era stata distrutta interiormente dalla visione di quelle immagini atroci, alle quali la droga respirata fungeva da amplificatore, e, in quel momento, M11 aveva captato il suo desiderio di avere Joe con sé; l’agente dei Black Ghost aveva deciso di sfruttare al massimo le sensazioni di 003 e la stava illudendo che il ragazzo fosse esattamente di fronte a lei. Davanti ai suoi occhi c’era Joe, che le parlava direttamente nella testa, sussurrandole che era tutto finito e invitandola ad abbandonarsi a lui.
- Dimentichiamo tutto. - diceva la voce – Spogliati e lasciami cancellare ogni brutto ricordo.-
Il tono era dolce, come solo poteva essere quello di Joe con lei in certi momenti.
- S…si. Farò come dici…Ho bisogno di te! – mormorò debolmente la ragazza, lasciando cadere sul pavimento la camicia e slacciando il reggiseno.
Jet non capiva ciò che stesse accadendo…era tutto terribilmente confuso. Pensò di essersi addormentato e che quello fosse tutto un sogno…Era un sogno: che male c’era, in fondo? Non c’era nessuna violenza: lei gli si concedeva come avrebbe potuto fare solo dentro una fantasia onirica di tanti anni prima. Françoise era bellissima, dolce, seminuda davanti a lui, che la vedeva realmente così per la prima volta: l’incubo vissuto con Kimura non dava spazio alla contemplazione della bellezza, ma quella sensazione era diversa…c’era qualcosa di stordente, ammaliante e proibito al tempo stesso. 002 vi si abbandonò, desideroso di non pensare; le accarezzò il corpo con le sue lunghe dita e la baciò profondamente, ignaro di essere guardato da Joe, che combatteva per capire se quella fosse realtà o inganno.
- Ti amo, Joe. –
Quella frase, sussurrata sulle sue labbra con gli occhi semichiusi, arrivò a Jet come una scossa elettrica che lo riportò parzialmente alla realtà. Avvertì di colpo che non si trattava di un sogno, ma di uno sporco gioco fatto ai suoi danni, del quale ignorava lo scopo.
Joe sentì la frase rivolta a lui e iniziò a comprendere tutto.
“009…”
- BASTARDO!!! LIBERA 003!! – gridò, rivolgendosi a M11, dopo aver fatto saltare lo schermo in mille pezzi con un semplice colpo della sua mano.
“009, che sta succedendo?”
La voce di Ivan che gli parlava parve fargli tornare del tutto la lucidità.
“Che succede? “ ripeté il bambino “Riesco a percepire solo 004, ma non mi risponde!”
- Ivan, cerca di guidami dagli altri! So che per te è complicato, ma ti prego, metticela tutta! Dobbiamo fare presto! –
Françoise aveva ancora le braccia avvolte intorno alle spalle di Jet; il suo seno ben proporzionato e rotondo aderiva al petto dell’amico, che dové fare uno sforzo immane per staccarsi piano da lei e rivolgersi alla voce che gli parlava.
- No, non tradirò i miei amici…non mi farò usare da te! – disse, catturato da un’angoscia più grande di lui. Prese la pistola e la puntò alla tempia.
- Se non c’è altro modo, mi libererò così! -
Contemporaneamente, anche Geronimo lottava contro gli effetti della droga mescolati alla telepatia di M11; la suggestione che lo avvolgeva era così potente da meravigliarlo, anche se forse non era il nemico a essere realmente così forte: era lui, piuttosto, a essere insolitamente debole, sia nel corpo che nello spirito. Iniziò a sentire addosso un dolore molto simile a quello provato con Kimura, ma a generarlo era uno stormo di giganteschi corvi neri, grandi come aquile, che affondavano i lunghi becchi nella sua carne. Cercò di liberarsene, di cacciarli e, al tempo stesso, di non perdere la reale visione di ciò che lo circondava. Non era semplice, perché una nuvola di piume nere gli offuscava la vista, un fruscio assordante gli riempiva le orecchie e il dolore era quasi insopportabile. Stava quasi per cedere: lottare era faticoso, mentre invece riconoscere a se stesso che era tutta solo una visione e abbandonarvisi, significava anche che prima o poi sarebbe cessata. Ma ci fu un pensiero a scuoterlo:
“Non sono solo! Chang è qui con me, ed è in pericolo!”
