QUOTIDIANITÀ

di Michela


Parte 1


Françoise controllò l’orologio per l’ennesima volta…
Ancora un po’ ed aveva finito il turno per fortuna, era davvero stanca, non aveva dormito molto quella notte…
A quest’ora l’aereo sta ancora sorvolando l’Oceano.
Cacciò il pensiero, si affrettò lungo il corridoio e tirò fuori il cellulare dalla tasca per chiamare sua madre e chiederle se andava tutto bene, dal momento che, come accadeva spesso quando Joe non c’era, si sarebbe fermata a casa loro per qualche giorno ad aiutarla con il bambino…
Il suo cuccioletto era cresciuto, aveva quasi tre anni ormai, ed aveva iniziato da poco l’asilo, ma lei aveva quegli stramaledetti turni in ospedale e non ce la faceva da sola…
A volte si sentiva orribilmente in colpa, e si chiedeva per quale attacco mostruoso di egoismo si fosse convinta di dover mettere al mondo un figlio, e non sapeva proprio con quale coraggio stesse martellando continuamente Joe con l’idea che dovevano farne un altro, ma era certa che non lo avrebbe lasciato figlio unico.
Solo che…
Ecco, ultimamente era piena di dubbi…
Non capiva cosa le stesse succedendo, e forse era solo la stanchezza, forse lo stress, ma, da alcune settimane ormai, si ritrovava piena di paure e incertezze che pensava di avere superato da anni…
Era in piena crisi…
Aveva provato a parlarne con Joe più volte, ma nel modo sbagliato, lo sapeva, ed avevano finito col litigare invece di comunicare, lui sulle difensive che attaccava e lei che piangeva come una fontana e si autocommiserava…
Che patetica…
Lo aveva accennato anche a suo padre e lui le aveva risposto che le crisi facevano parte della vita, che significavano che c’era qualcosa che non le andava più bene e necessitava di essere modificato, che doveva solo scoprire di cosa si trattava e darsi da fare…
Fosse facile…
Cos’era che non andava bene, che non andava più bene?
Era talmente confusa che non riusciva a capirlo e a tratti le pareva che non andasse bene niente, niente, solo che non era così, andava tutto bene: aveva il suo lavoro, anche se non era ancora arrivata dove voleva lei, aveva Joe, anche se aveva poco tempo da dedicargli, e aveva il suo bambino, che nonostante i turni non le pareva proprio di trascurare troppo, no, non le pareva…
Era tutto a posto, ma...
Ma?
Non sapeva, non capiva… non capiva più bene cosa aveva, cosa voleva, cosa le mancava e si ripeteva invano che non doveva crogiolarsi nelle insicurezze, che doveva sforzarsi di andare avanti, ignorando i dubbi e i sensi di colpa ingiustificati.
Sperava solo che una volta a casa sua madre non le facesse uno dei suoi soliti commenti, perché con poche parole riusciva regolarmente a farle crollare tutte le sue certezze, le poche che le rimanevano, e non poteva neppure mandarla a quel paese dal momento che aveva bisogno di lei; doveva solo ringraziare il cielo che in quei giorni potesse essere lì ad aiutarla, in fondo aveva anche lei la sua vita…
“Dottoressa Arnaul!”
Rimise il cellulare in tasca ed andò incontro all’infermiera che la chiamava senza essere riuscita a sentire sua madre…
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Alla fine del turno era tornata a casa stremata e incazzata nera per essere rimasta ingolfata nel traffico pauroso delle ore di punta (doveva decidersi a mettere via la macchina e tirare fuori la bicicletta), ma appena entrata in casa si era sforzata di sorridere ed era corsa ad abbracciare André che giocava seduto sul tappeto del salotto, tutti i suoi giocattoli sparpagliati intorno creando l’ormai consueto caos... lo strinse a sé con un moto di gioia, il suo bambino, il suo amore, ed ascoltò il suo chiacchiericcio mentre gli accarezzava i capelli chiari e se lo sbaciucchiava, quando non le scappava di mano per correre in giro, sollevata di avere sua madre lì che preparava la cena e si occupava di tutte le cose materiali.
Più tardi, dopo mangiato, aprì il computer con André in braccio, per mostrargli dove doveva essere in quel momento l’aereo del papà…
Non prima di avere controllato che non ci fosse qualche brutta notizia…
Niente, bene.
Ma aveva quel nodo alla gola dalla mattina.
Quando lui partiva aveva sempre quella paura ridicola che potesse succedergli qualcosa e fino a quando lui non la chiamava dicendole che era tutto a posto ed era giunto sano e salvo a destinazione non riusciva a tranquillizzarsi…
Le prime volte era addirittura terrorizzata dall’idea che le sue potessero essere premonizioni, ora almeno sapeva che si trattava solo di paure irrazionali.
Se ci pensava aveva sempre avvertito quella sensazione del tempo che scorreva e non tornava indietro, la convinzione di dovere sfruttare ogni momento perché poteva finire e da sempre le ore con Joe le erano parse preziose, ma era da quando era rimasta incinta che aveva iniziato con quelle vere e proprie fobie, forse perché ora aveva così tanto da perdere, o forse solo per il fatto che lavorava in ospedale e vedeva tante vite spezzate e le pareva impossibile che a lei dovesse andare sempre tutto bene, che potesse cavarsela così a buon mercato...
Da un po’ poi si sentiva particolarmente tesa, fragile e forse per questo aveva ancora più paura del solito, o, più probabilmente, era il fatto che avevano litigato pesantemente la sera prima, e che quella mattina non si erano neppure parlati, ognuno fermo nelle proprie posizioni, così stupide le pareva adesso.
E così se ne stava lì a controllare le notizie ANSA per paura che quello stupido aereo cadesse…
Le veniva da piangere, non sapeva neppure perché.
Il resto del tempo lo impiegò a cercare di spiegare al suo amorino che doveva andare a letto, mentre lui non ne voleva sapere e continuava a frignottare e a fare capricci per la stanchezza.
Nonostante sua madre seguitasse a ripeterle che in quel modo lo viziava lo prese in braccio, così come le chiedeva lui, e si piazzò sdraiata sul divano, lui steso sulla sua pancia, e c’era il rischio che si addormentasse prima lei da quanto cotta era.
Fu sua madre a toglierglielo, ormai addormentato, dalle braccia e a portarlo in camera… se non ci fosse stata lei se lo sarebbe messo nel lettone…
Brontolava ogni volta che lui si svegliava di notte e le chiedeva di poter dormire con loro, perché André si muoveva continuamente nel sonno, ma in realtà amava sentire accanto a sé il calore del suo corpicino addormentato e sovente era lei stessa ad abbracciarlo per prima durante la notte, soddisfatta solo quando lui si avvinghiava a lei, mentre Joe, al contrario, a volte si alzava spazientito e si trasferiva nell’altra stanza per riuscire a dormire…
Lo sapeva che lo viziava, ma non poteva farci niente, cercava di supplire a tutto il tempo che non gli dedicava, cercava di lavarsi i suoi sensi di colpa viziandolo...
Joe invece riusciva ad essere un po’ più fermo, ma lui poteva permetterselo, perché aveva la possibilità di portarsi a casa il lavoro e quando non era in giro, lontano per giorni, era più presente di lei...
Sospirando si alzò a fatica dal divano, mezza addormentata, per andare a controllare il computer: niente notizie di aerei caduti per fortuna, ma per ogni evenienza si prese il portatile e si sdraiò nuovamente appoggiandoselo in grembo…
Sua madre era tornata poco dopo ed aveva acceso il televisore mentre lei non riusciva a smettere di controllare ossessivamente le notizie...
“Non puoi metterti in part-time? Ormai Joe guadagna abbastanza, non avete bisogno di soldi...”
Ecco, lo sapeva, era troppo sperare di non sentirselo ripetere per l’ennesima volta?
“Mamma per favore…”
Come se fosse stato così facile, e poi non era che fosse sempre fuori casa, dipendeva dai turni che aveva, e comunque al momento il part-time era impensabile, al lavoro la situazione era complicata, aveva già perso un anno di maternità e non aveva un posto fisso e sicuro e…
“Non so come ti viene in mente di voler fare un altro figlio… e non siete neanche sposati…”
Françoise non aveva neppure risposto e non aveva più aperto bocca, apparentemente intenta a guardare la TV, mentre in realtà non sapeva neppure cosa stavano trasmettendo.
Non voleva più ascoltare, le veniva da piangere.
Era proprio per quello che lei e Joe avevano litigato la sera prima, quando André era già a letto…
Era da un po’ di mesi che lei aveva smesso di prendere la pillola e che lo tormentava con la storia che voleva un altro figlio, che tre anni di differenza erano la cosa migliore e già era troppo tardi … ma Joe non lo capiva, diceva che stavano bene così, che a lui bastava André, che un altro figlio lo avrebbero sempre potuto fare un giorno, in futuro (mai se era per lui)...
E non era neppure per quello che avevano litigato, in fondo non era neppure del tutto sicura che fosse il momento giusto per fare un alto figlio e poi sapeva di dover solo insistere, come sapeva che una volta che fosse nato il bambino lui sarebbe stato contento, proprio come era così felice ora di avere André…
Avevano litigato per un’altra cosa che Joe non voleva fare, perché lei pensava che fosse ora che si sposassero e non credeva a tutte quelle stronzate che le diceva lui, che stavano bene così, che non avevano bisogno di un contratto… non era quello il punto, no…
A lei pareva, sentiva, che si trattava di un impegno che dovevano prendere, soprattutto ora che non erano più soli, che erano una famiglia e le pareva che quel suo rifiuto fosse il rifiuto di dire: va bene, mi impegno anche per il futuro, mi impegno a sopportare le fatiche e i momenti duri, morti, noiosi… le pareva che fosse come se volesse tenersi ancora aperta una via, che non volesse impegnarsi fino in fondo…
Forse aveva ragione lui, che sosteneva che questa «smania» le era venuta da quando l’anno prima Jet e Natalie si erano sposati anche se materialmente erano assai più precari di loro ed avevano meno denaro (non avevano avuto paura, loro), ma ormai non era più una «smania», era qualcosa di più, era un vero e proprio bisogno. 
Ed ora Natalie era incinta e chiamava Jet «mio marito», mentre lei doveva dire sempre «il mio compagno», che era una parola del ca…volo, ecco… e la odiava con tutte le sue forze.
Si sentiva precaria in tutto, precaria come mamma, come medico, ed anche come donna.
Per quello la sera prima avevano finito con l’urlare e dirsi cattiverie, incuranti del bambino che dormiva nell’altra stanza…
Lei aveva tirato fuori per l’ennesima volta tutte le cose che lui non faceva in casa, bagno in primis, e gli aveva gridato che per lui era facile, che non aveva rinunciato a niente e che gli faceva comodo andarsene in giro a fare il giovane e bel commissario di polizia emergente senza anello al dito, senza legami, e che era stanca di trovare messaggi equivoci di troie che si spacciavano per colleghe nel cellulare di lui, ed aveva anche ricordato la storia della mail allucinante che gli avevano inviato una volta e il fatto che al suo compleanno, oltre a tutti quei regali, gli era arrivata una torta preparata in casa (con tanto amore) e perfino un mazzo di fiori, mentre lei non aveva tempo per preparargli torte che neppure gli piacevano, va bene? E neanche ne era capace (che se le facesse lui, chi lo diceva che era una cosa da donne?), e quella torta (le stava proprio lì) la prossima volta la buttava nel cesso, ecco, o gliela tirava in faccia, meglio ancora… e in quanto ai mazzi di fiori… beh… magari la prossima volta avrebbe fatto qualche sorriso in più a qualche suo collega che non si sa mai, magari arrivavano anche a lei e poi… poi era arrivata a dirgli che secondo lei lui quelle puttane le incoraggiava, che qualcosa dava loro di sicuro, perché non era possibile che fossero così spudorate (anche se Catherine le assicurava che erano così, anzi, che erano anche peggio)…
Joe come al solito aveva reagito malissimo, le aveva urlato che doveva smetterla e che se continuava così la mollava, che era una gelosa isterica piena di insicurezze, e prima di andarsene a dormire in salotto sbattendo la porta aveva aggiunto che il problema era lei e cosa cazzo si metteva in testa di mettere al mondo un altro figlio se neanche riusciva a gestirne uno, e cosa cazzo voleva sposarsi se già lo trascurava ora che neanche erano sposati e per ultimo le aveva gridato che se non fosse stato per André se ne sarebbe già andato da tempo…
Perché lo sapeva come farle del male, oh se lo sapeva!