005 si mise le mani davanti agli occhi, e lanciò un grido per darsi forza; poi allargò le braccia e si fece spazio spazzando in parte quello stormo immaginario, aprendo uno spiraglio visivo tra realtà e allucinazione. Fu in quello sprazzo che vide l’amico puntarsi la pistola alla testa.
- 006, NO!!- gridò. La sua voce arrivò a Chang come un eco lontano, ma riuscì a fargli allontanare per poco l’arma da se stesso; la suggestione telepatica riguadagnò subito terreno nella mente di 006, facendo in modo che riavvicinasse di nuovo la pistola alla tempia. Questa volta 005 si fece accanto a lui e, non sapendo come fare altrimenti, gli diede un pugno nello stomaco, cercando di non fargli troppo male. L’urto fece del tutto risvegliare 006, il cui problema, adesso, era quello di riprendersi dal colpo inferto da Geronimo!
- 005, per poco non mi ammazzavi!! – protestò, faticando a ricordare quello che stava per fare un attimo prima. L’indiano si sentì rincuorato: aveva salvato il suo amico e questa azione era servita a se stesso per liberarsi dell’influsso di M11.
- Sono contento che sei tornato in te! – gli disse.
- Non sarà certo la tortura di una notte a distruggerci fisicamente e mentalmente! – affermò 006 con orgoglio - Se poi, come nel mio caso, hai visto da vicino la miseria e la fame, capisci che difficilmente può esserci di peggio! –
Geronimo si mise in allerta.
- Cosa c’è? – chiese il cinese, allarmato.
- Ho sentito delle grida…non so se è anche questo un miraggio, ma mi è parsa al voce di 008!-
005 si spostò nella direzione dalla quale proveniva la voce, seguito da 006 che faticava a stargli dietro. Avvertiva ancora delle piccole “interferenze” mentali, ma ormai era lucido abbastanza da capire che la voce di Punma era giunta da dietro a una delle pareti sulla sinistra del corridoio dove si trovavano. I due compagni vi si accostarono e questa volta anche Chang riuscì a sentire un debole lamento, come di qualcuno in preda a un incubo.
Anche Punma aveva assorbito la sostanza che M11 aveva diffuso nell’edificio e, sebbene il nemico non si fosse introdotto nella sua mente perché non ve n’era l’esigenza, gli effetti della droga si stavano manifestando ugualmente in lui attraverso una terribile mescolanza di allucinazioni, paure e ricordi; scene di guerra e morte gli stavano quasi togliendo il respiro. Inizialmente i tonfi dei colpi che 005 stava infliggendo alla parete facevano parte anch’essi della suggestione, ma, quando l’amico distrusse il muro e fu nella stanza, si riebbe un poco.
008 era sempre incatenato alla parete; non sembrava avesse ferite gravi, ma contro il suo collo, alla tempia e dietro al cranio aveva appoggiati tre punteruoli di ferro, che Geronimo riconobbe subito come quelli che aveva utilizzato Kimura per torturarlo. Il primo istinto fu quello di andare incontro al compagno e liberarlo, ma la voce di M11 lo bloccò.
- Fai un solo passo e il tuo amico verrà trapassato nei suoi punti vitali! –
- Maledetto!! – ringhiò 005, paralizzandosi all’istante. Punma gli rivolse faticosamente la parola.