Almeno per quale miracolo André non si era svegliato, ed era rimasta stesa a letto a piangere per un bel po’, sperando invano che lui venisse da lei, a fare la pace, pensando nel contempo che non voleva fare la pace, perché era un bastardo, uno stronzo, un figlio di puttana bastardo, e che non era vero che non era una brava madre, che non era vero che non era una brava moglie, no… compagna… 
Che non era vero che lui se ne voleva andare…
Poi si era addormentata lo stesso ed aveva anche dormito qualche ora, perché il giorno dopo doveva lavorare ed ormai aveva imparato a farsela passare, ma il mattino dopo lui era partito per andare all’aeroporto e lei non lo aveva neppure salutato, ancora arrabbiata…
E se succedeva qualcosa, se… se quell’aereo cadeva senza che avessero potuto chiarire, senza che gli avesse potuto dire che lo amava…
Si svegliò di colpo…
La televisione era spenta, il computer non era più tra le sue mani e sua madre le aveva adagiato una coperta sopra… la sua mamma, rompeva le palle in maniera vergognosa ma era la sua mamma, come lei era la mamma di André.
Si sollevò a fatica, ancora mezza assonnata e un po’ acciaccata e si diresse in camera… si fermò di fronte alla stanza di André, ma purtroppo non poteva entrare perché c’era anche sua madre lì dentro, nel letto in più, e non voleva svegliarla, peccato, avrebbe voluto dare un bacio al suo bambino…
Tutto perché la stanzetta degli ospiti serviva a Joe per portarsi il lavoro in casa e a dire la verità in mezzo ci avevano piazzato anche l’asse da stiro che usavano ambedue, perché erano tutti e due troppo pigri per metterla via e tirarla fuori ogni volta.
Era un po’ che dovevano cambiare casa, ma anche lì era tutto un discutere ed una continua ricerca di equilibrio, di un compromesso... Joe la voleva in qualche posto dimenticato da Dio così poteva stare tranquillo, mentre lei preferiva rimanere in città, anzi, aveva bisogno di rimanere in città ed avere tutto a portata di mano…
Alla fine avevano deciso di aspettare, di mettersi via i soldi e prendersi qualcosa in città, possibilmente una vecchia casa da ristrutturare che piacesse ad ambedue…
Era sempre tutto un compromesso tra loro ed a volte era dannatamente faticoso e lei era sempre troppo stanca.
Almeno il giorno dopo era venerdì e poi aveva due giorni tutti per sé, per riposarsi, e per la sua famiglia… solo che mancava un pezzo importante della famiglia e che neanche erano una famiglia riconosciuta e non era perché le coppie di fatto non erano riconosciute, era perché quell’idiota non voleva mettere le cose nero su bianco.
Tornò in salotto e controllò il computer per l’ultima volta… bene… nessun aereo caduto…
Era paranoica, lo sapeva.
Andò a dormire sentendosi a pezzi, come sempre ultimamente, con il cellulare a fianco, sperando che lui le mandasse lo stesso un messaggio una volta arrivato, anche se era ancora arrabbiato, perché non poteva vivere senza di lui…
Lo amava ancora da morire…


Parte 2

Il giorno dopo si alzò presto constatando un po’ dispiaciuta che era sola, il suo cuccioletto aveva dormito per tutta la notte nel suo lettino, grazie a qualche potere occulto della nonna…
Aveva controllato subito il cellulare ma quel bastardissimo stronzo non l’aveva chiamata... niente, neanche due parole…
A meno che… la rabbia le era scesa di colpo e presa dal panico si era alzata per correre ad accendere il computer… aspettò con ansia che quello stupido si accendesse e poi si connettesse… le pareva che ci mettesse una vita…
Non erano caduti aerei durante la notte e ormai lui doveva essere arrivato da un pezzo.
Andò a lavarsi non ancora del tutto tranquillizzata: finché quel bastardo non la chiamava non sarebbe stata bene e alla peggio gli avrebbe mandato un messaggio lei, anche se lui era stronzo e non se lo meritava...
Quando era uscita dal bagno aveva trovato sua madre in cucina che le preparava la colazione, preoccupata come sempre che lei non mangiasse abbastanza…
La sua mamma...
Di solito era Joe che le preparava la colazione…
Si era seduta al tavolo già stanca, sentendosi molto più figlia che mamma, come non le accadeva da un po’ e pensando svogliatamente che quel giorno il suo cucciolo poteva dormire di più visto che la nonna poteva portarlo più tardi all’asilo e che le dispiaceva non vederlo…
“Mamma!”
Come non detto…
Si alzò, ed arrivata in camera tirò su un poco la persiana…
Il suo cuccioletto era seduto sul letto e si stava stropicciando gli occhi… era una piccola cosa coccolosa, da strizzare e non poteva resistere, così iniziò a stringerselo ed a riempirlo di baci, facendolo ridere…
“Corriamo in bagno!” gli fece poi allargando le braccia per prenderlo, era da poco che il piccolo aveva imparato a resistere per tutta la notte senza fare la pipì, ed era meglio non correre rischi… non voleva ripensare a tutte le arrabbiature che aveva dovuto mandare giù dal momento che lui era già abbastanza avvilito di suo…
“Vai via?” le aveva chiesto più tardi in cucina, seduto sullo sgabellino alto, di design e assurdamente costoso, che Joe aveva comprato apposta per lui…
“Al lavoro, lo sai…”
Da quando aveva smesso di andare al nido ed aveva iniziato l’asilo vero e proprio voleva sempre rimanere a casa, il nuovo ambiente non lo entusiasmava proprio e a lei scappava una lacrimuccia ogni volta che toccava a lei accompagnarlo lì la mattina… avrebbe preferito sentirlo urlare e disperarsi come facevano altri piuttosto di vederlo mettersi in un angolo, immobile, in silenzio, con la faccetta triste…
Le veniva il magone e si sentiva morire ogni volta.
“Sto con la nonna?” le aveva chiesto tutto speranzoso.
Lo aveva guardato con un sorriso falsissimo, lo stesso che gli sfornava quando lo mollava all’asilo, mentre gli asciugava la bocca sporca di latte...
“La nonna ti accompagna all’asilo un po’ più tardi…”
Le labbra gli si erano piegate all’ingiù e lei aveva continuato a sforzarsi di sorridere in qualche modo, anche se non ne aveva alcuna voglia…
“Dov’è papi?”