- N…non cedere ai suoi ricatti! Mi sta solo usando per darsi la possibilità di catturarci e faremo tutti la stessa fine! Non preoccupatevi per me e distruggete questo posto! –
- Lo so che vuole usarti per catturarci, ma finché sei vivo hai la possibilità di essere liberato! –
- Lo vedi, 008? Il tuo amico ha colto lo spirito del gioco! La partita non è ancora chiusa, finché ho la possibilità di uccidere anche uno solo di voi!-
Bretagna aprì lentamente gli occhi, mormorando qualcosa. Albert si fermò e lo fece sedere a terra, appoggiandogli la schiena contro il muro. Si accorse con sollievo che stava riprendendo i sensi, ma ancora non poteva sapere se avesse recuperato anche la lucidità.
- Come stai? – gli chiese, quando gli parve che l’amico si fosse del tutto svegliato.
- Mmm- bofonchiò l’altro, massaggiandosi le tempie – se non fanno testo la tachicardia, l’emicrania, il bruciore delle ferite e la confusione mentale, sto davvero benissimo! –
Albert sorrise: era tutto a posto!
- Te la senti di camminare? Dobbiamo portare a termine la missione! –
- Si…Che diavolo è successo? –
- Credo che qualcuno voglia mettersi a giocare con le nostre teste! Evidentemente non sa che rischia di perdere la sua! -
Jet guardò Françoise: era certo che lo sguardo dolce dell’amica e la visione del suo corpo splendido sarebbero state le ultime immagini della sua vita.
Spinse il grilletto. Avvertì un forte dolore.
Il colpo letale rimbalzò sul soffitto. Il dolore che provava era alla sua mano: 009 gliela aveva colpita per sottrargli l’arma e rivolgerla verso l’alto, salvandogli la vita.
Jet scivolò in ginocchio sul pavimento, sentendosi come un sonnambulo svegliato all’improvviso. Con le mani si strinse forte le tempie, per togliersi da dosso quel terribile torpore e, alzando lo sguardo, vide Joe, anche lui in ginocchio sul pavimento, che teneva Françoise tra le braccia; la ragazza era pallidissima e in una specie di trance; 009 la fissava preoccupato, scuotendola piano nel tentativo di farla riprendere.
- Non so che fare…non reagisce! – disse Joe, con la voce tremante – 002, aiutami!-
Anche l’amico si sentiva impotente, mentre guardava 009 affondare disperato la testa nei capelli biondi di lei. Il rumore di passi rapidi sulla porta fece sollevare 002 di scatto e mettersi sulle difensive; fortunatamente apparve 006, che si appoggiò allo stipite trafelatissimo.
- Abbiamo trovato 008, ma è impossibile liberarlo! – disse tutto d’un fiato, senza neanche guardare gli amici; dopo aver ripreso il respiro, si rese conto della scena che aveva davanti.
– Che ha?- domandò preoccupato a 009, avvicinandosi.
- Non lo so! E’ come se fosse sotto l’effetto di quella droga, non reagisce a nessuno stimolo!-
Chang si mise un attimo a pensare.
- Aspetta, fammi provare una cosa…-
Detto questo si fece uscire una piccola fiamma dalla bocca e vi sottopose la sua stessa mano, resistentissima al fuoco; il forte calore la rese quasi rovente e, con quella, sfiorò appena il braccio di Françoise.
La ragazza aprì di scatto gli occhi, lanciando un piccolo grido; aveva sentito sulla pelle lo stesso tipo di scottatura che le capitava di provare quando toccava distrattamente una pentola sul fornello! In quel momento, come era capitato agli altri, non capì immediatamente ciò che era successo; sentì il calore del corpo di Joe che l’abbracciava e si strinse istintivamente a lui. Lentamente, iniziò a realizzare dove si trovava e a ricostruire i momenti in cui aveva iniziato a respirare quella droga, ma il resto sembrava tutto un sogno.
Joe ringraziò di cuore 006: non aveva pensato che uno stimolo doloroso, come quello che aveva ricevuto Jet, avrebbe potuto sottrarre Francoise a quello stato.
Nella stanza arrivarono anche 004 e 007, guidati dalla telepatia di Ivan. Bretagna guardò la ragazza e tossicchiò imbarazzato, guardando dall’altra parte.