“E’ via, lontano, a Torishima, lo sai…”
André la guardava con gli occhi un po’ lucidi, ed il fatto che non protestasse, che non piangesse, che anche così piccolo tentasse di trattenersi, le pareva innaturale, sbagliato…
“Solo per oggi, domani è sabato e stai a casa, sono a casa tutto il giorno anch’io sai?”
Ma per lui il domani era solo un’entità astratta e lontanissima, irreale quanto vent’anni, o cento anni nel futuro.
Lo salutò strizzandolo forte dopo avergli scompigliato i capelli biondi ed averlo sbaciucchiato bene, almeno oggi toccava alla nonna l’ingrato compito di vestirlo, perché la piccola peste non faceva scenate per l’asilo, ma in compenso la faceva impazzire ogni mattina, deciso ad indossare le cose più brutte e consunte che avevano in casa (aveva la testa dura come suo padre, ecco, il quale infatti se ne fregava quando toccava a lui vestirlo) e lei alla fine si arrendeva, stremata, forse anche per dargli almeno una piccola soddisfazione e lo faceva uscire di casa in condizioni pietose, lei di pessimo umore… il fatto che ogni mattina, alla stessa ora, incontrassero sempre la mamma di una bimba che pareva una bambolina da quanto era agghindata, la quale guardava suo figlio come se fosse un povero trovatello, non contribuiva a renderle la giornata piacevole…
Vedremo quando mio figlio crescerà e la tua principessina gli morirà dietro, invano, stronza.
Arrivò al lavoro con ancora in mente gli occhi grandi, sgranati, di suo figlio, di un azzurro scuro, quasi blu, una prova dell’incontro di due DNA così diversi, una prova dell’incontro tra lei e Joe…
Due occhi bellissimi…
Sapeva che essendo sua madre non avrebbe dovuto dirlo, ma un giorno il suo cuccioletto avrebbe spezzato parecchi cuori, proprio come quel gran bastardo di suo padre…
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Quella mattina al lavoro c’era il caos e non aveva avuto il tempo di pensare a niente… si era interrotta solo un momento per prendersi un caffè alla macchinetta assieme ad una sua collega e amica, l’unica con cui si confidasse un po’ lì dentro…
“Non vieni proprio stasera?”
Si era completamente dimenticata della cena tra colleghi di quella sera… non aveva alcuna intenzione di andarci, era davvero stanchissima, forse perché era in arretrato di sonno da una vita e voleva vedere il suo bambino e magari chiamare finalmente Joe per sapere come stava… l’aereo non era caduto ovviamente e si ripeteva che niente nuove significava buone nuove, che se fosse successo qualcosa qualcuno l’avrebbe avvisata, ma aveva bisogno di sentirlo…
“Il nostro caro dottor Johnson sperava tanto che ci fossi anche tu!”
Ah già, anche lei aveva i suoi ammiratori e il dottor Johnson le faceva spesso complimenti che suonavano sinceri, come sembrava sincero il suo sguardo attento e lusinghiero e a dire il vero non era neanche uno dei più brutti lì dentro, anzi, era piuttosto gettonato, aveva parecchie ammiratrici… avrebbe dovuto sentirsi onorata e un po’ le faceva piacere l’idea che anche lei avrebbe potuto ricevere stupidi messaggi sul cellulare, bastava fare qualche sorrisetto in fondo, no?
Stupido Joe…
Neppure un sms le aveva inviato quello stronzo e in quel momento se lo immaginava con qualche sciacquetta dalle tette rifatte che gli sorrideva e gli diceva qualcosa come «matvimonio? Che cosa ovvibile (per qualche strano motivo se la immaginava parlare proprio così, con la vi al posto della erre), pvopvio da bovghesi» e magari lui era così stupido da farsi abbindolare.
Tornò a casa nel pomeriggio, con la voglia di farsi una doccia e non pensare a niente…
A volte le pareva di vivere due vite parallele, una al lavoro ed una a casa, ed era come se quelle due Françoise non avessero niente in comune tra loro se non la faccia…
Entrò nell’appartamento vuoto, stranamente in ordine e si stiracchiò guardandosi intorno un po’ delusa…
Il suo cucciolo era uscito da un’ora dall’asilo e aveva voglia di coccolarlo, ma probabilmente lui e la nonna erano rimasti al parco, era una bella giornata e non faceva freddo…
Dopo avere chiamato e constatato che erano proprio al parco, ne aveva approfittato per farsi una meritatissima doccia in santa pace, senza l’ansia di finire in fretta per scoprire cosa stava combinando la piccola peste e dopo si era depilata ed incremata bene, ed era rimasta a guardarsi allo specchio per un bel po’, il suo occhio critico che notava solo i difetti, come sempre...
Al lavoro doveva mostrarsi sobria, non poteva andare lì tutta truccata e con i tacchi e a casa aveva talmente tante cose da fare che non aveva il tempo di pensare a frivolezze come l’aspetto fisico… forse si trascurava un po’ e a volte avrebbe voluto avere l’occasione per farsi bella, per vestirsi bene e sentirsi bella, ma se davvero mettevano in cantiere un altro figlio se lo scordava per altri tre anni, non c’era posto per se stesse tra pannolini, lavoro e mancanza di sonno…
E forse, se non fosse stato che  l’idea di perdere qualche ora di sonno al momento le sembrava così terribile, ne avrebbe approfittato e sarebbe uscita a cena quella sera.
Per Joe era diverso, non aveva quell’esigenza, saltava tutte le cene di lavoro con scuse veramente ignobili, totalmente disinteressato e se fosse stato per lui avrebbe evitato tutte le occasioni di socialità… ovviamente invece gliene capitavano assai di più che a lei e non era così difficile capire perché c’era sempre qualche signorina che gli ronzava insistentemente intorno (non erano per niente discrete per usare un eufemismo): era giovane, bello e affascinante, e si stava anche facendo un nome…
Forse la sua era solo invidia perché lui faceva esattamente quello che voleva fare ed era esattamente dove voleva essere (anche se non gli bastava ed era sempre lì a progettare qualcosa di ambizioso per il futuro), gli avevano perfino dedicato un articolo in un giornale, articolo che lei, non lui, conservava gelosamente… mentre lei… lei era lì che ancora arrancava porca vacca, anche perché si era assentata dal lavoro per un anno in un  momento cruciale e dopo aveva dovuto ricominciare e magari avrebbe dovuto aspettare ancora un po’ prima di mettere su famiglia, ma era nato il suo bambino e non aveva potuto mollare suo figlio appena nato da qualche parte dopo che lo aveva messo al mondo, semplicemente non aveva potuto…
Merda, merda, merda… qualcuno doveva spiegarle come facevano le altre donne a conciliare figli e carriera perché lei a volte si sentiva un disastro in tutti e due i campi…
Per non parlare del suo ruolo di amante… aveva davvero poco tempo per Joe, era tanto se gli dava qualche bacio frettoloso qualche volta, ed ora che ci pensava era una vita che loro due non si baciavano davvero… facevano l’amore in fretta nei posti più impensati della casa quando se ne presentava l’occasione, quando lei non gli diceva di no perché era troppo stanca, ed erano due mesi che non lo facevano, che gli si negava, esattamente da quando Natalie le aveva detto che era incinta…
Ed era vero, aveva ragione lui, era da quando lei e Jet si erano sposati che covava quella specie di rancore…
Lo trascurava, sì, ma era stanca e il bambino si svegliava e finiva nel lettone e… e… forse era stanca di sentirsi provvisoria ed aveva bisogno di un segnale forte, di una presa di posizione, di responsabilità…
Voleva almeno un punto fermo nella sua vita.
Si appoggiò al bordo del lavandino, stanca come si sentiva continuamente in quei giorni e ricacciò la nausea che l’aveva colta… le pareva di riconoscerla ma… ma non poteva essere incinta, erano due mesi che… quando le era venuto il ciclo l’ultima volta? Doveva controllare il calendario, ma sicuramente non era niente, figuriamoci, non è così facile rimanere incinte, soprattutto quando lo vuoi (e ancora non sapeva se lo voleva davvero) e loro non ci avevano neppure provato…
Però aveva smesso di prendere la pillola e per quanto lui stesse attento qualche rischio c’era, per cui, per sicurezza, era meglio fare un test…
Ricordava che l’ultima volta avevano fatto l’amore proprio lì in bagno e che Joe l’aveva guardata con tenerezza dopo e l’aveva stretta a sé…
“Va tutto bene, non preoccuparti, devi solo stringere i denti ancora un po’…” le aveva detto, ma non ne era sicura, non era più sicura di niente.
E chissà cosa stava facendo adesso quell’idiota…
Uscita dal bagno si decise a mandargli un sms per chiedergli se andava tutto bene, rendendosi conto che non aveva la più pallida idea di che ora fosse lì da loro… sperava notte fonda, sperava ardentemente di averlo svegliato…
Le aveva risposto mezz’ora dopo: Tutto bene, ma ho voglia di tornare, dobbiamo parlare
Dobbiamo parlare… all’improvviso aveva paura e avrebbe voluto nascondere la testa sotto la sabbia e non vedere niente, non sapere più niente…


Parte 3

Il week end era passato in fretta, troppo in fretta e domenica sera Françoise aveva approfittato della presenza di sua madre per fare un salto a casa di Jet e Natalie…
“Dov’è André?...” l’aveva accolta lui non appena era entrata, guardandola deluso “…è un sacco che non lo vediamo!”
Lei aveva spiegato che lo aveva lasciato con la nonna ed aveva salutato Natalie, che iniziava a mostrare la pancia e sembrava davvero raggiante…
“Verrò io a trovarlo…” aveva brontolato lui mentre lei si metteva a parlare con «sua moglie» della prossima ecografia, programmata un paio di settimane dopo…
“Basta che non fai danni…” si era interrotta per rispondergli.
Perché Jet, al solito, ficcava sempre il naso dove non doveva e ogni tanto combinava guai,  come l’ultima volta che era capitato in casa… quel giorno avevano spiegato al bambino che ora che aveva iniziato l’asilo non poteva più usare il ciuccio e già Françoise si sentiva un verme (la stupida idea era stata sua), ci mancava solo Jet che si metteva a sostenere con foga che erano tutte cavolate, e che lui poteva ciucciare quando gli pareva, che non succedeva niente…
Quando quel disgraziato se n’era andato André era ormai caricato e non voleva andare a letto senza ciuccio…
Se fosse stato per lei avrebbe ceduto ignominiosamente, ma Joe era stato irremovibile, sostenendo che una volta che avevano detto una cosa dovevano mantenerla…
André aveva continuato a fare capricci per un’ora e alla fine l’aveva guardata con una faccetta disperata che le si era stampata nella memoria per sempre e l’aveva fatta sentire ancora una volta una madre snaturata.
Tutta colpa di Jet, più o meno, non che riuscisse poi ad arrabbiarsi veramente con lui…
Dopo avere chiacchierato un po’ con loro due ed aver rifiutato il bicchiere di vino che le avevano offerto, perché aveva ancora quel ridicolo e assurdo dubbio di essere incinta (non aveva controllato il calendario né aveva fatto il test), domandò a Jet se poteva fare quattro chiacchiere con lui perché aveva bisogno di un consiglio…
Ogni tanto lo usava come una specie di analista e funzionava… ogni volta che parlava con lui dopo le pareva di vedere le cose con più chiarezza…
Lui aveva subito acconsentito e si erano chiusi nello studio anche se lei aveva tentato di protestare, perché non era così grave se ascoltava anche Natalie, non si trattava di segreti di stato, doveva solo sfogarsi un po’…
“Allora, spara!” chiuse la discussione lui piazzandosi sulla sedia dietro alla scrivania…
“Non è niente, forse è solo la stanchezza, sono sempre stanca ultimamente…” borbottò lei sedendosi nell’altra sedia di fronte a lui “…è che… sono nella confusione più totale, non riesco più a capire cosa voglio… non so come spiegarti, ma mi sembra di non riuscire più a capire niente, neppure la differenza tra quello che voglio veramente fare, cosa invece mi sento in dovere di fare e quello che gli altri vogliono che faccia… è tutto confuso…”
“Come vanno le cose al lavoro?” aveva chiesto lui.
E lei gli aveva vomitato addosso tutte le sue paranoie, le sue paure, le sue insicurezze. 