- Ehm…abbiamo interrotto qualcosa? – questa volta era abbastanza cosciente da poter guardare le forme nude dell’amica! 003 lo guardò di sbieco, per poi capacitarsi di essere quasi del tutto svestita e si coprì piena di vergogna! Joe le porse la camicia, mentre Chang ripeté concitato ciò che aveva detto entrando nella stanza.
- Adesso che non siamo più sotto il suo controllo mentale, ho paura che M11 uccida sul serio 008!- ribadì 006.
- Dici che non tenterà nessun altro trucco? Siamo ancora ricattabili! – gli fece notare Seven.
- Forse. – rispose 004 – Ma non possiamo prevedere niente; intanto io ho distrutto tutte le telecamere seminate lungo il nostro passaggio, e questo complicherà certamente la vita al nostro “amico”!-
- Dannato codardo! Dobbiamo capire dove si nasconde! – ringhiò 002.
- Liberare 008 ha la precedenza e non possiamo lasciare 005 da solo: io vado da loro, voi cercate di rintracciare M11! -
- Per stanare un coniglio ci vuole una volpe! – affermò 007, prendendo appunto le sembianze di una volpe, ma di una volpe enorme, che faceva paura a vedersi, con la stretta fessura nera al posto della pupilla nell’occhio che niente aveva di quello di Bretagna.
Partì rapidissimo, facendo suo il potente olfatto dell’animale.
“Credo che non sia nel vostro stesso edificio” gli sussurrò 001 telepaticamente.
“ Si, lo so. Penso di averlo sentito” rispose 007, lanciandosi nel giardino esterno, dove ormai il sole si accingeva a calare.
Intanto 009 aveva raggiunto 005 e 008. Se le loro trasmittenti interne fossero state in grado di funzionare tutto sarebbe stato più semplice, ma, fortunatamente, la telepatia di 001 non era inibita da quel posto e servì per trasmettere a Geronimo l’idea di Joe: sarebbero scattati simultaneamente per bloccare e distruggere i punteruoli orientati addosso all’amico; per uno solo di loro sarebbe stato impossibile salvare Punma, ma insieme era possibile farlo. La reciproca complicità fece il resto: a uno sguardo di Joe, l’indiano balzò in avanti, afferrando l’arma puntata dietro la testa; come calcolato da M11, gli atri due punteruoli si diressero di colpo verso la tempia e il collo di 008, ma furono spezzati da 009 in modalità di accelerazione; rapidissimo, 005 staccò i ceppi che tenevano bloccato Punma, che se la cavò soltanto con un piccolo graffio alla tempia, dovuto a un millesimo di secondo di ritardo dell’intervento di Joe sull’arma.
Tutti poterono tirare un respiro di sollievo e Ivan comunicò loro che 007 aveva rintracciato il luogo dove si nascondeva M11: era una piccola costruzione sul retro della casa, che da fuori assomigliava a una dépendance per la servitù; gli altri la stavano circondando, ma il membro dei Black Ghost stava giocando le sue ultime carte sguinzagliandogli contro i soliti coccodrilli cibernetici. Le normali armi non servivano molto contro quelle creature, ma le fiamme di 006 e un paio di colpi di “artiglieria pesante” di 004 furono sufficienti a neutralizzarle proprio mentre tutti i componenti della squadra si ricongiungevano.
- Credete che sia finita? –
La voce di M11 tradiva la sua insicurezza, mentre subdolamente tentava nuovamente di infilarsi nelle menti dei cyborg 00, giungendo loro come un lontano eco maligno pronto a riaprire le ferite ancora fresche.
- 003, controlla se quel cane è ancora lì dentro! – ordinò 004, mentre stringeva i denti dalla rabbia ascoltando i mormorii che M11 gli inviava per ricordargli il suo passato e distruggere la sua psiche.
003 riuscì solo a sentire la presenza dietro la porta: una barriera invisibile, simile ai campi di forza generati da 001, le impediva di usare normalmente i suoi poteri e guardare attraverso.
- 003, ti preferivo nel modo in cui ti aveva ridotta Kimura, così arrendevole, così esposta a chiunque avesse voluto possederti! – sussurrò la voce, facendola nuovamente tremare davanti al ricordo di quella esperienza.
- Smettila!! – gli intimò lei, cercando di reagire.
- Dopotutto Kimura non ti ha fatto niente – sibilò, instillando nella testa di Françoise delle immagini oscene e violente al tempo stesso - se ci fossi stato io, al suo posto, allora sì che avresti potuto lamentarti! –
La ragazza si tappò le orecchie, come se questo potesse servire, poi la sua forza interiore, risvegliata dalla presenza di Joe accanto a lei, la fece riscuotere e rispondere.
- Dimentichi due cose: che anch’io sono un cyborg, quindi pericoloso per te, e che adesso non sono legata! –
005 spaccò la porta e dietro ve n’era una seconda.
Questa volta il potere di M11 sembrava ancor più debole.
- Cosa fa, si nasconde nelle scatole cinesi? – disse 007.
- Almeno non parla più! – commentò 006.
- Comunque è meglio essere cauti – disse 008 – non sappiamo se ha altri tranelli! -
009 si rivolse direttamente a M11.
- Non devi essere un intenditore di psicologia, altrimenti sapresti che il dolore ha effetti diversi sulle persone: alcune annichiliscono, altre si arrabbiano. E molto! –
- Come poteva pensare un telepate di seconda classe come te di riuscire a controllarci simultaneamente? – disse 004, prendendosi apertamente gioco di lui - Perfino 001 faticherebbe in un’impresa del genere! –
- Non ti conviene parlare così di me – rispose cupamente M11, facendosi sentire simultaneamente da tutti attraverso la telepatia - io lo so che, se pure per un istante, ognuno di voi mi avrebbe ascoltato! E lo sapete anche voi: abbiamo tutti ballato sul filo di un solo istante, che separava la vostra coscienza dal vostro istinto, la razionalità dalla pazzia, la mia vittoria dalla vostra! –
La frase li fece tacere: questa volta il loro nemico aveva detto la verità.
- Adesso basta – concluse Joe, spianando la sua arma – Vieni fuori e arrenditi! –
- Perdonami, 009, ma, a questo punto, vorrei risparmiarmi il disturbo di muovermi! Venite voi a prendermi, se ci tenete tanto! –
Ormai la voce non echeggiava nell’aria né parlava nelle loro menti: era una voce reale, e, sebbene usasse un tono ironico, era molto più sottile e flebile di quella sentita fino a quel momento; parlava loro dall’interno di quella porta attraverso la quale Françoise non poteva guardare; questo dettaglio inquietava e irritava ulteriormente la ragazza, che vi leggeva quasi un modo in più per burlarsi di lei facendola sentire inutile e impotente.
I cyborg si guardarono l’un l’altro; il timore che avevano derivava dal fatto che non sapevano se aspettarsi una manovra suicida da parte di M11: avrebbe potuto benissimo possedere dell’esplosivo e vendere cara la pelle pur di trascinarli all’altro mondo. Si misero in guardia come sempre, pronti a schizzare via se la situazione lo avesse richiesto.
005 spaccò l’ultima porta con un pugno, senza fare il minimo sforzo.
M11 era completamente affossato dentro una poltrona girevole, circondato dalle consolle che gli avevano permesso di manovrare da lontano la struttura appartenuta a Kimura.
Nessuno di loro si aspettava di trovarsi di fronte a una simile figura: M11 era una specie di nano, ma il suo cranio era enorme, deformato in modo innaturale e, in alcuni punti, si aprivano come piccole finestre di vetro a mostrare alcuni ingranaggi innestati sotto pelle.