“Beh… non mi sembra così grave…” l’aveva rassicurata alla fine, sorridendo “…è che sono anni di incertezza per te e alla lunga la precarietà pesa… ma basta che porti pazienza, sei un bravo medico eh! Davvero sai!...” aveva esclamato nel vedere la smorfia di lei “…conosco più di qualcuno all’ospedale e mi hanno parlato tutti molto bene di te… devi solo essere un po’ più sicura di te stessa e stringere i denti ancora un po’!”
Proprio come le aveva detto Joe.
“Forse hai perso un po’ di tempo con André, ma non è così grave, no? Niente di irrimediabile… e ho l’impressione che quello che ti manda in crisi è il fatto che non sei sicura di cosa sia giusto fare ora, se è meglio fare un fratellino, una sorellina per André o aspettare ancora… e il fatto che sia una decisione che devi prendere da sola, perché il cretino non ci pensa nemmeno, peggiora le cose… è così?”
Lei aveva annuito, sorpresa perché Jet aveva visto con chiarezza quello che a lei sembrava sfuggire, mentre era così semplice…
“Secondo me non devi preoccuparti troppo… puoi aspettare ancora, gli anni di differenza tra fratelli non sono così importanti e non sei così decrepita… anzi… noi siamo al primo! Ma ricordati che se nascesse un bambino andrebbe bene lo stesso, faresti lo stesso quello che devi fare, troveresti un sistema… insomma… lascia un po’ che le cose vadano come devono andare, che decantino… prima o poi saprai cosa fare… e pensa che in ogni caso, qualsiasi cosa succeda, andrà bene…”
“Grazie…” mormorò sollevata, pensando che avrebbe dovuto parlargli prima invece di covare tutto dentro.
Come sempre non c’era una risposta giusta o una sbagliata e il futuro non era mai programmabile perfettamente, per cui avrebbe ascoltato Jet alla lettera e avrebbe lasciato che le cose andassero come dovevano andare, senza riprendere ad usare la pillola, ma facendo un po’ attenzione come voleva Joe e quel che succedeva succedeva, se arrivava un altro bimbo sarebbe stata felicissima ed avrebbe aspettato ancora un po’ per il lavoro, se non arrivava andava bene lo stesso e ne avrebbe approfittato per sistemare il resto…
Era così semplice…
“E per Joe non preoccuparti… “ concluse lui “…gli parlo io, anche per l’altro discorso…” 
“No ti prego, era più che altro uno sfogo e…”
“Tranquilla! Sarò diplomatico, vedrai!” aveva esclamato ridacchiando quel disgraziato, ma lei ci credeva poco conoscendolo e già iniziava a pentirsi di avergli accennato alla storia del matrimonio, nonostante le avesse fatto bene “…e nel frattempo avrei un consiglio pratico che secondo me è davvero utile…”
“Sentiamo…” sospirò rassegnata.
Aveva aspettato ancora preoccupata per il discorso che quell’incosciente voleva fare a Joe, il quale, ne era sicura, non avrebbe per niente gradito e se la sarebbe presa con lei…
“Allora…” iniziò Jet “…finora sei stata concentrata sul bambino e poi su di te, è normale… ora per un po’ smettila e concentrati su di lui… quant’è che non ti chiedi come sta lui, cosa pensa, di cosa ha bisogno, cosa lo preoccupa, cosa vorrebbe?”
Molto, troppo…
“Prova ad osservarlo per un po’, a concentrarti solo su di lui…”
“Tutto qui?” gli aveva chiesto scherzando.
“Esatto…” le replicò con un ghigno, alzandosi “…ti fermi a mangiare qui?”
“No, scappo… e grazie…” rispose alzandosi a sua volta...
“Di niente…” le fece mentre uscivano dalla stanza “…e comunque… posso dirtelo?… sarebbe un sacco bello che facessi un bambino ora, nascerebbe lo stesso anno del nostro!”
“Piacerebbe tanto anche a me!” si era aggiunta Natalie che aveva ascoltato il loro ultimo scambio di battute.
Avevano chiacchierato ancora un poco e poi li aveva salutati, sorridendo, già rasserenata.
Era tornata a casa pensando a Joe, alla presenza costante, rassicurante che rappresentava da anni, a tutto quello che era, a ciò che aveva raggiunto con fatica perché era bravo e si impegnava con tutto se stesso, a tutto quello che faceva per lei senza chiedere niente, senza che lei neppure lo notasse e a come bastava che chiedesse, bastava che accennasse a qualcosa che lui glielo faceva, senza tante parole, senza tanti giri intorno… era stato lui a procurarsi una donna che venisse a pulire la casa quando era nato André, che le preparava la colazione, o la cena, stirava le camicie, giocava con André e metteva in ordine i giocattoli, che le faceva regali (le aveva comprato lui il cellulare e il portatile), ed era sempre lui che faceva in modo di mollare tutto e correre se lei aveva bisogno, se André aveva bisogno…
Nonostante i battibecchi, i litigi, i compromessi, le fatiche, lui era un pilastro, una sicurezza che dava per scontata.
Mentre si rilassava sul divano ascoltando distrattamente André che giocava, le tornò alla mente quella volta, un paio di settimane prima, in cui lui si era addormentato proprio lì, il braccio sopra gli occhi, la maglietta che saliva e mostrava un pezzo di pelle, e lei aveva così voglia di toccarla quella pelle, di baciarla…
Ma c’era André da addormentare e poi era così stanca anche lei e poi…
Stupida… bisognava cogliere l’attimo…
Chiuse gli occhi immaginando che lui fosse lì, vicino a lei, dicendosi che per il suo arrivo avrebbe indossato qualcosa di corto e scollato e come biancheria intima… anzi, niente biancheria…

 

Parte 4

I giorni successivi era stata molto meglio (san Jet aveva fatto la grazia), Joe doveva tornare giovedì e lei non vedeva l’ora, decisa a mettere in pratica quello che si era prefissata...
In quei giorni non le aveva scritto neppure uno stupido sms, lo stronzo, ma ormai era mercoledì, e presto lo avrebbe visto di persona, solo che, non avendolo mai sentito (stronzo), non sapeva esattamente a che ora doveva arrivare (o quando sarebbe partito da Torishima) e non aveva la più pallida idea di come sarebbe tornato a casa dall’aeroporto, probabilmente con quelli con cui era partito, tutta gente che non conosceva e di cui sapeva ben poco…
Forse era meglio, così non si agitava troppo per il viaggio in aereo, anche se per qualche misterioso motivo quello di ritorno la preoccupava sempre meno e a dire la verità non sapeva mai dov’era lui o a che ora tornava a casa, a parte quando doveva andare a prendere André perché lei non poteva e se ci pensava lui avrebbe potuto benissimo avere una vita parallela di cui era completamente all’oscuro…
Ma la verità era che, nonostante quello che gli aveva detto la sera prima che partisse, si fidava di lui…
Tutto era possibile, ma lo conosceva bene, sapeva che non era una persona che ingannava, che conduceva doppie vite, che non ne era capace: se avesse voluto un’altra donna avrebbe messo subito le cose in chiaro e l’avrebbe lasciata…
Solo al pensiero le veniva da piangere.