- Ora che mi hai visto non ti faccio più né rabbia né paura, ma pietà, non è così? – disse, rivolgendosi direttamente a 003 che lo guardava basita. Era vero: M11 era un telepate e, in quel momento, leggeva apertamente i sentimenti vari e contraddittori di tutti coloro che lo circondavano. Françoise distolse lo sguardo, quasi vergognandosi, mentre Jet lo fissava pieno di rabbia, esigendo delle spiegazioni.
- Cosa ti aspettavi da me? – domandò 002 – Perché avremmo dovuto comportarci come dicevi?-
- Perché è divertente far leva sui desideri nascosti, sulle passioni e sugli istinti: viene sempre fuori qualcosa d’interessante! Anche se, sinceramente, pur sapendo quanto siete imprevedibili, mi aspettavo un risultato da tragedia classica: l’uomo tradito dalla sua donna e dall’amico si vendica uccidendo entrambi e, preso dal rimorso si toglie la vita!- M11 si lasciò andare a una risata patetica e continuò - Comunque sarebbe andato bene anche il tuo suicidio, se 009 non avesse fatto saltare tutti gli schemi! –
- Che vuoi farci, qui pochissimi si attengono al copione! – gli rispose Bretagna, ironico.
- Perché ci odi tanto? – domandò la ragazza.
Quella domanda era strana: nessuno dei suoi compagni l’avrebbe fatta; odio o no, i Black Ghost erano i loro nemici naturali.
- Perché? A dire il vero, non lo so! Ci possono essere mille ragioni, valide o stupide! Perché siete liberi? Perché siete vivi e non dovreste esserlo? Perché siete dei relitti umani, degli esseri inutili, eppure non vi disprezzate a vicenda? Perché molti di voi meriterebbero gli stessi sguardi di pietà o di derisione che ho avuto io stesso, prima di decidere che non volevo essere né burlato né compatito, ma temuto!-
- A me non fai nessuna pietà! – disse Albert, gelidamente.
- Lo so, 004. E, come vi ho detto, è esattamente ciò che desidero! –
Prendendo tutti di sorpresa, estrasse la canna di una piccola pistola direttamente dal polso, mirando proprio a Françoise. 009 le si parò istintivamente di fronte, facendole scudo.
004 sparò per primo e non mancò il bersaglio.
La ragazza lanciò un grido, coprendosi gli occhi. Con le ultime forze rimaste, M11 parlò loro telepaticamente e, quasi in un bisbiglio, disse:
- Vi odio, bastardi traditori…eppure, vi ringrazio…-
Il corpo di M11 smise di respirare e rimase grottescamente abbandonato sulla sedia come un sacco vuoto. I cyborg gli si avvicinarono, con addosso delle sensazioni contrastanti…Se da un lato erano risollevati, dall’altro c’era, nella fine di quell’essere, qualcosa di realmente grottesco.
- Voleva colpire proprio 003, dannato bastardo! – disse 002, ancora pieno di rabbia.
- Perché, poi? – si chiese Chang.
- Perché provava compassione e perché avrebbe colpito anche tutti noi, compiacendosi di attirare il nostro odio nei suoi riguardi…- rispose Joe.
- Aveva dei poteri simili a quelli di 001, anche se, fortunatamente, molto deboli, considerando che aveva bisogno di drogarci per soggiogarci mentalmente. – commentò Punma.
- Perché ci ha ringraziati? – chiese 007, fissando quel corpo inerte con una sorta di tristezza addosso.
- Tu, se fossi stato come lui, saresti stato molto contento di continuare a vivere? – rispose cupamente Albert.