Ecco, queste continue lacrime unite alla leggera nausea che avvertiva ogni tanto iniziavano a preoccuparla, anche perché si era dimenticata di segnare nel calendario la data dell’ultimo ciclo, idiota…
Mercoledì pomeriggio, prima di tornare a casa, si decise a passare per il laboratorio per vedere se c’era ancora qualcuno che poteva farle il benedetto test di gravidanza…
Era rimasta una ragazza che conosceva solo di vista, ma che si era offerta subito di aiutarla e così le aveva passato la provetta che aveva riempito poco prima…
Mentre aspettava l’esito era tranquilla, o meglio, non tranquilla, sudava, non riusciva a pensare coerentemente, e faceva fatica anche a rispondere all’analista che scherzava e le chiedeva se voleva un maschio o una femmina, ma si diceva che il risultato non era poi così importante, che andava bene qualsiasi cosa…
Si sarebbe affidata alla sorte…
Eppure quando il test si era rivelato positivo era stata gioia quella che aveva provato, ed aveva sorriso felice, più felice di quel che aveva creduto possibile…
Un’altra vita stava crescendo dentro di lei e l’immensità di quel miracolo inspiegabile, in qualche modo sconvolgente, la lasciava ancora una volta attonita, emozionata e le riempiva nuovamente gli occhi di lacrime.
Almeno ora capiva tutte quelle lacrime, quella stanchezza e quelle ansie, erano solo un sintomo di quello sconvolgimento ormonale che il suo corpo attuava per accogliere l’embrione, quella cosina piccola, insignificante, che già racchiudeva tutto, che già era vita…
Bene, andava bene così, avrebbe gestito le cose in maniera completamente diversa questa volta, era preparata, era pronta… sperava solo fosse una femmina...
Quella sera andò a dormire ancora eccitata e piuttosto agitata...
Non aveva detto a nessuno di essere incinta, nemmeno a sua madre, perché voleva che fosse lui il primo a saperlo, ma non riuscire ad immaginare come avrebbe reagito la spaventava un po’.
Va bene…
La decisione in qualche modo era stata presa e loro due avrebbero trovato un compromesso, come sempre.
Aveva chiuso gli occhi immaginando che lui fosse lì, vicino a lei, che la baciasse come non facevano da tempo… Joe… ho bisogno che mi abbracci e mi dici che mi ami, che ci sarai sempre…
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Joe sollevò appena il capo per ringraziare l’hostess e poi riprese a guardare fuori dal finestrino…
Il viaggio era stato lungo ed era stanco, ma non aveva più sonno e se non avesse avuto quella testa di cazzo di collega al suo fianco non sarebbe stato un problema, invece ogni tanto gli toccava fare conversazione e non ne aveva alcuna voglia.
Non vedeva l’ora di tornare a casa, da suo figlio, dalla sua donna, gli erano mancati tantissimo, gli mancavano sempre.
Provò a stendere ancora il sedile e a chiudere ancora gli occhi pensando a Françoise…
In quel periodo era sempre stanca, intrattabile e non sapeva proprio come prenderla…
Era preoccupato, ma era anche arrabbiato con lei.
Non faceva abbastanza per lei?
Evidentemente no, pensò nervoso e cominciava ad essere stanco...
L’ultima volta poi gli aveva fatto veramente girare le scatole: non lo cagava di striscio da mesi (non che dalla nascita di André si occupasse molto di lui ), e aveva anche il coraggio di spaccargli i coglioni per quattro messaggi di quattro cretine, con cui non faceva niente di niente e che non si era neppure premurato di cancellare? Non le pareva abbastanza che le lasciasse prendere il suo cellulare senza protestare e non le nascondesse niente? Cosa doveva fare per farla contenta? Nasconderle tutto e fare finta di niente?
E chi lo sapeva, non le andava bene niente…
Faceva tutto quello che poteva, sopportava di fare sesso, poco sesso, in fretta e solo perché lo chiedeva lui, che lei non gli facesse mai una carezza, o un sorriso, che non si preoccupasse che lui stesse male o avesse una giornata di merda, e lei si incazzava se il lavandino era sporco di dentifricio?
Ma vaffanculo…
Che cazzo… sapeva che lei si arrabattava tra lavoro e bambino e che al lavoro non andava così bene, ma non era che andasse male, doveva solo stringere i denti e aspettare ancora un poco e poi avrebbe avuto il suo cazzo di posto fisso che sembrava come se dovesse essere l’unica cosa che poteva farla felice…
E invece si metteva in testa di fare un altro figlio.
Non che non fosse contento di avere André, era contentissimo, era la cosa migliore che gli fosse capitata nella vita, era… era… come se racchiudesse tutta la gioia di vivere del mondo e gliela trasmettesse con ogni suo sorriso, con ogni sua parola e lo amava come pensava non avrebbe mai potuto amare qualcuno (era casa, così come lo era lei), ma perché farne un altro? Un figlio era un impegno gravoso, anche per lui e lei era lì che non aveva tempo e si lamentava per il lavoro.
A volte non la capiva proprio, anzi, non ci capiva un cazzo, come non capiva perché improvvisamente un pezzo di carta  fosse diventata la cosa più importante del mondo quando finora non era mai stato un problema...
Onestamente non vedeva l’ora che le passasse quel periodo di merda e tornasse tutto come prima, era una vita che non si sentiva così… così inadeguato, così spaventato…
Lei e André erano la sua famiglia, erano l’unica cosa che contava veramente e la sensazione che ci fosse qualcosa che non andava lo mandava in panico…
Non poteva pensare di poter perdere anche loro.