- Non è stato lui a voler diventare così? – osservò 006 – Dopo di noi, tolte poche eccezioni, hanno usato solo volontari. –
- Noi non possiamo conoscere la sua vera storia. – disse 009 – Non sapremo mai chi era realmente né chi fosse prima di diventare un cyborg. Forse era soltanto una persona molto fragile o malata: ricordate quello che disse, parlando della mente? La definì “deviata e contorta” e, quando 007 gli fece quella battuta, chiedendogli se stesse descrivendo se stesso, lui non rispose…-
- Anche se aveva dei problemi e o delle turbe psichiche, questo non lo autorizzava a odiare e distruggere gli altri. – asserì 004, impassibile come sempre – Ricordati che ognuno di noi avrebbe potuto fare la stessa identica cosa! –
Joe ascoltò l’amico. Razionalmente era difficile non essere d’accordo con lui, eppure 009 non riusciva, nonostante tutto, a non provare, come Françoise, una forma di compassione per quel nemico. Lo guardò per l’ultima volta, consapevole che la moltitudine delle sue domande, come spesso accadeva, sarebbero rimaste senza una risposta.
Ora l’unica cosa che rimaneva da fare era entrare in possesso degli ultimi file, sperando che M11 non li avesse già trasmessi ai Black Ghost, e distruggere finalmente quell’edificio.
Mezz’ora dopo tutto si era definitivamente concluso.
La serata era fresca e piacevole, piena di stelle; era come se il cielo non avesse voluto prendere in considerazione i momenti terribili che tutti loro avevano passato, o come se, in un certo senso, cercasse di dare il suo aiuto a quelle creature così piccole che stavano sotto di lui.
Ormai erano nuovamente a casa, dove il tempo pareva essersi fermato alle ore precedenti la loro missione. Sembrava che tutti avessero una gran voglia di non pensare, di stare semplicemente in pace.
Françoise aveva acceso la radio e si era allontanata un poco con Joe; Ivan dormiva accanto al dottor Gilmore, che leggeva un libro in poltrona; Punma se ne stava al computer e Geronimo intagliava come sempre qualcosa nell’altro angolo del salotto. Bretagna aveva sfidato Albert a una partita a scacchi e, come avveniva di solito, stava perdendo miseramente.
- Gli scacchi non sono per te: bisogna ragionare! – commentò l’amico con un largo sorriso, mentre concludeva vittoriosamente la partita.
- Vorresti dire che sono uno che non ragiona?! – obiettò l’altro, sollevando un sopracciglio.
- Infatti. Tu fai dei giri mentali: è diverso dal ragionare!!
- Lasciamo perdere i giri mentali! Vado in terrazza a fumare un po’ la pipa!
All’esterno c’era Chang intento a scambiare due parole insieme a Joe e Françoise.
- Quanta folla! – fece 007, appoggiandosi anche lui al parapetto.
- Allora tornatene dentro! – gli rispose 006, senza tanti complimenti.
- Ma figurati! Mi sembra d’esser stato solo per un’eternità!
- Sai che è strano? – disse Joe – Ho la stessa sensazione! –
Francoise sospirò malinconica.
- E’ colpa di come ha voluto farci sentire il nostro nemico: voleva portarci a credere di essere soli e a farci odiare noi stessi e gli altri…voleva convincerci che quella fosse la verità.-
Joe l’abbracciò con tenerezza, continuando a guardare il cielo pieno di stelle, mentre 007 le rispose seguendo il filo dei suoi pensieri.
- La verità…Forse c’è una sola cosa vera: nella vita l’odio è sempre troppo e l’amore è sempre troppo poco!-
- Il solito Shakespeare? – chiese Chang.
- No, questa è mia! –
- Oh. Ogni tanto tiri fuori qualcosa di buono anche tu! –
- Detto da te è un gran complimento! –
- Ora basta con le chiacchiere: andiamo a lavorare in cucina!-
- Uff, sempre la cucina! Ma non potremmo fare, solo per una volta, qualcosa di diverso?-
- Tipo? –
- Che ne so, una cosa qualsiasi, pure intagliare un pezzo di legno! –
- Fai pure, così è la volta buona che perdi un arto! E’ vero che nel tuo caso sono inutili: l’unica parte del corpo che utilizzi veramente è la bocca! –
- Ma sentitelo!! Quasi quasi non ti aiuto più! –
Joe e Francoise ridevano mentre li guardavano entrare in casa. Restarono un poco soli, respirando la piacevole aria della notte, poi la ragazza si congedò dandogli un piccolo bacio sulle labbra: era il caso di portare Ivan nella sua stanza.
– Io ti raggiungo tra poco. – disse lui con un sorriso.
Joe continuò a fissare il mare, assaporando quella sensazione di tranquillità che non sentiva da molti giorni. A un certo punto il suo occhio si posò in un angolo della scogliera: anche se era buio, non era difficile notare la sagoma di Jet, che se ne stava quasi raggomitolato tra le pietre a fissare le onde scure. Lui era sempre il duro della situazione, quello che, insieme ad Albert, sembrava non accusare mai i colpi delle missioni, ma quella volta ancora non riusciva a rimettersi.
002 non sapeva di cosa avesse bisogno, ma gli mancava qualcosa…forse semplicemente doveva perdonarsi da solo. Una mano gli accarezzò la testa, scompigliandogli i capelli: un gesto che era solito fare lui ai suoi amici. Alzò gli occhi e vide l’espressione sorridente di Joe. Jet lo guardò sorpreso per un istante, poi si voltò di nuovo con la stessa faccia cupa che aveva un secondo prima. Joe si mise a sedere accanto a lui.
- E’ strano che ancora non ti sei ripreso – gli disse – ci è riuscito perfino 007! –
- Umf, capirai! – sbuffò – Lui sta lavorando da una vita sempre sulle stesse cose, a me, invece, è tutto capito praticamente ieri! –
- Ah. Quindi servirà anche a te una vita? – rispose l’amico con un tono semiserio.
- Spero di no, ma credo di si! –
- E dovremo tenerti per tutto il tempo con questa faccia? –
Per tutta risposta, Jet sbuffò di nuovo. Stette un po’ in silenzio e poi si rivolse a Joe.
- Quello che mi fa rabbia di te è il fatto che tu non desideri prendermi a pugni! –
- Prenderti a pugni? Se ti fa piacere, lo faccio: non mi costa nulla! Solo mi spieghi perché dovrei farlo? –
- Come perché?! – fece Jet incredulo – Ma non hai visto quello che ho fatto?? –
- Certo che ho visto: eri drogato e condizionato mentalmente! –
- E…- esitò un momento – e se io, per un attimo, l’avessi desiderata davvero? –
Joe restò a riflettere.
- Sono l’ultimo al mondo a poterti biasimare per questo. Sarebbe strano che tu non l’avessi desiderata. – rispose serio.
- Quindi? Non ti basta questo per ammazzarmi? –
- Veramente stavi già provvedendo da solo, se non ti avessi fermato io! –
002 ripercorse mentalmente l’accaduto: chissà perché, non si era ricordato del gesto che stava per compiere pur di non toccare 003, pur di non costringerla a un atto che avrebbe rovinato per sempre il loro rapporto e quello con Joe; forse, ai suoi stessi occhi, pesava molto di più il desiderio provato e il senso di colpa che ne era derivato. Si sentiva in colpa…lui che non gli era mai importato mai niente delle conseguenze delle sue azioni!
- Jet – continuò Joe – hai fatto sempre di tutto per difendere Françoise! Lo sappiamo tutti, tranne te! Ti assicuro che non ho alcuna ragione per odiarti o per picchiarti! –
002 lo guardò a bocca aperta, esclamando:
- Sei davvero incredibile!
Joe osservò l’espressione dell’amico, che era un indecifrabile miscuglio tra lo stupito, il commosso e lo scandalizzato e non poté trattenere uno scoppio di risate! L’americano, per un istante, si accigliò, ma, solo due secondi dopo, scoppiò a ridere a sua volta!
Françoise stava dando un po’ di latte a Ivan appoggiata al davanzale della finestra aperta e vide la scena da lontano; dopo tanto tempo, provò una sensazione di vera felicità e di leggerezza: la stessa di chi ha ritrovato una cosa preziosa che temeva persa per sempre.
© 07/08/ 2017
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