Ad un certo punto si doveva essere addormentato perché si svegliò di colpo, aveva dormito poco più di mezz’ora e quell’idiota al suo fianco lo aveva appena svegliato…
Era una testa di cazzo, un poliziotto con cui purtroppo aveva contatti di lavoro, ma preferiva averci a che fare il meno possibile…
Finse di ascoltare tutte le cazzate che costui gli diceva, per lo più resoconti delle sue ultime prodezze sessuali con una spogliarellista o qualcosa del genere, non stava molto attento… tenuto conto che il tizio aveva una moglie e un paio di figli a casa gli faceva anche abbastanza schifo…
Tenuto conto che lui non faceva sesso da mesi gli dava anche parecchio fastidio…
Cazzo… Meglio non pensarci…
Con una scusa tirò fuori il portatile e si mise a lavorare, quello che lo irritava di più era quel modo ammiccante con cui gli si rivolgeva, come se fossero uguali loro due…
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Françoise si era svegliata nel bel mezzo della notte con un pensiero orribile: non si erano più sentiti in quei giorni, non l’aveva mai chiamata e… e le aveva scritto che dovevano parlare…
Se… se… se quello che le aveva detto prima di partire era vero? Se si era stancato di lei?
Anche se sapeva che erano solo paranoie le sue, che si trattava solo dei suoi stupidi ormoni, il solo pensiero che lui potesse non amarla più, che potesse sparire dalla sua vita, le toglieva il respiro e le riempiva per l’ennesima volta gli occhi di lacrime…
Joe…
Si era rigirata nel letto inquieta, incapace di addormentarsi, per quelle che le erano parse ore, fino a quando non era crollata.
Qualcosa l’aveva svegliata, André?
D’istinto si sollevò per controllare, ancora mezza addormentata e constatò che qualcuno si muoveva in bagno e la luce del corridoio era accesa… forse sua madre…
Doveva alzarsi? Non sapeva se ne aveva la forza, era in coma.
Chiunque fosse si stava avvicinando e lei guardò la figura che si stagliava sulla porta della camera sbattendo un po’ gli occhi...
Era Joe, il suo Joe, in anticipo.
Aspettò che entrasse sentendosi improvvisamente eccitata, completamente sveglia, i sensi all’erta, con la voglia di saltargli addosso ed abbracciarlo forte, ma lui doveva essere stanco per il viaggio e poi, forse...
“Sei qui…” mormorò.
Lui si era fermato ed era rimasto immobile per pochi secondi, probabilmente sorpreso di trovarla sveglia e poi si era spostato per accendere la luce della camera, ferendole gli occhi.
Per un attimo non era riuscita a metterlo a fuoco, abbagliata, ma si era presto abituata ed aveva studiato il suo volto alla ricerca di un segnale, di una risposta… lui la guardava con quell’intensità che ancora a volte la turbava, ed erano rimasti a fissarsi così, lei sollevata seduta sul letto, lui in piedi.
In quel momento le sembrava così bello, così bello…
“Sei tornato prima…”
Lui non aveva parlato, non aveva fatto un cenno, ma aveva cominciato a spogliarsi e lei aveva continuato a guardarlo fino a quando non era rimasto nudo, lì, davanti a lei e non si era avvicinato.
Le aveva scostato le lenzuola, scoprendola, ed era salito sul letto mentre lei lo attirava a sé…
“Joe…”
“Shhh! Non dire niente Françoise…”
E lei non aveva detto niente, lo aveva solo baciato, con passione, con una furia che non sentiva da tempo, perché in quel momento aveva bisogno di sentirlo, di  amarlo e le loro lingue non riuscivano a muoversi con pazienza nella bocca dell’altro, mentre le mani si accarezzavano con bramosia, con urgenza, con un bisogno nuovo che eppure riconoscevano…
Lui le aveva sollevato in fretta la maglia che usava per dormire e l’aveva aiutata a sfilarla e si erano baciati ancora mentre le faceva scivolare gli slip lungo le gambe.
Avevano fatto l’amore con tutta la passione del mondo, come due amanti lontani che finalmente si incontravano, si toccavano…
“Ti amo…” gli sussurrò dopo che si erano abbracciati spenti, sudati “…non te ne andrai mai, vero?”
“Stupida, sei la mia vita, siete la mia vita tu e André, non ho nessuna intenzione di andarmene… e ci ho pensato… non so neanche perché ho fatto così tante storie, se vuoi sposarti a me va bene…”
“Non voglio obbligarti se non…”
“Ho detto di sì…” la fermò subito lui “…non tirarti indietro tu ora… non volevo neppure André ed è la cosa migliore che ho fatto nella mia vita…”
Lo aveva stretto forte, inalando con amore l’odore della sua pelle sudata.
“Basta che sia una cosa breve, con poca gente…” specificò lui accarezzandole i capelli…
“Pochissima gente va bene anche a me… ascolta… ho… ho fatto il test di gravidanza, non so come, non so proprio come ma sono incinta… un paio di mesi…”
Lui si era irrigidito un momento ma poi aveva continuato ad accarezzarle i capelli…
“E a te va bene?...” che stupido, si preoccupava per lei…
“Sì, va bene… anzi, ora che la cosa si è un po’ decisa da sola mi sento più tranquilla e penso di poter gestire tutto meglio… questa volta mi organizzo meglio anche per il lavoro e non sarà così difficile… e a te come va?”
“Basta che sia una femmina…”
“Questo dipende da te… e dai tuoi spermatozoi…” gli fece notare…
“Allora è una femmina…” le aveva replicato semiserio, affondando il naso sul suo collo “…dopo basta però…”
“Pensavo che tre…”
“Basta, due bastano… futura moglie…”
“Va bene…” sorrise lei continuando a stringerlo a sé, rendendosi conto, con quella sua lucidità appena ritrovata, che era davvero troppo tempo che non lo guardava più, che non lo guardava davvero, presa com’era da se stessa… e così non vedeva che lui le dava tanto, tanto, chiedendo in cambio così poco…
Era fortunata, dannatamente fortunata ad avere lui, non voleva più dimenticarlo, né darlo per scontato…
“…ascolta… dobbiamo trovare più spazio per noi due…” mormorò “…voglio occuparmi anche di te d’ora in poi…”
“Non voglio che ti occupi di me… voglio solo che tu ci sia, che tu sia con me..” le fece accarezzandole il volto e il collo…
“Non vado da nessuna parte…” mormorò stringendosi a lui “…ti aspetterò sempre… e grazie… grazie per aspettare sempre me…”

 

© 24/05/ 2015

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